Ho già scritto più volte che Anna fa cose ignobili, pur di portarmi al cinema. Così sabato è finita che ci siamo trovati in mezzo a (per fortuna pochi) bambini-con-genitori-appresso a vedere il nuovo film di animazione della Disney (vedi anche il sito italiano), il primo “serio” dopo il divorzio con Pixar.
Onestamente non posso dire che l’abbia trovata un’opera eccezionale. A parte la parte finale del primo tempo quando viene presentato il mondo futuro e la famiglia Robinson, e dove la sceneggiatura fa davvero girare la testa perché è praticamente incomprensibile, non è che ci sia molto altro di valido. Poi comincia a stancarmi l’ormai reiterata abitudine disneyana di avere un orfano (ovviamente perfetto)…
I riferimenti, che sono ormai la parte che cerco più spesso nei film di animazione, sono relativamente pochi, almeno per me (IMDB non è d’accordo). A parte ovviamente Ritorno al futuro, c’è qualcosa de I Jetsons (“I pronipoti”, per chi è molto vecchio), con il doppio gioco delle cromature e del rumore di avviamento anni ’50; Doris la bombetta, più che Magritte, a me ha fatto venire in mente Stanlio; le rane canterine e mafiose sono più che altro un cliché.
Insomma, lo si può lasciare tranquillamente perdere, se non avete figli o nipotini a cui far passare un’ora e mezzo. Al limite, ricordatevi il punto comportamentista su cui si basa il film: “Andare sempre avanti”, senza lasciarsi scoraggiare, e con il corollario di quando Lewis non riesce a riparare la macchina per mettere il burro di arachidi sui toast e fa sì che tutta la famiglia Robinson venga schizzata: “se hai sbagliato, puoi fare tesoro dei tuoi errori e migliorare. Se fai tutto giusto, c’è poco da imparare”.
Ultimo aggiornamento: 2018-05-04 14:52