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Festival della mente

Sfruttando il fatto che Sarzana è poi a tre quarti d’ora scarsi di macchina da Chiavari – ci saremmo anche andati in treno, ma non c’era nessun treno per il ritorno dopo le 22:30 – venerdì 29 agosto siamo andati per la prima volta a vedere il Festival della Mente, arrivato quest’anno alla quinta edizione. La gita era stata pianificata con congruo anticipo: solo venerdì perché sabato saremmo tornati a Milano, biglietti per Toni Servillo e Stefano Bartezzaghi acquistati via Internet prima di partire per le vacanze. Ottima scelta, tra l’altro, visto che entrambi gli eventi erano esauriti.
Innanzitutto, due parole su Sarzana. Avevo letto dei negozianti locali che si lamentavano per la scarsezza e il costo dei parcheggi nella ridente cittadina lunigiana. Sul secondo punto posso in parte dare loro ragione: i parcheggi in centro sono da 1.20 l’ora fino a mezzanotte. Risultato pratico: sono andato a caccia di un posto gratuito, che ho trovato all’enorme distanza di trecento – no, forse erano addirittura quattrocento metri dalla zona centrale. Avrei potuto fare di meglio impegnandomi un po’ di piu, ma non credo proprio ne valesse la pena. Sarzana è molto carina come cittadina.. tenuto presente che in un’ora la si è visitata tutta in lungo e in largo, se si esclude la Fortezza Firmafede che tanto non era accedibile causa appunto il Festival. In compenso l’organizzazione mi è parsa assolutamente inadeguata. Moltisimi volontari, tutti con la loro bella maglietta, su e giù per la città; ma per riuscire a ritirare i nostri biglietti abbiamo fatto dieci minuti di coda con due (2) persone davanti a noi, e a due ore buone dai primi eventi a pagamento. La mia sensazione, ma potrei sbagliarmi, è che quest’anno hanno voluto fare le cose in grande ed esagerato con l’offerta, senza essere preparati per un simile salto. Un altro esempio di questi problemi organizzativi lo si è visto per l’ingresso nella piaza d’armi della fortezza Firmafede, per sentire Servillo: arrivati alle 21:10, ci siamo fatti un quarto d’ora di coda per riuscire ad entrare, e quelli dietro di noi direi anche di più, tanto che si è iniziato con una ventina di minuti di ritardo. D’altra parte, il luogo era sicuramente molto suggestivo, ma onestamente mi chiedo come abbiano fatto a dare il permesso di mettere mille persone in un posto con una sola, stretta, uscita; se volete, il miracolo è che il deflusso è stato ordinato e non all’italiana.
Anche la cena, in uno dei tanti ristorantini del luogo, è stata mal gestita: saremmo stati noi che non avevamo espresso chiaramente la nostra necessità di fare relativamente in fretta (avevamo un’ora, comunque), ma nessuno ci ha detto che prendere una grigliata ci avrebbe fatto aspettare molto piu tempo che una banale pizza.
E gli interventi? Molto belli. Bartezzaghi è partito da Anassagora per affermare che nel gioco di parole in fin dei conti non si aggiunge nulla, ma si mettono le cose (le lettere) in modo diverso. Da lì è partito per un giro di concetti enigmistici e no, molti dei quali non certo noti al pubblico (la battuta dove tutti dicono “fa caldo” fino a che un inglese si alza e domanda “who is Aldo?” ha lasciato la platea silente, anzi puzzled) per arrivare a Don Chisciotte che quando si mette in testa come elmo una bacinella fa l’equivalente fisico di un gioco di parole e a Marcello Marchesi che nel tradurre la frase di Obelix si accorge che “sono pazzi questi romani” ha in sé l’acronimo SPQR. Chi è stato allora a fare il gioco di parole?
Servillo è bravissimo, e questo lo si sa già, anche solo recitando poesie. Ha inoltre una capacità incredibile di tenere avvinto il pubblico: quando prima di recitare la poesia su Napoli si è tolto la giacca e arrotolato le maniche, con una semplice alzata di spalle e un sorriso ha fatto partire un applausone. Però non ho capito esattamente la scelta delle poesie. “Appunti di viaggio” sarebbe dovuta essere una specie di giro d’Italia; invece dopo Genova, Napoli e Roma ha continuato con testi belli, ma senza una connotazione forte. Misteri.
In generale però, come accennato, una bella esperienza: anche uscire alle 23 e trovare tanta gente a girare tranquillamente e amabilmente per le vie è una cosa piacevole, e soprattutto ti fa capire come sia anche possibile non avere sempre e continuamente fretta!

Ultimo aggiornamento: 2008-09-08 06:00