Archivi annuali: 2004

ormai si percepisce

Non bastava l’inflazione percepita: ora ci si mette anche la temperatura.
Viviamo proprio nell’era dell’apparire.

Ultimo aggiornamento: 2004-07-23 11:53

la canzone dello spam

Manca il video, purtroppo, ma potete ascoltare a partire da qua la famosa “Spam Song” dei Monty Python, quella che è stata probabilmente la sorgente dell’uso attuale del termine. Purtroppo è in formato .au, e quindi non garantisco che tutti i programmi multimediali la riconoscono.

Ultimo aggiornamento: 2004-07-22 14:41

Assemblea condominiale ok

Ieri sera la maggioranza c’era, per fortuna. Siamo stati deliziati da una lettera dell’avvocato della nostra cara proprietaria della villetta a proposito del famoso abuso edilizio (la bacheca). A questo punto abbiamo messo nero su bianco le modifiche che lei ha fatto alla facciata senza chiedere nulla a nessuno.
Il nostro amministratore non era molto convinto di vedermi fare ancora una volta da segretario (“qualcuno potrebbe chiedere l’invalidazione dell’assemblea perché non è un condomino”), ma visto che non c’era nessun altro disposto a farlo sono stato ancora prescelto per abbellire con la mia prosa gli aridi verbali, pur essendo un “mero esecutore materiale della volontà dei condomini”.
Vi farò sapere.

Ultimo aggiornamento: 2004-07-22 14:37

ricominciamo…

Poco più di un mese dopo che erano stati tolti gli ultimi rimasugli delle assemblee del gruppo Telecom di inizio maggio, oggi sono tornati gli operai a rimettere i pannelli in compensato dipinto di rosso. Potrebbero decidersi a lasciarli definitivi…

Ultimo aggiornamento: 2004-07-21 13:42

Parole?

Quando un amico perde improvvisamente entrambi i genitori in tre settimane, cosa dire?

Ultimo aggiornamento: 2004-07-21 10:35

TIM accultura i dipendenti

Mi è appena arrivata copia del giornale aziendale di TIM. C’è allegato Marcovaldo, versione Oscar Mondadori.
Devo dire che mi sembra un’idea simpatica, al posto di gadget che lasciano il tempo che trovano.

Ultimo aggiornamento: 2004-07-20 10:23

sul diritto d’autore

La scorsa settimana avrete sicuramente visto la Petizione degli Artisti contro la “pirateria musicale”. Non so perché la paginetta debba essere scritta in PDF: sicuramente ci sarà una Ragione Fondamentale che al momento mi sfugge. Concordo però con Massimo che nota l’uso creativo della lingua italiana: qui io me lo posso permettere, su quello che dovrebbe essere un documento ufficiale un po’ meno. Passi.
Io vorrei però soffermarmi su un punto un po’ diverso, che è stato ripreso in parte sempre da Massimo oltre che da Beppe. Tra gli slogan presenti in quella Petizione ce ne sono infatti un paio di rivelatori:

  • SI a internet che permetta a tutti di comunicare, di moltiplicare
    l’offerta e l’accesso alle opere e a remunerare coloro che creano e
    che producono
    .

e soprattutto

  • SI, noi vogliamo continuare a negoziare liberamente i nostri
    diritti
    con i produttori

(il neretto, o meglio il non neretto di tutto il resto, è mio). Nulla di strano, in realtà: il sito in cui appare la Petizione è quello della Federazione dell’Industria Musicale Italiana, cioè di quelli che “fanno i soldi con la creatività degli artisti”.
Facciamo un lungo passo indietro, e torniamo alla fine del ‘700. A quei tempi, non esisteva assolutamente il concetto di “diritto d’autore”: le opere venivano pagate dal committente per la sua fruizione nel qui-ed-ora. Può essere interessante scoprire che Shakespeare ha pubblicato le sue tragedie solo perché iniziavano a girare edizioni pirata scritte da gente che aveva visto il grande successo delle rappresentazioni, e si era messa a trascrivere al volo i dialoghi, infarcendoli di errori. Solo a quel punto il bardo di Stratford-on-Avon, o chiunque fosse il vero autore delle opere :-) decise che tanto valeva mettersi a pubblicarle per conto proprio, visto che il danno c’era già stato. Lo stesso Johann Sebastian Bach lavorava al soldo di una serie di principotti locali, con un bel contratto “tot musica l’anno, e inoltre lezioni di latino ai giovani coristi”. Mozart è stato l’ultimo dei grandi compositori ad essere visto alla stregua di un inserviente o poco più: solo a partire da Beethoven il compositore ha iniziato a diventare una star.
Il diritto d’autore nasce quindi per tutelare la creatività: non essendo stipendiato, devi pure farti i soldi da qualche parte. Anche la prima estensione a una ventina d’anni dopo la morte dell’autore aveva un senso: vediamola come una specie di pensione per la famiglia dell’autore.
Cosa è successo poi? È iniziato il circolo vizioso degli anticipi sui diritti. Le case discografiche, ma anche gli editori, hanno iniziato a dare una quantità di soldi agli artisti più famosi, appunto come “anticipi”. In cambio, si sono presi tutti i diritti di autore sulle opere presenti e future, e su tutti i possibili usi non ancora prevedibili. Generalmente viene anche aggiunto l’obbligo di una certa produzione, chessò un album ogni due anni. Notato nulla? Sì, siamo ritornati al modello del ‘700. I pochi “grandi” probabilmente guadagnano di più, i molti “piccoli” sicuramente molto di meno. In compenso la ggente, quella che tre secoli fa poteva andare a sentirsi la musica per le feste offerte dal re, adesso si trova qualche raro concerto gratuito, e basta. Non è nemmeno possibile avere un preview di un disco, tipo un minuto per brano in qualità radio AM, per capire se vale la pena oppure no – a dire il vero, credo che questo sia voluto, perché altrimenti le vendite calerebbero ancora. C’è già chi si sta lamentando non solo per le biblioteche che lasciano i libri a disposizione della gente, ma perché c’è chi dopo averli letti, i libri li regala o li presta.
Il modello è da cambiare, quello è chiaro. Peccato che ognuno guardi nel suo orticello: chi adesso di soldi ne guadagna tanti non può che aborrire il peer2peer, chi ne prende pochini spera sempre di riuscire a entrare nel Gotha, con la benigna intercessione di FIMI e simili. Urgono idee vere.

Ultimo aggiornamento: 2004-07-19 12:01

_Il diavolo in cattedra_ (libro)

Piergiorgio Odifreddi sembra essere diventato il prezzemolo della divulgazione italiana, minacciando il fino ad ora incontrastato regno della Premiata Ditta Angela&Angela. Buon per lui, anche se devo ammettere che mi era più simpatico quando organizzava i Cenacoli a Torino alcuni anni fa. Ad ogni modo, con questo suo addentrarsi nel proprio campo (Piergiorgio Odifreddi, Il diavolo in cattedra, Biblioteca Einaudi 164, p.XII-299, 17 € ISBN 88-06-16721-9) trovo che abbia toppato di brutto. Si è infatti presentato proprio come uno di quei “tuttologi contemporanei” da lui sbertucciati nell’introduzione: la parte di logica “classica”, vale a dire quella legata tradizionalmente alla filosofia, è buttata giù in maniera molto svolazzante e relativamente incomprensibile. Va meglio quando parla della logica moderna, niente da eccepire: però non riesce a mantenere un taglio divulgativo come ci si dovrebbe aspettare da un libro che in fin dei conti non è un testo universitario. Non garantisco nemmeno che il testo sia stato riletto organicamente: alcune precisazioni sono riproposte come nuove in sezioni differenti, e ad esempio la dimostrazione all’inizio di pagina 221 è sbagliata.
Termino domandandomi cosa gli ha fatto esattamente di male la chiesa e soprattutto la gerarchia cattolica romana. Odifreddi aveva a suo tempo scritto Il Vangelo secondo la scienza dove aveva espresso la propria opinione, e fin qua nulla di male. Ma a quanto sembra deve mettere le sue frecciatine ovunque, anche in un campo dove Papa e vescovi non si sono mai sognati di mettere becco. Sarà contento così.

Ultimo aggiornamento: 2016-01-18 07:09