No, non parlo di Sanremo. Sono della scuola “meglio ignorare”. Lo so che tanto è impossibile: basta ad esempio vedere che in una settimana ho avuto sette contatti al mio sito con la stringa di ricerca “festivalsanremo” tutto attaccato; in effetti c’è una notiziola dell’anno scorso sulla chiusura del dialer omonimo. Ma ciò non toglie che il modo migliore per eliminare il festival è non commentarlo per nulla.
Non parlo neppure del controfestival mantovano, che mi è sembrato una tavanata galattica di cui tutti potevamo farcene a meno, anche se Alessio non è del mio stesso parere.
Le mie chiacchiere vertono sulla pagina del numero di ieri di City, intitolata “Persone” ma che poteva tranquillamente essere chiamata “Musica”, e contenente le solite perle di saggezza scovate chissà dove.
David Bowie ad esempio ci fa sapere che sta sperimentando un nuovo modo di proporsi: chi è avvezzo ai cambiamenti di look a centottanta gradi sobbalzerà a scoprire che d’ora in poi il cantante “dedicherà tutte le sue forze alla stesura dei testi e alla composizione delle musiche”, piuttosto che al look. Cose da non credere.
Ma non parliamo di marchette: ci sono infatti notizie molto più interessanti. La Royal Opera House ha licenziato la soprano Deborah Voight… perché pesa troppo. Non si sa quanto, ma sembra tra i 105 e i 120 chili Se Georges Perec fosse ancora vivo, sono certo aggiornerebbe il suo influente saggio sulla organizzazione tomatotopica nella Cantatrix sopranica L.. La storia in realtà è leggermente diversa, nel senso che la nostra robusta cantante non è semplicemente stata scritturata, ma volete mettere l’impatto?
L’angolo scientifico non può mancare: scopriamo infatti che “il quotato psichiatra gallese Nick Warner” sostiene che tra i suoi pazienti la melodia che sentono più spesso nella testa, anzi “echeggiare come tra le pareti di una stanza”, è un inno funebre composto nella metà dell’800, tale Abide with me (soffri con me), che fa sembrare Marco Masini un ottimista nato. Non mi fido di ascoltare il midi: non fosse mai che mi entri in testa pure a me! Tra i tormentoni, menzione onorevole tra l’altro per “Don’t cry for me Argentina”, che dà anch’esso l’idea che sia meglio tagliarsi le vene. Oh, la notizia non se la sono mica inventata, la riporta anche la Reuters!
Infine la notizia che mi fa più male: la scoperta delle “ispirazioni di John Lennon”. Un tizio si è comprato quindici anni fa a un’asta un jukebox che John aveva acquistato a suo tempo, e finalmente l’ha rimesso in sesto e letto le note scritte a mano (dove?) dal nostro. Scoperte sensazionali, come vedere che si era ispirato a canzoni blues, folk e rock’n’roll – niente Rachmaninov, pensate!; che il giro di chitarra di “I feel fine” , quello che si sente anche nel “Pipppero”, è di Bobby Parker; che l’armonica di “Love me do” è scopiazzata da Delbert McClinton; che, udite udite, l’urlo di “Twist and Shout” è stato preso in prestito da… gli Isley Brothers, quelli cioè che avevano portato al successo la canzone. A dire il vero, a me le interpretazioni sembrano completamente diverse ma non importa. L’anonimo estensore ripreso dall’Ansa finisce commentando che “non c’è nessun disco dei Beatles” (ma va?) e che ce n’è uno solo cantato da una donna, mostrando di non sapere quanto abbiano saccheggiato i gruppi vocali femminili. Sigh. Ma non diamo la colpa a City: non ha poi peggiorato troppo quanto scritto dall’Observer.
Ultimo aggiornamento: 2004-03-10 12:08