Riassunto delle puntate precedenti: Pitagora si è accorto che le note musicali potevano essere ricavate da una corda che vibra, man mano dimezzando o moltipllcando per tre mezzi la sua lunghezza. Nel primo caso si otteneva una nota “quasi uguale” (all’ottava sopra), nel secondo una “che stava bene insieme” (una quinta sotto). Peccato che i rapporti delle lunghezze tendevano a diventare dei numeracci troppo complicati per il suo gusto estetico, che dopo tante quinte e ottave non si riusciva a tornare esattamente al punto di partenza, e che la nota che completa l’accordo con quinta e ottava suonava male. Zarlino ha provato a mettere a posto il primo e l’ultimo problema, con la fregatura che adesso suonare in do maggiore e in re maggiore faceva una sottile ma perfettamente udibile differenza. Pietro Aron aveva invece preferito temperare le quinte, abbassando un po’ la loro intonazione per lasciare uguali i vari intervalli tra le note; i rapporti corispondenti diventavano però brutti numeri irrazionali e il giro di quinte e ottave (il “circolo delle quinte”) si chiudeva ancora peggio di prima. Infine Werckmeister aveva scelto un approccio molto più pragmatico, temperando solo alcune quinte a seconda del tipo di musica che si voleva suonare. Gli intervalli tra una nota e la successiva erano generalmente tutti diversi, i rapporti non venivano nemmeno più calcolati, però il circolo delle quinte si chiudeva perfettamente.
Come avrete notato, dopo un promettente inizio nessuno si preoccupò più che i rapporti tra ciascuna nota e la successiva fossero dei numeri “interessanti”; si era indecisi se perlomeno dovessero essere o no tutti uguali tra loro; la chiusura del circolo delle quinte stava diventando davvero importante. Il passo successivo era logico; fregarsene dei valore dei rapporti, e mettere come assioma che il ciclo delle quinte fosse perfetto e che tutti gli intervalli fossero identici. Il corollario è che bisogna dividere l’ottava in dodici parti uguali (per rapporti,non per differenze); ciascun semitono deve pertanto corrispondere a un rapporto pari a 12√2. Questa suddivisione ha preso il nome di temperamento equabile, perché appunto a tutti i semitoni corrisponde lo stesso rapporto. Non che l’idea fosse nuova; già ai tempi dell’antica Grecia Aristosseno di Taranto l’aveva formulata, e ai tempi di Zarlino il matematico e fisico Simone Stevino la propugnava con forza. Solo nel Settecento però si ebbe la possibilità tecnica di calcolare correttamente le suddivisioni; non per nulla in quel periodo nacque anche la chitarra, dove i capotasti ti costringono a suonare con il temperamento equabile.
Alle lezioni di storia della musica ti insegnano che è stato Johann Sebastian Bach a propugnare questa accordatura, scrivendoci su apposta Il clavicembalo ben temperato; oggi però molti studiosi non sono d’accordo, e ritengono che Bach abbia scritto quei preludi e fughe avendo in mente il temperamento Werckmeister I (III). Non sono certo in grado di dare un giudizio netto, ma il batto che l’opera abbia nome ben (“Wohl-“) e non equamente (“Gleich-“) temperato qualcosa lo vorrà ben dire. Ma tanto la cosa non cambia molto; il temperamento equabile ha vinto la guerra, e sono più di duecento anni che si usa solo lui, salvo in casi particolarissimi.
Ecco qua la suddivisione della scala musicale; chiaramente misurarla in cent dà numeri tondi, e in effetti il cent come unità di misura nacque proprio per questa ragione. Non metto i rapporti rispetto alla nota fondamentale, perché tanto sono tutti della forma “radice dodicesima di due elevato a qualcosa”.
Temperamento equabile
do | re | mi | fa | sol | la | si | do |
0 | 200 | 400 | 500 | 700 | 900 | 1100 | 1200 |
Dovrebbe saltare subito all’occhio che l’intervallo di quinta è praticamente uguale a quello dell’intonazione pitagorica e naturale; la cosa non dovrebbe stupirci piu di tanto, visto che abbiamo spalmato il comma pitagorico di errore del giro delle quinte in dodici parti uguali. L’intervallo di terza è invece un po’ migliore di quello pitagorico, ma peggiore di quello naturale o mesotonico; noi non ce ne accorgiamo semplicemente perché siamo bombardati da questo tipo di suoni. Infine è chiaro che si può suonare un brano in una qualunque tonalità e sembrerà assolutamente uguale, proprio per costruzione.
Ma alla fine di tutto questa cavalcata, il temperamento equabile è davvero il migliore? La risposta, come spesso capita, è “dipende”. È sicuramente il più comodo da usare oggigiorno; per il resto è un compromesso sufficientemente accettabile, anche se non perfetto. Accontentiamoci!
Ultimo aggiornamento: 2015-07-21 14:26
Conosci “Music: A Mathematical Offering” di Dave Benson?
http://www.maths.abdn.ac.uk/~bensondj/html/music.pdf
@peppe: lo conosco ma non l’ho mai letto.
Bellissima e interessantissima serie di articoli. Letti tutti d’un fiato.
Complimenti.
Grazie davvero. Sono informazioni che mi servono per un lavoro che sto facendo, ma che per me sono piuttosto difficili da capire.
Intonazione e temperamento (II)
Seconda puntata di come si è arrivati all’accordatura moderna degli strumenti.
Questa puntata è secondo me la più bella delle tre.
Io fortunatamente quando suono solo posso permettermi, con il mio trombone, di suonare con l’intonazione naturale-dionisiaca ;-) Invece quando mi trovo a suonare con la mia orchestra devo purtroppo adattarmi al temperamento equabile.
Saluti
ecco, a proposito: da quel poco che ne so, per fare suonare un trombone (o comunque un ottone) col temperamento equabile bisogna aggiungere alcuni percorsi per l’aria. MA come si fa a selezionarli?
Da questo punto di vista il trombone rappresenta un’eccezione tra gli ottoni (ma anche tra i fiati in generale, o addirittura tra tutti gli strumenti dell’orchestra esclusi gli archi).
Per la tromba è vero quello che dici. È dotata di pistoni che allungano il percorso per l’aria di lunghezze fissate permettendole di eseguire una scala cromatica a temperamento equabile. Una tromba senza pistoni potrebbe emettere solo gli armonici della fondamentale che di solito è il si bemolle.
Il trombone a tiro (intonato solitamente sul si bemolle all’ottava inferiore), al contrario della tromba, non possiede pistoni, ma una pompa allungabile a piacimento che consente all’esecutore di utilizzare tutta la gamma delle frequenze acustiche (e anche i glissati).
Il vantaggio è quindi quello di poter variare l’intonazione con grande facilità durante l’esecuzione a seconda della sensibilità dell’esecutore e a seconda dell’intonazione dell’eventuale organico. Lo svantaggio è che se l’esecutore non ha un buon orecchio, può facilmente andare fuori intonazione.
È intonata
ecco, a proposito: da quel poco che ne so, per fare suonare un trombone (o comunque un ottone) col temperamento equabile bisogna aggiungere alcuni percorsi per l’aria. MA come si fa a selezionarli?