La tesi che Mario Liverani offre in questa sua opera (Mario Liverani, Oltre la Bibbia, Laterza – I Robinson, 2009 [2003], pag. 510, € 22, ISBN 978-8842091523) si può riassumere in poche parole: tutta la storia di Israele raccontata nella Bibbia, non solo la parte che riguarda i patriarchi ma anche quella da David e Salomone in poi, è una balla creata ad hoc vari secoli dopo. Per la precisione, il Pentateuco – generalmente datato intorno al 1000 a.C., viene riportato intorno al 500, dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia; anche i libri più vecchi, alcuni dei profeti, risalgono al massimo al VII secolo. Per sostenere la sua tesi, l’opera è divisa in due parti. Nella prima viene fatta una storia archeologica di Palestina e dintorni a partire dall’età del Bronzo, senza usare nessun riferimento biblico: il tutto è necessario per avere un insieme di prove da usare nel seguito, ma garantisco che la lettura è molto pesante. Nella seconda parte, indubbiamente molto più leggibile, Liverani rilegge la storia biblica sotto quelle ipotesi, affermando che i due regni di Giuda e Israele – che non sono mai stati uniti, checché si dica – non avevano nulla di realmente diverso da tutti gli altri regni della zona; il passaggio dal culto del “Dio della propria nazione” Yahvé, l’unica cosa che i due regni avevano in comune, all'”unico Dio” fu un’invenzione creata ai tempi dell’esilio dalla casta sacerdotale per aumentare il proprio potere rispetto alla casta della stirpe di David. Il libro dà molti spunti interessanti, anche se non tutti condivisibili almeno dal sottoscritto; la bibliografia è sterminata ma solamente tecnica, e spesso occorre uno sforzo per associare i nomi di persone e luoghi scritti nella forma semitica alla versione biblica che conosciamo (secondo voi chi è Malki-Sedeq?), oltre a un pregiudizio antibiblico non solo nel testo ma anche nella presentazione (tutti gli storici sanno che il libro di Isaia è stato scritto da tre autori distinti, ma perché definirlo 1Is, 2Is e 3Is?). D’altra parte però gli indici analitici su nomi, luoghi e passi biblici, oltre alle molte cartine storiche, aiutano parecchio a farsi un’idea se uno ha già una conoscenza un po’ più che abborracciata sull’Antico Testamento.
Ultimo aggiornamento: 2016-02-06 11:31
Che palle…
Scusa, ritiro.
??? (nel senso: a cosa sarebbe stato riferito il “chepalle”?)
ricordo che, quando ancora ero cattolico (or son troppi anni) e studiavo la bibbia, era frequente trovare nei testi le indicazioni protoisaia, deuteroisaia e tritoisaia (quest’ultima mi faceva sempre ridere).
quindi la tua osservazione su 1Is, 2Is e 3Is mi pare un po’ fuori luogo.
@nick: no, il punto non è questo. Che il libro di Isaia sia stato assemblato con testi di tre persone diverse è pacifico, e parlare di proto-, deutero- e tritoIsaia pure. Penso che persino nelle prediche li chiamino così. Però la denominazione dei libri biblici è standard, e se scrivi 1Is, 2Is e 3Is sembri affermare che ci siano tre libri diversi (come 1Re e 2Re, per dire) e non un libro unico con tre autori.
Al libro, non a te, scusa.
Ha l’aria di essere un libro assai tecnico, che un editore astuto a cercato di rivendere anche al popolo. Quanto al come si chiamano i tre pezzi di Isaia, forse l’autore è solo pigro. Se io dovessi scegliere fra protoIsaia e 1Is non avrei dubbi. Sarei invece interessata a sapere da dove viene il pregiudizio antibiblico nel testo, ma immagino sarebbe lungo da spiegare.
Comunque complimenti per esserti sciroppato il malloppo.
@nick the old: a suo tempo non studiavo la bibbia, al massimo un po’ di vangelo. Non so perché, ma ero già convinta che “tutta la storia di Israele raccontata nella Bibbia … [fosse] una balla creata ad hoc vari secoli dopo”. Tranne che invece di balla avrei usato la parola metafora, o parabola. Forse il linguaggio usato è quello che .mau. individua come pregiudizio antibiblico.
@barbara: se quando non ci sono altre prove e quindi si può scegliere se accettare o non accettare il testo biblico (e non sto parlando di miracoli o altro, ma proprio di cose “storiche”) si preferisce non accettarlo, a casa mia è un pregiudizio.
Ho usato balla e non metafora o parabola a ragion veduta. Se Giosuè suona le trombe e le mura di Gerico cascano, è chiaro che la cosa ha un significato metaforico. Se però i reperti archeologici mostrano che Gerico è stata abbandonata mille anni prima che arrivassero gli ebrei, la cosa diventa una balla.
Per quanto riguarda i vari Isaia, nel testo Liverani scrive Protoisaia, però si fa un puntiglio di indicare subito dopo il versetto come 1Is 18,15.
Mi diverte sempre vedere come si possa approcciare la lettura di un testo antico trattandolo come se fosse un quotidiano contemporaneo, con i relativi significati associati ai concetti vero/falso, storico/simbolico, scientifico/inventato.
Però pensavo che se uno non era statunitense non potesse riuscire appieno nell’opera, per evidenti “limiti” linguistici e di formazione ancora organizzata (per chi viene già pubblicato) con il metodo storico.
Io insisto che trovo 1Is 18,15 molto leggibile, e mi piace di più di PIs 18,15(ProtoIsaia), in ogni caso mi pare davvero una minuzia.
Invece se a parità di informazione si preferisce la versione non biblica si tratta proprio di pregiudizio. A cose normali faresti quasi venir voglia di leggere il libro per capire da che lato sta il pregiudizio, se dal tuo o dal suo :-).
Ma Malki-Sedeq è semplicemente Melchisedec o ci sono interpretazioni più recondite?
Malki-Sedeq è ovviamente Melchisedech, sì.
(per fare un esempio di non-pregiudizio, qui Liverani afferma che lui era un sacerdote di altro dio adorato in Gerusalemme prima della “deriva yahvista”, e fin qua sono tutti d’accordo, e che il testo la sua oblazione è stata aggiunta alla Bibbia per far credere che il passaggio al monoteismo yahvistico fu naturale, e anche questo probabilmente è vero, almeno secondo il rasoio di Occam)
.mau. scripsit: «Che il libro di Isaia sia stato assemblato con testi di tre persone diverse è pacifico, e parlare di proto-, deutero- e tritoIsaia pure. Penso che persino nelle prediche li chiamino così.»
Sì, anche nelle omelie li chiamano così. Per convincervene non è necessario che entriate in qualche libreria cattolica e guardiate lo scaffale di Omiletica, piuttosto provate su google: “site:chiesacattolica.it trito- Isaia” – si tratta del sito della CEI.
«Però la denominazione dei libri biblici è standard, e se scrivi 1Is, 2Is e 3Is sembri affermare che ci siano tre libri diversi (come 1Re e 2Re, per dire) e non un libro unico con tre autori.»
Esattamente! Barbara va “a gusto personale” e a “leggibilità”, che non sono propriamente parametri standardizzabili. :)
.mau.: liberissimo di non rispondermi, però posso osare chiederti se ti ritieni ateo, agnostico o credente (e se credente, in cosa?)?
@un cattolico: non è un mistero che io sia un (pessimo) cattolico.