Ricordate la storia dei curriculum dei dirigenti della funzione pubblica che non possono venire indicizzati dai motori di ricerca?
Bene. Scopro dai commenti qua che la scelta di nasconderli «è una precisa direttiva del dipartimento della funzione pubblica; lo scopo è quello di impedire che al curriculum vitae si possa accedere direttamente da Google.» Il razionale per una cosa simile? Cito sempre dal commento: «Certi documenti devono essere pubblicati in rete, ma non devono essere facilmente reperibili se no si può facilmente ricostruire la vita di qualcuno, il che violerebbe la privacy.»
A me la cosa sembra proprio un’idiozia. Non tanto il “violare la privacy”, anche se non riesco a capire cosa si ricostruirebbe effettivamente della vita dei dirigenti; e comunque non avrei problemi a immaginare che quando il dirigente se ne va il curriculum venga eliminato dal sito. D’altra parte, non credo che a nessuno interessi la persona in sé, quanto la carica che ricopre in quel momento. L’idiozia è il concetto “sì, i dati li pubblichiamo, ma non troppo”. O sono pubblici o non lo sono. A me pare una banale forma di coerenza; coerenza di cui probabilmente gli italici politici non hanno ampie scorte.
Ultimo aggiornamento: 2010-02-22 16:12
> A me la cosa sembra proprio un’idiozia
Lo è, ma posso non essere stupito? :)
Davvero, qualcuno armato di buona volontà e coraggio dovrebbe renderli indicizzabili.
@mau: ci sono 2 modi per nascondere le informazioni: non renderle disponibili oppure seppellirle sotto montagne di altre informazioni inutili e/o irrilevanti.
Nel primo caso si verrebbe accusati di reticenza e/o scarsa trasparenza, nel secondo l’aspetto formale è rispettato (ti possono sempre dire “Ma come? Noi reticenti? Le abbiamo messe sul sito”) ma l’effetto finale è sostanzialmente lo stesso: nessuno sta lì a sbattersi nei meandri di un sito web per trovare l’informazione in questione.
Nel merito non c’è questione, però attenzione che l’impostazione della legge privacy è molto acuta (anche se qui il concetto di privacy viene citato a casaccio).
Il problema non nasce dal dato o dalla sua raccolta o messa a disposizione, ma dal trattamento dello stesso. E’ il trattamento del dato, magari massivo, che fa nascere il guinzaglio elettronico. Da questo punto di vista cosa viene indicizzato e cosa no ha rilevanza.
@bubboni: una serie di puntatori ai dati possono essere visti come raccolta, ma non come trattamento; in fin dei conti non vengono toccati, e se il dato remoto viene tolto noi non ce l’abbiamo più. Ah, ai tempi mi è anche capitato di dover fare il conservatore di dati :-)
@.mau.: è la possibilità di indicizzazione da parte di un motore di ricerca che abilita ad un certo tipo di trattamento. Se il dato esiste ed è accessibile anche elettronicamente ma non è già pronto il trattamento potrebbe non avere luogo.
Siamo in un mondo di consumatori che possono solo scrivere qualche parola in un form ma che così facendo realizzano un trattamento massiccio di dati. Bloccati questi con un banale robots gli altri quasi non esistono.
E’ trattamento dei dati anche la correlazione di questi che si ottiene, ad esempio, rintracciando una keyword non è che ci sia molto da toccare.
@.mau.
> una serie di puntatori ai dati possono essere visti come raccolta, ma non come trattamento
Ed anche se hai ragione da un punto di vista logico, mi sento comunque di consigliarti di desistere dai tuoi insani propositi: tieni famiglia, hai due bimbi piccoli che già ti faran dormire poco, non vorrai perdere del tutto il sonno per un’eventuale causa da un godzilliardo di euro fatta dal dirigente X che, povera stella, si è sentito violato nella sua privacy dai tuoi puntatori, vero?
Lascia stare. O almeno lascia fare a qualcuno più famoso di te, che poi non si troverà solo nella voragine senza fondo creata dalle immense spese legali.
(Eh, lo so, non son cose belle da dire…)