Quando i numeri non dicono tutto

Nel suo blog, Paolo Guzzanti ieri ci ha spiegato qual è la tattica nemmeno troppo nascosta del PresConsMin: verificare che al Senato abbia ancora la maggioranza assoluta dei voti (161: ci sono 315 eletti più sei senatori a vita meno il presidente che non vota per prassi), andare da Nappy e dirgli “vedi? non esistono altre maggioranze possibili in un ramo del Parlamento, quindi si va a votare e amen”.
Ma è proprio vero? Io ho dei forti dubbi. La politica non è certo la matematica, e non vale il principio del terzo escluso. Detto in altro modo, è perfettamente possibile che un onorevole voti a favore di un governo X ma anche a favore di un governo Y. L’esempio più banale è dato dai senatori a vita, che non essendo eletti ma nominati in genere tendono a garantire la governabilità (occhei, la vedo male con Ciampi Scalfaro e Levi Montalcini, ma gli altri tre, ammettendo che abbiano le forze per andare a Palazzo Madama, probabilmente sì). Ma anche nella coesissima maggioranza PdL+Lega qualcuno potrebbe fare il supremo sforzo di votare la fiducia a favore di un altro governo, per motivi etici molto importanti tipo l’evitare una paralisi istituzionale in un periodo di crisi come questo oppure cercare di arrivare ai cinque anni di legislatura necessari dal 2008 per avere diritto a un vitalizio. Berlusconi questa cosa la sa, e Napolitano pure; nessuno la dirà pubblicamente, ma il nostro presidente della Repubblica sa perfettamente come infiocchettare un mandato istituzionale: mandato assegnato evidentemente al presidente della Camera, che proprio per questo non si è dimesso nonostante il suo chiaro conflitto di interessi…
Le cose insomma diventerebbero sempre più divertenti, se tutto questo fosse un serial televisivo.

Ultimo aggiornamento: 2010-11-18 11:31

9 pensieri su “Quando i numeri non dicono tutto

  1. .mau.

    potrebbe farlo, nel pieno rispetto della Costituzione scritta e della prassi. Pensaci su: scopo del capo dello Stato è essere certi che non ci siano altri governi possibili; Berlusconi per definizione gli ha detto che non può farcela; Schifani non ce la può fare per la stessa ragione. Chi rimane di figura istituzionale (come Marini nel 2008) per tentarci?

  2. .mau.

    Il punto è cosa succederebbe se Fini volesse comunque tentare la sorte di un passaggio alle Camere, e quindi – immaginando incassi la fiducia di Montecitorio – diventasse effettivamente un PresConsMin e portasse lui l’Italia alle elezioni nel caso al Senato andasse giù.

  3. .mau.

    @mattiaq: sono abbastanza certo che da questa legislatura ci vogliano cinque anni pieni, ma non ci metterei la mano sul fuoco.

  4. mestesso

    Napisan ha fatto intendere chiaramente in un discorso di una settimana fa che ci sarebbe stato un Silvio-bis. Ora, è vero che la situazione è molto fluida, ma è pure vero che allo stato attuale nessuno oltre a Lui avrebbe i numeri/forza di fare qualcosa (senza passare dal voto). Tutti gli altri, Fini in testa, verrebbero impallinati all’istante. E nessuno sano di mente si metterebbe ad immolarsi sulla graticola.
    Il dopo-voto è blindato tanto quanto: Silvio+lega al governo, con lega forse in testa o quasi alla pari. Per insipienza totale delle opposizioni, a Silvio non c’è alternativa. E’ però assai probabile che il silviolo però questa volta NON sia presDelCons.

  5. mattiaq

    @.mau. ti confermo da fonte ufficiale che servono 5 anni di mandato effettivo dopo i 65 (minimo 60) anni come dicevi tu. Mi devo essere perso un passaggio.

  6. vb

    Considerate però che se non sbaglio tra Camera e Senato ci sono circa 200 parlamentari eletti per la prima volta nel 2006 e riconfermati nel 2008: per loro dunque i fatidici cinque anni scattano nell’aprile 2011.

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