Nuovo modello per i quotidiani?

Stamattina ho scoperto – ma solo perché me l’hanno detto in altra sede – che La Stampa ha attivato l'”Offerta La Stampa Premium“. In pratica, per vedere buona parte degli articoli del sito, devi avere pagato un abbonamento.
Attenzione: non so, e non penso nemmeno, che il quotidiano torinese abbia ridotto il numero di notizie direttamente visibili: è da una vita che, come del resto fanno gli altri quotidiani, il sito mostra solo poche e “selezionate” notizie, con qualche copertura in più sulle cosiddette breaking news ma praticamente nulla del resto del giornale. Insomma, La Stampa segue la strada di Repubblica+, almeno dall’esterno: non saprei dire se l’unificazione delle redazioni cartacea e web fa la differenza dall’interno.
Ma qui siamo messi ancora bene: il mio conoscente Franz che mi ha segnalato questa novità raccontava l’altro giorno di come il manifesto (inteso come quotidiano) abbia scientemente deciso di tarpare la fruizione digitale dei suoi articoli. Spero che Franz non si arrabbi se copincollo direttamente quello che ha scritto: «Hanno quindi cancellato l’edizione elettronica in pdf (“per evitare copie illegali”), inoltre non è più possibile leggere on line neppure una selezione di articoli fino in fondo (per leggere l’articolo fino alla fine occorre comprare l’edizione digitale), l’edizione digitale viene fornita con un pessimo sfogliatore home-made ed occorre essere on line.»
Quello che in pratica sta succedendo è che mi pare che i grandi quotidiani, che si vedono sempre più erodere la base cartacea – sia come numero di copie vendute che come pubblicità – cerchino di ovviare a questa crisi cercando di ottenere una fidelizzazione almeno parziale degli utenti in rete. (No, questo non è il caso del manifesto, ma lasciamo stare). In un certo senso i veri capostipite sono stati quelli del Fatto Quotidiano, che ha subito puntato sull’abbonamento online al PDF: ma il loro bacino di utenza è molto schierato, e quindi hanno probabilmente meno problemi dei grandi quotidiani. Ma questo tentativo funzionerà? In effetti, un precedente al riguardo esiste: la televisione. Sento tanta gente dire che se vogliono vedere qualcosa di decente sono costretti a sintonizzarsi Sky, perché nella tv generalista non c’è più nulla che valga la pena guardare. Non so se sia vero, visto che la mia televisione è sempre solo su Rai YoYo: riconosco che l’indigestione di Peppa Pig potrebbe far venire voglia di cercare un’offerta a pagamento, ma dal mio punto di vista è solo un modo per far sì che i bimbi smettano di guardare la tv.
Insomma, almeno in teoria la mossa dei quotidiani potrebbe avere un senso: ma la mia sensazione è che non sarà così. Gli articoli di scienza, tecnologia e cultura sono spesso traduzioni sotto mentite spoglie e gli interessati faranno più in fretta a cercarsi gli originali; tutte le analisi politiche sono spesso così autocontenute che le si può saltare a piè pari; per il resto è meglio usare un sito specifico sul tema piuttosto che un giornale generalista (ed è questa la vera differenza con il modello televisivo: l’offerta a pagamento è così segmentata che ognuno può trovare le sue nicchie). Vedremo che succederà.

Ultimo aggiornamento: 2014-02-12 16:09

7 pensieri su “Nuovo modello per i quotidiani?

  1. Isa

    «Gli articoli di scienza, tecnologia e cultura sono spesso traduzioni sotto mentite spoglie e gli interessati faranno più in fretta a cercarsi gli originali; tutte le analisi politiche sono spesso così autocontenute che le si può saltare a piè pari; per il resto è meglio usare un sito specifico sul tema piuttosto che un giornale generalista…». In pratica, i giornali fanno schifo (La stampa di Torino molto meno di altri, va detto), molti di quelli che li fanno (male) danno la colpa all’Internet, però poi cercano di riciclarsi sull’Internet… senza mai venire sfiorati dal dubbio che, forse, sarebbe meglio prima risolvere il problema dell’infima qualità.

  2. Licia

    …e per il resto riciclano notizie di agenzia senza nemmeno rileggersele.
    Esempio che mi hanno appena segnalato: in vari quotidiano online oggi si legge la stessa fase “La Corte costituzionale boccia la legge Fini-Giovanardi che equipara droghe leggere e pensanti”.

  3. mestesso

    “Quello che in pratica sta succedendo è che mi pare che i grandi quotidiani, che si vedono sempre più erodere la base cartacea – sia come numero di copie vendute che come pubblicità”
    Occorrono dei distinguo qui, perché i quotidiani grandi (Corriere|Repubblica|Stampa|Gazzetta|Giornale) hanno vite mica tanto parallele. Il Corriere assiste da anni un lento declino di copie vendute, Rep ha un andamento più discontinuo, Stampa non ho dati recenti, Gazzetta in netto declino, Giornale abbastanza stabile. Il Manifesto era un grande giornale piccolo, ora è ridotto così male da fare queste cose (cmq, le copie pirata sono disponibili al solito posto).
    “cerchino di ovviare a questa crisi cercando di ottenere una fidelizzazione almeno parziale degli utenti in rete.”
    Il problema non è fidelizzare il cliente (fare in modo che visiti regolarmente il sito), ma cavarci soldi dalla visita dello stesso. Se io la Stampa ho una milionata di accessi giornalieri da mobile (perché tutti gli altri non fanno vedere nulla se non scuci e faccio da calamita agli scontenti) ma solo 1:10000 mi clicca il banner pubblicitario, vado in perdita. Quindi, accetto una quota moooolto minore di paganti e chiudo tutto. Questa non è fidelizzazione, IMHO, ma creazione di una diversa offerta.
    “Insomma, almeno in teoria la mossa dei quotidiani potrebbe avere un senso: ma la mia sensazione è che non sarà così. Gli articoli di scienza, tecnologia e cultura sono spesso traduzioni sotto mentite spoglie e gli interessati faranno più in fretta a cercarsi gli originali”>
    Vero, e sai perché? Perché fino ad un anno fa l’inserto Nova del Sole era fatto molto bene con una ventina di pagine ed oggi è un fogliaccio con poche pagine? Perché in Italia pochi sono quelli interessati, pochi i lettori, pochi i ricavi. Se pochi sono i ricavi, poco tempo ci puoi dedicare, scarso il risultato finale. E’ il pubblico che sceglie…
    Cmq la TV|giornale generalista non morirà mai, fidatevi. Cambierà spoglie|contenuti ma fra cent’anni ci sarà ancora.

  4. mestesso

    @isa: “senza mai venire sfiorati dal dubbio che, forse, sarebbe meglio prima risolvere il problema dell’infima qualità”
    Ho lavorato nell’industria dell’informazione per anni, e ti assicuro che la qualità da sola non fa vendite (se non in nicchie molto piccole). La qualità è come la frutta sulla torta: se la base non è buona, non è gran che. Il problema è la scelta dei contenuti (in funzione del pubblico che vuoi raggiungere). E’ qui che ti giochi gli zebedei.

  5. Isa

    @mestesso: certo, ma infatti la qualità non è solo non mettere la virgola fra soggetto e verbo (che al Fatto Quotidiano sembra ormai una norma redazionale) o non propalare porcate come “jobs act”. Come per un editore di libri, la qualità comincia proprio dalla scelta dei contenuti, è sostanza e forma. E nella carta stampata italiana sono entrambe, uhm, assai carenti.

  6. mestesso

    @Isa: capisco bene cosa vuoi dire, ma attenta a non mischiare due piani diversi. Ti faccio un esempio reale: dal parrucchiere mi capita mentre aspetto di leggere cose che mai leggerei, riviste tipo Oggi ad esempio. Lì la scelta dei contenuti è, ehm, dal bidone della spazzatura, anche se debbo dire è scritto in forma chiara e corretta sempre spazzatura rimane. Il criterio di selezione è di qualità o meno? Secondo me la domanda non ha senso, è un criterio, arbitrario come tutti, contestabile più di altri ma non ci vedo una applicazione della parola “qualità”. E’ un criterio e basta.

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