Ieri ero a Torino. Sarei potuto restare a dormire in quella che in fin dei conti è casa mia, ma ho due gatte a carico e dovevo anche compilare dei moduli per l’assunzione della persona che ci aiuta a tenere in ordine casa, quindi ho deciso di partire per Milano ieri sera. Sì, sapevo che l’autostrada era chiusa per lavori da Rondissone a Santhià: ma mi sono detto “invece che un’ora e tre quarti come al solito, ci metterò due ore, non è un grosso problema”. Sbagliato.
Sono partito alle 22:05: pioveva un po’, ma nulla di eccezionale. In venticinque minuti arrivo in autostrada e lì iniziano i casini. La Torino-Milano in questi anni più che a un’autostrada si può paragonare a un toboga, con continue strettoie, cambi di corsia e chicane man mano che fanno i lavori. L’asfalto ormai non è più nero ma giallo, a furia di segnaletica orizzontale provvisoria fatta e rifatta per riflettere le modifiche… e i fari. Questo a meno che non arrivi un diluvio di quelli incredibili, ovvio. In questo caso ti trovi delle pozzanghere e un effetto acquaplaning che è un piacere, soprattutto quando hai corsie più strette delle normali e jersey sui lati. C’è stato un momento in cui viaggiavo in terza a cinquanta all’ora: d’accordo, ho dei problemi di visione con buio e pioggia insieme e c’era chi mi sorpassava, ma anche loro andavano a sessanta.
Arrivato a Rondissone esco sulla Padana Superiore. Nessun problema, penso io: ho già predisposto il navigatore per farmi arrivare a Carisio evitando l’autostrada. Mi metto quindi a percorrere la statale: a un certo punto trovo una deviazione per una variante della statale che era ignota alla signorina del navigatore ma era indicata da dei bei cartelloni della società che gestisce la To-Mi, e quindi la prendo allegramente. Dopo un po’ rientro sul percorso “ufficiale”, arrivo all’ennesima rotonda, e vedo che i cartelli mi fanno fare una curva di trecento gradi. Anche la signorina è d’accordo, e quindi prendo la nuova statale. Dopo qualche chilometro, il navigatore mi dice di girare a destra, e io eseguo obbediente: in fin dei conti è vero che non ci sono cartelli provvisori, ma la strada porta a Carisio. Arrivo alla metropoli… e mi fermo. Non si riesce a capire – ricordo che continua a piovere, anche se ormai in maniera più tranquilla – se c’è stato un incidente, o banalmente ci sono dei problemi perché gli autoarticolati sono troppo grossi, fanno già fatica a passare da soli, e se c’è un’auto nel senso opposto è la fine. Dopo cinque minuti decido che è meglio non fidarmi, faccio manovra e ritorno indietro, resettando il navigatore sul percorso migliore per casa da quel punto. Per un po’ è convinto che devo fare inversione, poi la signorina si convince, e mi dice di proseguire dritto, anche all’incrocio che avevo passato prima. Eseguo obbediente, entrando in Santhià, solo per scoprire che dopo un chilometro avrei dovuto fare il giro di una piazzetta e tornare verso Carisio. Nessuno mi toglie dalla testa che in quella piazzetta c’è uno sponsor della società che ha prodotto il cd-rom con le piante.
Torno per la terza volta all’incrocio, e mi dico “vabbé, torno un po’ indietro, ma tanto vale entrare allo svincolo di Santhià”. Vado… e trovo che anche quello svincolo era chiuso, nonostante quanto affermato dalla Satap. Nuova inversione: arrivo per la quarta volta all’incrocio e scopro che finalmente – erano le 23:35 e l’autostrada era chiusa da due ore e mezzo – stavano mettendo i cartelli provvisori, che ovviamente ti facevano andare attraverso Carisio. A quel punto mi sono rotto. Ho zittito la signorina, che altrimenti per una quindicina di chilometri mi avrebbe ripetuto il suo mantra preferito “se possibile, effettuare inversione di marcia”, e mi sono diretto verso Vercelli. Il bello è che quel pezzo di statale era sgombro e soprattutto ampio, e sarebbe stato molto più logico fare passare gli autotreni da lì invece che farli infilare nel budello di Carisio. Certo, la Satap avrebbe perso ben un euro di pedaggio… Da lì il viaggio è andato relativamente bene: è vero che a Vercelli la signorina e i cartelli mi hanno impedito di entrare nella Genova-Gravellona, ma è anche vero che magari era chiuso anche l’innesto con la A4, quindi farsi altri quindici chilometri di statale e arrivare a Greggio è stata una scelta abbastanza avveduta; per non dire che ho provato l’ebbrezza dei nuovi svincoli autostradali che fanno tanto highways.
Risultato finale: tre ore spaccate di viaggio, sono arrivato a casa all’1:05 per trovarmi due gatte fameliche e una quantità incredibile di foglie secche in soggiorno, per non parlare del terrazzo. Le gatte sono state sfamate: per le foglie ho aspettato stamattina :-)
Ultimo aggiornamento: 2005-07-19 11:09