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Il voto agli immigrati

Come sempre commento con un po’ di ritardo, ma a me serve un po’ di tempo per meditare, e scrivere cazzate con cognizione di causa invece che cazzate buttate giù a caso…
La scorsa settimana il vicepremier, nonché segretario di Alleanza Nazionale, ha lanciato “casualmente” l’idea di potere dare il diritto di voto agli immigrati. Il tutto ha come al solito generato un polverone, con la Lega che minaccia di andarsene dalla maggioranza, il Cav. che puntualizza che “questo non sta nel programma di governo, forse si può fare, ma prima bisogna parlarne, anzi forse no” e via discorrendo.
Ma diamo un’occhiata a cosa dice effettivamente la proposta di legge. Gli stranieri (a) residenti da almeno sei anni potranno avere (b) l’elettorato attivo (c) nelle elezioni amministrative locali. Sul punto (c) non c’è molto da dire: non credo ci siano molti stati dove i residenti stranieri abbiano diritto di voto per il parlamento nazionale. Per quanto riguarda (b), il fatto di poter votare ma non essere votati sembra proprio far sì che venga dato un contentino senza valore pratico. Infine per (a) i sei anni di residenza sono davvero tanti, tenendo conto che dopo dieci anni si può chiedere la cittadinanza italiana.
Qual è il significato di tutto questo? A mio immodesto parere, il Fini ha voluto dire ai suoi sodali casaliberi che si è rotto di sottostare ai diktat di Bossi, e che se si deve giocare duro è pronto a farlo. Quindi ha scelto una legge che ha forti valenze mediatiche, ma all’atto pratico cambia ben poco: si stima che gli interessati sarebbero circa 150.000. Probabilmente non se ne farà nulla, ma intanto i rapporti di forza interni si sono riequilibrati.
Ritengo invece improbabile che la sortita sia stata fatta per proporre nuovi comici a Zelig, anche se Ignazio La Russa si è immediatamente proposto con l’esilarante monologo “Abbiamo sempre avuto un interesse per l’integrazione degli immigrati, come del resto dimostrato da «Faccetta Nera»”.

Ultimo aggiornamento: 2003-10-13 08:57

Ziclismo

Due notizie: Pantani assolto per l’ematocrito troppo alto a Madonna di Campiglio “perché il fatto non costituiva reato al tempo”, e l’annuncio di Cipollini che non difenderà la sua maglia iridata nel circuito di Hamilton in Canada. I miei commenti sono probabilmente un po’ diversi da quello che si può leggere sui giornali, ma tanto il mio pubblico non mi paga…
Iniziamo dal Pirata: tra l’altro, ero a Cesenatico il giorno dopo la sentenza e non ho potuto fare a meno di notare un rumoroso Club Magico Pantani. La sentenza continua dicendo che ad ogni modo l’Unione Ciclistica ha fatto bene a fermarlo a causa dell’ematocrito troppo alto, “perché quella è stata una misura a tutela dell’atleta”. Il tutto mi pare proprio essere un capolavoro di ipocrisia. Intendiamoci: sono certo che Pantani non si fosse semplicemente mangiato un paio di bistecche, la sera prima. Ma se è per questo, non credo neppure che Savoldelli (risultato al test, 49.9%. Il limite è stabilito a 50), oppure Gotti che poi vinse quel giro, non avessero aiuti chimici. Semplicemente non c’era modo di capire se le sostanze prese fossero illecite o no. Il limite di 50 per l’ematocrito è stato scelto perché è una bella cifra tonda – pensate che un valore di 52 a riposo non è considerato patologico – ma sarebbe stato molto più logico misurarlo alla fine della tappa quando è indubbiamente più alto, e fermare chi supera valori da marmellata tipo 58. Questo sarebbe effettivamente uno stop a tutela del corridore, visto che valori così alti portano al rischio di trombosi. Invece che si è fatto? Si è preso un caprio espiatorio la cui fama avrebbe fatto da grancassa, e si è continuato con le retate più o meno improvvise per cercare medicine e siringhe. Risultato: forse il ciclismo è oggi più pulito ad esempio del calcio, o forse è solo più accorto. In compenso, anche i vecchi appassionati lasciano perdere, e non c’è più gioia nel vedere le tappe alpine.
Il discorso per quanto riguarda Re Leone è un po’ diverso. Non è che sia uno dei miei beniamini: troppo guascone. Però non riesco a dargli torto. Il circuito non è certo adatto alle sue caratteristiche, e la sua presenza sembrerebbe quasi quella di Buffalo Bill al circo Barrnum. Perché allora fare finta di niente, e mettersi in mostra per un giro o due del circuito? Meglio dire subito che si preferisce stare a casa.

Ultimo aggiornamento: 2003-10-05 18:11

Gasparri

Non capisco perché l’opposizione canti vittoria per avere rimandato al Senato la legge Gasparri. Gli articoli “seri” sono stati tutti approvati con una buona maggioranza: ci sono stati due emendamentucoli approvati, ma un buchino per approvare la legge prima di fine anno lo si trova senza problemi.
Invece che gioire, dovrebbero pensare ai polli di Renzo…

Ultimo aggiornamento: 2003-10-02 14:27

Lidl

Ieri sera Anna guardava un film in TV, e in una pausa pubblicitaria ho visto lo spot del mio hard discount preferito. La cosa mi sembra preoccupante: è vero che Lidl ha sempre fatto pubblicità sui giornali, ma questo “salto di qualità” lascia prevedere la fine del modello su cui si è sempre basata, modello già incrinato parecchio negli ultimi mesi. Ma lo sapete che ci sono le merendine Ferrero?

Ultimo aggiornamento: 2003-10-02 12:18

Pensioni

Inizio subito a dire che personalmente non sono toccato dalla famigerata riforma delle pensioni. Mi spiego: quando ho iniziato a lavorare, non mi sognavo nemmeno di credere di potere andare in pensione con meno di quarant’anni “veri” di contributi (purtroppo per me, era già troppo tardi per riscattare il corso di laurea in maniera economica), quindi le mie aspettative non sono cambiate. Ma in generale?
Fino agli anni ’80, il sistema funzionava totalmente con il metodo retributivo: quando andavi in pensione, per ogni anno in cui avevi lavorato avevi diritto a un tot percento (generalmente il 2%) del tuo ultimo stipendio. Il tutto funzionava in una società in cui ci sono molti più lavoratori che pensionati, e quindi i soldi venivano in un certo senso distribuiti subito ai beneficiari: però portava a delle storture anche in questa condizione, visto che un’azienda poteva spendere poco per aumentarti lo stipendio l’ultimo anno e farti un regalo a spese dello Stato. Ad ogni modo, la cosa non era più sostenibile, anche perché il numero di occupati si stava stabilizzando mentre il numero di pensionati cresceva, sia per la durata molto maggiore della vita che per il pensionamento di gente ancora giovane per i motivi più vari, non ultimo una surrettizia forma di tutela sociale.
Cosa è successo? Innanzitutto si è provato a correggere le storture più evidenti, calcolando la base pensionabile non sull’ultimo anno ma su un certo numero di anni previa rivalutazione; ma alla fine si è stati costretti con la riforma Dini ad aumentare (un poco) l’età minima pensionabile, e soprattutto a passare al sistema contributivo. In questo caso, i contributi pagati da qualcuno durante la sua vita lavorativa, con un certo coefficiente di rivalutazione – in fin dei conti vengono ben investiti, no? – verranno restituiti come pensione in base ai calcoli attuariali dell’aspettativa di vita all’atto del pensionamento. La cosa formalmente è perfetta: la mia pensione corrisponde a quanto ho pagato. Peccato che le cose non funzionino così nella pratica. Come mai?
Innanzitutto, i sindacati hanno preteso (giustamente) di conservare i “diritti acquisiti”, ma hanno razzolato male, probabilmente con un occhio alla loro base. Così chi aveva più di 18 anni di contributi alla fatidica data non ha visto cambiare nulla, mentre per gli altri si è passati al metodo retributivo. E non sono affatto certo che la mia pensione sarà calcolata pro-quota (se avevo lavorato per dieci anni prima dell’inizio della legge, logica vorrebbe che il 20% equivalente a quei dieci anni fosse calcolato come prima della riforma, mentre il resto della pensione deriva dai trent’anni di contributi pagati): temo insomma di prendermela in quel posto. D’altra parte, il passaggio di tutti al sistema contributivo pro-quota avrebbe reso molto più semplice calcolare la spesa per le pensioni, e non ci sarebbe stata disparità. Inoltre a regime si sarebbe potuto permettere a chiunque di andare in pensione quando voleva: è chiaro che – a parità di contributi pagati – se io vado in pensione a 50 anni e tu a 60 il tuo assegno deve essere maggiore perché statisticamente vivrai meno di me, ma questo lo si poteva sapere subito, e i vari coefficienti di aspettativa di vita potevano essere aggiornati ogni cinque anni, ed essere noti a priori. Forse allora ci si poteva anche permettere un eventuale allungamento dell’età pensionabile, che sarebbe stato più graduale di quello proposto adesso.
Invece, per cinque anni non succederà nulla, e poi ci sarà un buco di cinque anni in cui nessuno potrà andare in pensione per anzianità, alla faccia della gradualità. Un comportamento che ricorda i governi degli allegri anni ’80, che nascondevano sotto il tappeto del futuro i debiti che contraevano, per non perdere consensi. Peccato che il sindacato non abbia la volontà di proporre una vera controproposta, e quindi non ci si muoverà da questo pastrocchio.
Un’ultima nota: anche se l’INPS è stata istruita da Maroni a non far vedere i dati, penso sia ancora vero che la parte di previdenza dell’istituto è per il momento in sostanziale pareggio, mentre quella di assistenza (invalidità e pensioni sociali) è in deficit. Non sto affermando che queste pensioni debbano essere tagliate. Quello che dico è che non ha senso che siano solo i contributi pensionistici dei lavoratori a pagare il welfare, e queste spese dovrebbero essere visivamente separate. S’ha sempre da pagare, ma almeno si può capire dove vanno i soldi…

Ultimo aggiornamento: 2003-10-01 17:00

Aladino

Non riesco a capire perché qualcuno dovrebbe spendere 129 euro per comprarsi un telefono fisso che ha un “terminale con display a colori, menù ad icone, una vasta scelta di suonerie, giochi e sms a scrittura facilitata”. Ho già dei dubbi su un telefono che abbia bisogno della corrente elettrica per funzionare…

Ultimo aggiornamento: 2003-09-30 12:24

condanne a morte

È ufficiale: Amina Lawal non sarà condannata a morte. Gli avvocati, che devono avere studiato in Italia, hanno fatto notare che la condanna era tecnicamente non valida, perché la legge islamica era entrata in vigore dopo il fatto. Bene, anzi benino: perché la prossima donna nella stessa condizione verrà giustiziata senza troppi scrupoli.
Ma c’è di più: contemporaneamente all’assoluzione di Amina è stata resa pubblica la condanna a morte di Jibrin Babaji, 20 anni, riconosciuto colpevole di rapporti sessuali con tre ragazzi. Quanta mobilitazione ci sarà per lui?

Ultimo aggiornamento: 2003-09-25 14:09

Teoria delle code

Ieri stranamente sono uscito alle 16 dall’ufficio perché dovevo fare delle commissioni a Milano. Alle 17:10 ero così in via Legnano (vicino all’Arena sulla cerchia dei Bastioni, per chi ha un infarinatura di topologia milanese) e mi sono trovato un tappo di traffico. Vabbé, mi dico, sarà quello normale a quest’ora: chissenefrega, tanto sono in bicicletta. Mi ritrovo bloccato anche in via Farini. Verso le 19 sono passato in farmacia dalle parti di piazzale Lagosta, e anche lì la circolazione era praticamente bloccata. Sento poi alla radio che c’è gente ferma da ore dalle parti di piazza Repubblica.
Cosa è successo? A mezzogiorno una gru è passata sotto il palazzo del Comune di via Melchiorre Gioia senza abbassare il braccio, e ha buttato giù un po’ di rivestimento. Nessun morto, nessun ferito, stamattina ci sono passato sotto e avevano semplicemente transennato la parte pedonale. Però ci sono state dieci ore di caos, semplicemente perché una singola via è stata chiusa al traffico.
Un maligno – come io ovviamente non sono – potrebbe dire che è stata una manovra per convincere i milanesi che l’operazione che vogliono fare nel Quadrilatero della Moda, aprire cioè un asse di scorrimento veloce al posto dei miserrimi giardini di via Confalonieri, sia necessaria. Io penso da un punto di vista matematico, e noto che la capacità della struttura viaria milanese è arrivata così vicina al punto di saturazione da bloccare immediatamente il traffico se c’è una sua riduzione anche minima. Insomma, i blocchi del traffico non dovranno farli per il troppo inquinamento, ma più banalmente per far muovere i fortunati. Bella prospettiva, vero?

Ultimo aggiornamento: 2003-09-25 10:49