Stamattina ho visto il titolo della rubrica Buongiorno che Massimo Gramellini tiene su La Stampa e sono sobbalzato. C’è scritto infatti “Basta che vi decidete”. Se non siete sobbalzati anche voi, lasciate perdere e passate alla prossima notiziola, garantisco che è più divertente.
Il punto è che in italiano un’oggettiva vuole il congiuntivo, e quindi il titolo sarebbe dovuto essere “Basta che vi decidiate”. D’accordo che abbiamo avuto un ministro della Pubblica Istruzione che era convinto che fossero la stessa cosa, ma è stato un accidente temporale. Il vero punto è però che Gramellini nel suo corsivo si limitava a citare lo spot che sta bombardandoci in questi giorni invitandoci a scegliere la destinazione del nostro TFR, spot the termina appunto con queste parole; e da qua parte il suo pippone sul fatto che uno può anche sbagliare un congiuntivo quando parla, ma lasciarlo così in un prodotto che si suppone essere stato verificato può avere tanti significati, ma nessuno piacevole.
Detto tutto questo, il vero vero punto, guardando il mio ombelico, è che io lo spot l’ho sentito più volte alla radio, ma non mi sono mai accorto dell’uso dell’indicativo al posto del congiuntivo. Solo il vederlo scritto, come ho raccontato sopra, mi ha fatto scattare la molla della maestrina dalla penna rossa. Sono certo che tutto questo abbia un senso, ma non ho idea di quale sia.
Ultimo aggiornamento: 2007-06-13 10:34
Ma l’errore c’è anche nello spot trasmesso per televisione? In tal caso mi preoccuperei… di solito sui congiuntivi sbagliati mi vengono le convulsioni (Luca Giurato equivale a condannarmi a morte).
Comunque credo ci siano almeno due cose da notare:
-> Il livello di attenzione sul parlato è sempre inferiore che nello scritto, se non altro perché inconsciamente se una parola nello scritto non ci torna tendiamo a ricontrollarle, nel parlato è più difficile e tendi a convincerti che sia giusto
-> Il livello di attenzione sugli spot pubblicitari è ancora più basso.
Mi erano venute in mente altre cause della tua disattenzione (ma anche mia!!!) ma ora non le ricordo.
Ciao
Evidentemente o stai invecchiando o ti stai assuefacendo agli strafalcioni. Non so quale delle due è peggio (lo so, ci va “sia peggio” :-P).
Io ne ho parlato un paio di settimane fa la prima volta che l’ho sentito. Ad occhio e croce potrei pensare che volessero creare un effetto passaparola, se l’intenzione era questa mi pare assurda. Se invece si tratta di un errore mi pare sia ancora peggio.
Nella mia ventennale esperienza pensavo che il congiuntivo, come il passato remoto, fosse una di quelle parti della lingua italiana che diventano obsolete appena passati gli Appennini. Probabilmente tu leggi libri scritti bene, mentre parli sempre con altri padani, e quindi il tuo orecchio si è un po’ adattato, altrimenti passeresti il tempo a sconvolgerti.
Ho spiegato a mio figlio che nella canzone “Bella stella di lassù, cosa vedi tu quaggiù” al posto di lassù sarebbe corretto costassù. A me le sgrammaticature danno fastidio sia lette, sia dette, sia cantate. Temo che fra vent’anni, con l’aiuto della televisione, il congiuntivo farà la fine di codesto. Per fortuna a quel punto sarò probabilmente sorda per raggiunti limiti d’età.
Costà e costì non sono obsoleti, sono dialettismi toscani e segnalati come tali nei dizionari. Codesto non ha fatto nessuna fine: non è italiano. È dialetto toscano. Quando i toscani insistono a far valere i loro dialettismi come parte della lingua italiana, a mi me venn vöia de fàa l’istess.
A me alla scuola elementare insegnarono, a Parma, che “questo” indica qualcosa vicino a colui che parla, “codesto” qualcosa lontano da chi parla, ma vicino a chi ascolta e “quello” qualcosa di lontano da entrambi.
Non mi sento di escludere, però, che fosse un’idea della maestra.
A me alla scuola elementare insegnarono, a Milano, esattamente lo stesso concetto divulgato dalla maestra di Parma.
Chissa’, forse era un po’ strana anche la mia
maestra … ;)
Probabilmente oltre a me, ed agli ostensori dei due commenti precedenti, lo insegnarono anche a Tullio De Mauro (ex Ministro dell’istruzione ed insigne linguista) dato che nel suo vocabolari si legge la stessa cosa:
http://www.demauroparavia.it/23827
Ciao
Probabilmente lo insegnarono anche a me. Ma comunque non mi verrebbe mai da dire a uno che sta leggendo La Guida Galattica per l’autostoppista “codesto libro è favoloso”. E non parlo nemmeno di “costassù”.
Ci terrei a precisare che mentre l’utilizzo dell’indicativo in luogo del congiuntivo segnalato da .mau. è sicuramente sbagliato, quello esemplificato da Free.9 nel proprio commento è invece un semplice colloquialismo che riflette una differenza tra un uso comune nella lingua scritta e uno tipico della lingua parlata.
Anche il mio nativo e nordicissimo dialetto Insubre, come del resto quasi tutti i dialetti gallo-italici lombardi ivi incluso il milanese, prevede i pronomi dimostrativi di seconda persona: chi (qui), scià (costà), là, e in molte zone essi sono ancora di uso comune.
Costí e costà sono corretti, ma obsoleti, sostituirli con lí e là non è per nulla sbagliato. Personalmente li sento solo lievemente meno antichi di imperocché (perché) e conciossiacosaché (poiché).
Tenete anche presente che le regole grammaticali mutano di continuo e che sono spesso dettate dall’uso, per esempio da quando ho fatto le elementari io negli anni ’60 il plurale di “provincia” è cambiato (contrariamente a quanto molti credono le lingue nascono complesse e si semplificano nel tempo).
Ci terrei anche a precisare che conosco la differenza tra avverbi di luogo e pronomi dimostrativi, nonostante le apparenze.