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Ricatto? Quale ricatto?

Oggi magari avete letto l’articolo in prima pagina del Corsera, dove si afferma che Wikipedia ha perso 300 milioni di utenti – occhei, sarebbero al massimo pagine visualizzate – in pochi mesi. Oppure avete visto il TG5 delle 13 che ha fatto un servizio che cominciava con le parole «Il portale Wikipedia perde pezzi, o meglio utenti: troppi gli errori e le imprecisioni». La realtà è un po’ diversa, e l’ho raccontata qui con il cappellino di portavoce di Wikimedia Italia.

Ma non è di questo che volevo parlare, ma della seconda notizia che forse avete visto: che cioè su Wikipedia in inglese è stato scoperto un ricatto, e ci sono state delle persone che si sono viste chiedere dei soldi per evitare che la voce di Wikipedia su di loro contenesse delle falsità. Un esempio di articolo con queste notizie è qui. Peccato che anche in questo caso le cose non siano affatto andate avanti così, come del resto chiunque ci pensi un attimo può immaginare: togliere un’informazione falsa è relativamente semplice perché non ci sono fonti autorevoli che la confermino. Come si può leggere (in inglese) sul blog della Wikimedia Foundation, i 381 account che sono stati bloccati sono accusati di “undisclosed paid advocacy”, cioè si sono fatti pagare per inserire pagine dell’enciclopedia senza rendere la cosa pubblica, e tipicamente non seguendo le linee guida di Wikipedia: insomma, voci che non avrebbero mai dovuto essere presenti. Un’altra cosa che questi account hanno fatto è farsi pagare per “proteggere” la voce, cosa che comunque è diversa dal ricattare. Controllate pure: la parola “blackmail”, ricatto, non è scritta da nessuna parte nel comunicato WMF. Eppure se fate adesso una ricerca con i termini Wikipedia e blackmail trovate una quantità di risultati. Come mai? Semplice. Tutto nasce dai siti che copiano (e da noi traducono) questo articolo dell’Independent, strillato a tutta voce per fare scandalo contro Wikipedia… e non è nemmeno la prima volta che lo fanno. Per me, che mi ricordo com’era quel giornale quando nacque, vedere come si è trasformato è davvero triste: per dire, il testo del Daily Mail è persino più oggettivo. (Il titolo è quel che è, ma non si può pretendere troppo dalla vita)

Lo so, notizia cattiva scaccia notizia buona, e i miei ventun lettori sono una ben misera percentuale di chi verrà a sapere di queste notizie: però almeno il mio mattoncino ce lo voglio mettere.

Ultimo aggiornamento: 2015-09-02 19:58

Perché Caitlyn Jenner ha la foto di un uomo?

Ieri Gaia Giordani ha scritto un articolo su Cosmopolitan notando come Ok Google e Siri (solo la versione italiana, in questo caso) non sappiano dire chi sia Caitlyn Jenner, e aggiunge che sia Wikipedia in lingua italiana che in inglese alla voce Caitlyn Jenner riportano una foto… di Bruce Jenner, cioè di quando lei era ancora un uomo. Adesso nell’articolo c’è una breve spiegazione del perché di quella foto :-) ma magari siete curiosi e volete saperne di più. Ecco qua!

Partiamo innanzitutto dal nome della voce. La voce su Wikipedia è appunto Caitlyn Jenner: uno arriva a quella voce anche partendo da Bruce, ma solo perché c’è un rimando automatico. La linea guida dice di «dare la priorità a cosa la maggior parte della popolazione italofona riconoscerebbe facilmente (dizione più diffusa)»: per esempio, Pannella è Marco anche se all’anagrafe si chiama Giacinto. Ci sono eccezioni: Chelsea Manning in Wikipedia in italiano è sotto Bradley Manning, mentre in inglese la voce sta sotto Chelsea (ma ci è voluto un giudizio arbitrale per arrivarci, segno che la decisione non è stata facile). Presumibilmente per Jenner il fatto che a suo tempo fosse stata campione olimpico non è stato visto come informazione nota, e direi che possiamo essere d’accordo.

Passiamo alle foto. Le foto di Jenner caricate su Wikipedia (al momento in cui sto scrivendo) sono queste tre, e in tutte e tre appare ancora come un uomo. Ma come, direte, con tutte le immagini che abbiamo visto in giro! Peccato che quelle foto non abbiano una licenza libera, cioè non possano essere anche (in teoria) riusate per scopi commerciali. Wikipedia è rigorosissima su questo punto: tutto il materiale presente deve essere utilizzabile da chiunque senza nessun vincolo che non sia quello di dire chi ha prodotto originariamente il materiale e quello di lasciare anche agli altri la stessa libertà. Evidentemente non esistono foto libere di Caitlyn, o se ce ne sono nessuno le ha caricate su Wikipedia: il risultato è questo. D’altra parte questo non è certo l’unico caso. Prendete per esempio la pagina su Giulio Andreotti: le foto in primo piano sono di un giovanissimo divo Giulio (ce n’è poi qualcuna in gruppi vari) perché sono quelle del vecchio sito della Camera che sono le uniche fuori copyright sia per la legge italiana che per quella USA – dove ci sono i server. Quando ci sarà una foto attuale di Jenner, quella diventerà con ogni probabilità quella ufficiale; immagino che resterà comunque nella voce anche una sua foto di quando era uomo, dato che non si vede perché cancellare il passato.

Troppo complicato? È il copyright, bellezza! E soprattutto, ricordate che Wikipedia è di tutti, ma se nessuno contribuisce nessuno può sfruttarla…

Emanuele Mastrangelo e Wikipedia

Per un progetto che non so se riuscirò mai a condurre in porto mi sono finalmente deciso a procurarmi il libro Wikipedia: L’enciclopedia libera e l’egemonia dell’informazione di Emanuele Mastrangelo ed Enrico Petrucci, uscito per i tipi di Bietti a fine 2013. Dopo che l’avrò finito farò come al solito la mia recensione, ma visto che buona parte dei commenti che dovrei fare non sono certo asettici, ho deciso di fare anche questo post più puntuale a proposito soprattutto delle prime due parti del libro; nel seguito gli autori entrano negli attacchi ad hominem e non vale molto la pena discutere.

Prima di entrare nel merito, però, ecco una lunga serie di disclaimer. Per prima cosa: quel libro è scritto da due persone, ma parlerò solo di Mastrangelo perché è lui che si è sempre esposto in pubblico. È possibile che certe affermazioni che metterò in bocca a Mastrangelo siano di Petrucci, insomma. In secondo luogo, io sono il portavoce di Wikimedia Italia, un admin di Wikipedia in lingua italiana, e quindi è possibile che per quanto io mi sforzi di essere oggettivo possa inserire affermazioni che non lo siano: non fidatevi ciecamente di quanto io scriva, ma guardate anche i link. Ho avuto a che fare con Mastrangelo all’interno di Wikipedia (qui), ma non ho partecipato alle discussioni che hanno portato al suo ban (qui e qui). Infine, Mastrangelo è politicamente schierato a destra, e i suoi interessi su Wikipedia sono stati prettamente storici, con particolare enfasi sulle popolazioni dell’ex Repubblica Veneta, sul Ventennio e sulla seconda guerra mondiale in Italia. E ora, via con il libro, non senza ricordare che un’analisi meno legata a Wikipedia è stata scritta da Salvatore Talia sul sito dei Wu Ming.

Partiamo con una nota positiva: la descrizione tecnica di come funziona Wikipedia, nel bene e nel male (nel senso di Wikipedia, non della descrizione!) è ben fatta. Da questo punto di vista il libro ha indubbiamente un suo valore. Peccato che la veste grafica piacevole sia rovinata da alcuni banali refusi, che mostrano poca attenzione nella rilettura delle bozze. Finché sbagliano a scrivere il mio cognome possono sempre dare la colpa a quel cattivo correttore ortografico, ma il “Larry Sgeanr” di pagina 150 magari poteva venire notato :-) Ma è un peccato ancora maggiore che nell’affannarsi a esprimere il suo punto di vista personale, con effetti a volte curiosi come vedremo in seguito, Mastrangelo si dimentichi spesso dei suoi utili consigli e di quale sarebbe il lavoro dello storico. Questo lo vediamo già nella quarta di copertina, dove Mastrangelo afferma di sé in terza persona «Nel 2011 fu espulso da Wikipedia per aver sostenuto che la storiografia italiana non è rimasta ferma agli anni Ottanta». Già non avere verificato che si era nel novembre 2010 non depone molto a suo favore, ma la discussione mostra che anche se “forzatura di fonti” (cioè far dire alle fonti quello che uno vuole) equivalesse a “sostenere che la storiografia italiana non è rimasta ferma agli anni Ottanta” l’espulsione non fu per questo ma per violazione del primo, secondo e quarto pilastro: un po’ diverso da quanto da lui affermato a pagina 228, che cioè «Sebbene bandito per “falsificazione di fonti”, l’accusa non è mai stata provata e, anzi, risultano falsificate le prove condotte contro di esso.». Un esempio minimale di fonti usate un po’ allegramente lo troviamo nell’esergo del primo capitolo, con la citazione «L’informazione è la moneta corrente della democrazia – Thomas Jefferson (attribuita)» e una pagina dedicata a raccontare di cosa Jefferson direbbe oggi, con la foglia di fico di quell'”attribuita”. Peccato che il secondo presidente degli Stati Uniti non abbia mai affermato nulla di simile: non lo dico io né Wikipedia – che in effetti non ne ha traccia – ma il sito monticello.org, il sito della The Thomas Jefferson Foundation. Tra l’altro pare che a coniare la frase sia stato il politico di sinistra radicale americano Ralph Nader… Ma anche la “citazione gramsciana” a pagina 369 del libro, a detta di Talia, non è stata pronunciata dal pensatore comunista… anche se era scritta su Wikipedia. Colpa di qualche sinistro sinistorso, indubbio.

Un leit motiv del libro è l’allarme contro «la deriva autoritaria che minaccia Wikipedia in italiano, portata da gruppi più o meno organizzati di wikipediani.» (pagina 7) e l’«ombra […] delle derive autoritarie che si insinuano tra i liberi e volenterosi contributori dell’enciclopedia» (pagina 8: già qui si vede come un’asciugatura del testo che togliesse le mille ripetizioni sarebbe stata opportuna). Non mi è ben chiaro quali siano i “gruppi più o meno organizzati” che portano alla deriva autoritaria e quale sia la differenza con gli altri utenti portati come esempio positivo e che nelle discussioni si trovano sempre dallo stesso punto di vista: magari è solo un problema di prospettiva. Prospettiva un po’ strana, in effetti. Gli autori affermano «Ma anche le potenziali necessità dei lettori passano in secondo piano di fronte alla natura libertaria e anarchica del progetto ; […] un Pokémon su Wikipedia potrà avere la stessa dignità e lo stesso spazio dedicato a un Nobel per la pace come Albert Schweitzer.» (pagina 19: corretto, e visto anche da loro positivamente). Ma continuano poi con «Wikipedia funziona anche da amplificatore: tesi minoritarie trattate sull’enciclopedia riprese dai media mainstream diventano esse stesse fonti per l’enciclopedia. Si crea quindi un meccanismo di retro-azione in cui più Wikipedia parla di un argomento “minoritario”, più questo ha possibilità di essere ripreso dai media, amplificato e per questo reso sempre meno di nicchia» (pagina 35). La prima parte è corretta, sulla seconda non ci giurerei troppo all’atto pratico ma soprattutto non ha un grande senso nel campo storico e storiografico, dove le fonti non dovrebbero essere tanto i media quanto gli storici; ma sicuramente utenti come Barbicone, Jose Antonio, Presbite e Theirrules, tutti citati assai positivamente nel libro – Presbite è citato a pagina 300 come «uno dei migliori contributori di Wikipedia in italiano, perseguitato su quella in inglese dalla cricca croata» – cercano di far parlare degli argomenti “minoritari”, o per meglio dire delle teorie minoritarie su argomenti che minoritari non sono, con frasi tipo “ho contattato un mio conoscente sloveno insegnante di scuola” (Presbite, pagina 167). Insomma dagli esempi “positivi” portati da Mastrangelo e Petrucci possiamo notare le «meccaniche di deduzione ed estrapolazione [che] sono il sale della ricerca accademica in ogni campo e in ogni livello, ma in una enciclopedia finiscono per inserire un’inevitabile distorsione a favore dell’opinione del compilatore.» (pagina 82). Oops, forse non erano riferite a loro. Ah, la frase che ho estrapolato è all’interno delle quattro pagine di discussione sulla famosissima battaglia di Tarnova.

[Intermezzo con due note molto pedanti da matematico: la frase «È davvero arduo fare un’analisi sociologica di una comunità dove solo lo 0,8% degli iscritti ha una qualche attività effettiva di contributo e sviluppo di Wikipedia.» di pagina 165 è assolutamente incomprensibile. Se il 99,2% degli iscritti non contribuisce né sviluppa Wikipedia, non fa parte della comunità: non vedo il problema se non il tentativo di dare una legittimazione “oggettiva” a quella che è una scelta soggettiva e cioè di non tentare un’analisi sociologica ma limitarsi a esempi tutti presi da una parte. D’altra parte, come detto a pagina 171, «Il media Wikipedia evidentemente risulta particolarmente attraente per individui caratterizzati da certi interessi, e non da altri.».
La seconda nota è sul grafico a pagina 235 dove si vede schizzare in alto la percentuale di segnalazioni chiuse contro il segnalatore stesso. Quando c’è 1 (una) segnalazione, o si ha 0% oppure 100%: ma in entrambi i casi il significato statistico è virtualmente nullo per mancanza di dati. Pensate a un sondaggio fatto su un campione di una sola persona]

Sicuramente però Mastrangelo ce l’ha molto con gli admin, segnalando a pagina 234 che la pagina per segnalare gli admin problematici non c’è più ma dimenticandosi di aggiungere che è stata unita a quella degli utenti problematici, e lamentandosi che nessun admin è mai stato deflaggato d’ufficio sempre dimenticandosi che per questo ci sono le votazioni e che un admin bloccato è automaticamente deflaggato. A pagina 268 afferma poi che in pratica gli admin si cooptano da soli, il che – visto il numero di partecipanti tipici a una votazione per un admin – implicherebbe che chi admin non è non va mai a votare; salvo poi affermare a pagina 287 che l’aumento della partecipazione (che pure aveva detto essere in calo…) ha rovinato la cricca degli admin. La sua soluzione sarebbe come minimo obbligare ogni admin a saltare un anno dopo due anni di servizio, e continuare a lavorare come semplice utente: confesso di non aver capito la ratio di una simile ipotesi, a parte ridurre di un terzo il numero degli amministratori e presumibilmente (se le ipotesi di Mastrangelo fossero vere) istituire un sistema di segnalazioni online oppure offline per avvisare chi non è al momento stato decimato su cosa “devono provvedere” a fare: un po’ come scrive a pagina 221 «un altro admin, Dry Martini, dovette provvedere a revocare l’azione di Domenico circa un’ora dopo.» (perché dovette provvedere non è dato sapere: ma forse un semplice “annullò” non sarebbe stato troppo gradnguignolesco).

Tralascio il capitolo 3.6 che spiega con dovizia di particolari le tecniche di guerra e guerriglia «non certo per spingere i contributori onesti a farne uso» (pagina 334): in fin dei conti anche Gesù nei vangeli esorta i discepoli dicendo loro “siate avveduti come i serpenti” e in effetti «alla fine della fiera, l’unico gruppo che in Wikipedia sia riuscito a sfidare in qualche misura l’egemonia culturale è quello cattolico, con risultati alterni e non del tutto soddisfacenti.» (pagina 379). Tralascio anche il Manifesto dove l’invito a togliere la burocrazia è associato a un nuovo insieme di regole e regolette. Mi preme invece segnalare che è vero che «Oggi, invece, i territori vergini da colonizzare sono sempre più ristretti, sia per quanto riguarda le voci da scrivere ex novo, sia per quelle da approfondire.» (pagina 347), ma è anche vero che dopo la prima colonizzazione esiste la sistematizzazione, e sicuramente di lavoro da fare ce n’è molto, anche se spesso umile. Termino invece con due citazioni che in un certo senso riprendono quanto scrissi all’inizio, e che fanno parte di una divagazione nel capitolo 4.3, “L’ennesimo esempio di partita persa (a tavolino) per le culture non post-marxiste in Italia”: quello insomma con la citazione gramsciana farlocca. A pagina 373: «Il politicamente corretto, insomma, sta lentamente succhiando via il midollo a quei caratteri nazionali così antichi che si erano mantenuti come un filo rosso dai fescennini ancestrali.» che termina un paragrafo iniziato con «Per un dirigente della Sinistra contemporanea sarebbe impensabile spendere parole di apprezzamento in una recensione di un film come Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda, in cui Veltroni, per la Fenech, arrivò a scomodare persino Truffaut.»

Ma forse è meglio la citazione di pagina 377, che parte dalla nascita del termine “veline” ai tempi del MinCulPop e prosegue così: «Nel 1988 la trasmissione di Canale5 Striscia la notizia affibbiò alle soubrette che entravano in scena con abiti sexy-littori e canzoncina simil-fascista il nome di “veline”, perché inizialmente portavano ai conduttori delle finte notizie che dovevano rappresentare la “voce del padrone”. […] Se il regista Antonio Ricci nel 1989 poteva fare uno stacchetto comico in TV prendendo in giro il Fascismo, oggi un’iniziativa simile, in un’egemonia del politically correct, verrebbe accolta da cori di indignati che griderebbero allo scandalo e alla mancanza di rispetto per le “vittime del deprecato regime”.» È stato davvero così? Mah. La notizia dell’origine del termine è presente in Wikipedia, è stata aggiunta nel marzo 2006 e non riporta alcuna fonte a suo sostegno. Quanto agli abiti sexy-littori, qui c’è una foto delle prime veline: decidete pure voi.

In definitiva, leggete pure il libro di Mastrangelo e Petrucci, sfruttate gli utili spunti presenti, ma non prendete come oro colato gli esempi “in positivo” che porta, se non come corroborazioni dei guai di chi scrive pensando alle sue idee e non al progetto.

Post Scriptum: Per il caldo mi sono dimenticato di aggiungere un altro esempio pratico di bispensiero che potete leggere nel libro. Pagine e pagine sono dedicate alla voce di Wikipedia sull’attentato di via Rasella, con i cattivi sinistri che non volevano assolutamente usare quel termine e preferendo un asettico “Fatti di via Rasella”. Dopo un duecentocinquanta pagine di lettura (o semplicemente andando a consultare Wikipedia) si scopre che… toh, la voce si chiama Attentato e non Fatti: modifica effettuata nel 2012, “come da consenso emerso in discussione”. Ma come? Non c’era la cricca degli admin di sinistra che bloccava tutto? C’è stata una grande vittoria di Mastrangelo e dei suoi amici che circondati da preponderanti forze nemiche hanno tenuto alta la bandiera della verità? O forse – molto più banalmente – la cosiddetta cricca prima di criccheggiare si attiene ai fatti e al consenso?

Ultimo aggiornamento: 2015-07-13 09:28

C’è chi si pensa intelligente

Stasera ho trovato su Wikipedia una nuova voce, creata da tal utente “Fabiencoletti”. Titolo della voce “Brugnaro”. Testo della voce:

Il sostantivo maschile «brugnaro» è un improperio tipicamente veneziano, sinonimo di «goldon» (termine che proviene dal noto marchio di profilattici americani “Gold One”), cioè «stolto», «poco competente nelle interazioni sociali»1

1Boerio Giuseppe, Dizionario del dialetto veneziano, Cecchini, 1856..

Magari non sapete che l’attuale sindaco di Venezia è Luigi Brugnaro (io tendo a dimenticarlo). Magari lo sapete anche, e pensate “Toh, che coincidenza”. Non ci sarebbe nulla di strano: per esempio ne I rusteghi Carlo Goldoni fa dire a Felice la battuta «Mo questo el xe un gran codogno» e poi spiega «Codogno vuol dire un melcotogno, ma quì s’intende per uno sproposito, per una cosa malfatta.» Peccato che il Dizionario del dialetto veneziano sia liberamente consultabile, e non contenga affatto quel lemma.

Caro Fabiencoletti, c’è una categoria di persone che mi sta ancora più sulle palle di quelli che inseriscono nozioni false su Wikipedia. E sono quelli che pensano di essere così furbi da aggiungere una fonte esistente ma che dice tutt’altro per far sì che gli altri pensino che quanto scritto sia vero.

P.S.: la voce è rimasta in linea 19 minuti. Non l’ho nemmeno cancellata io, perché mentre facevo le mie ricerchine un altro sysop ha tagliato la testa al toro :-)

Ultimo aggiornamento: 2015-07-05 22:37

Jean-Marie Cavada e il non-diritto di panorama

Jean-Marie Cavada è un politico settantacinquenne francese, presidente del movimento politico francese Nous Citoyens, ed europarlamentare nel gruppo ALDE (i liberali, semplificando). In questi ultimi giorni Cavada è assurto agli onori della cronaca per un emendamento all’eurodirettiva sul diritto d’autore che ha proposto, e che impedirebbe di pubblicare foto utilizzabili commercialmente di monumenti pubblicamente visibili: ne ho accennato su Voices. Per la cronaca, in Italia – e in Francia, il che non è poi così strano visto lo statalismo e il centralismo dei transalpini – questo non è già possibile, ma ci sono dei paesi cattivissimi dove invece è permesso.

Cavada è stato forse frainteso? Per nulla. Se andate a vedere sul suo sito, lo fa capire chiaramente: per lui la redattrice della proposta Julia Reda, lungi dal voler difendere il libero accesso alle opere, vuole permettere ai monopolisti americani come Facebook e Wikipedia di sfuggire al pagamento dei diritti d’autore ai creatori. (Nota: tutte le traduzioni sono mie, non è stato usato Google Translate. Avete comunque il link al testo originale, se non vi fidate). Questo non è poi così strano, se pensiamo che Nous Citoyens è stato fondato dall’imprenditore Denis Payre; è abbastanza facile intuire che il suo emendamento non è nato per caso, insomma. Ma andiamo più nel dettaglio, almeno per quanto riguarda Wikipedia.

Il guaio di Wikipedia, secondo Cavada, è semplice. Nel quadro delle negoziazioni con i creatori e i loro rappresentanti essa richiede sistematicamente tre condizioni contrattuali inaccettabili: che le immagini siano ad “alta definizione”, siano modificabili e possano essere utilizzate a fini commerciali. Tecnicamente la prima di queste condizioni non è vera, nel senso che si chiede la più alta definizione possibile ma alla fine ci si può accontentare anche di meno, mentre le altre due sono in effetti la trasposizione della mancanza delle clausole -ND- e -NC- nella licenza d’uso di Wikipedia. Ma mettersi a parlare di questo, e rimarcare che la Wikimedia Foundation non fa nessun uso commerciale delle immagini, significa cadere nella trappola di Cavada, che ha scientemente spostato la questione per nascondere il vero punto del suo intervento. Non ci credete? Rileggete l’inizio di questo capoverso: si parla di negoziazioni con i creatori e i loro rappresentanti. Tu sei un fotografo e non vuoi pubblicare la foto su Wikipedia, perché pensi di poterci fare dei soldi per conto tuo? Sei liberissimo di farlo, e se qualcuno prova a mettere illegalmente una copia di una tua foto su Wikipedia noi la cancelliamo non appena ce ne accorgiamo. Il diritto d’autore è sacro. Peccato non si parli davvero di questo.

Quello che l’europarlamentare francese – e non si sa quanti altri – vuole fare è scardinare la libertà di panorama estendendo ben oltre il suo significato originale il diritto di riproduzione. Questo è una parte del diritto d’autore, e nasce perché certe opere sono intrinsecamente copiabili. Se io scrivo un libro o eseguo un brano musicale, non è che rimanga una sola copia della mia opera: il libro viene stampato, e la mia esecuzione può finire in un disco. Se qualcuno fotocopia il mio libro o registra la mia esecuzione e poi la rivende, sta violando i miei diritti di riproduzione e quindi è sanzionabile per legge. Inutile dire che oggi la copia è per lo più digitale: siamo però tutti d’accordo che il libro cartaceo e il pdf oppure l’epub con il testo del libro sono la stessa cosa dal punto di vista del diritto d’autore. Ma un monumento e la foto di quel monumento non sono affatto la stessa cosa, come avrebbe del resto detto Magritte! Che cosa c’entra la ri-produzione – produrre una copia conforme dell’originale – con una raffigurazione? Se è vietato commercializzare l’immagine di un monumento sulla pubblica via, allora deve anche essere vietato commercializzare un quadro che raffigura quel monumento, e finanche commercializzare una descrizione a parole di quel monumento: non vedo nessuna differenza logica. Tutto questo indipendentemente dal fatto che l’immagine sia caricata su Wikipedia o su Facebook.

Dovrebbe essere insomma chiaro chi sono per Cavada i veri creatori e i loro rappresentanti: le archistar che vogliono guadagnarci non solo dalla progettazione e costruzione di edifici e monumenti – cosa di cui hanno pieno diritto – ma anche su tutto il possibile indotto. Aggiungiamo che Facebook e affini non si preoccuperanno più di tanto anche se passassero quell’emendamento: al limite faranno qualche accordo con i suddetti rappresentanti, così i soldi girano come dai dettami del libero mercato, che è libero solo per i soliti noti. Purtroppo mi pare che almeno in Italia di queste cose non ne parli nessuno: le scie chimiche sono indubbiamente più interessanti e cromaticamente visibili…

P.S.: Come faccio di solito in questi casi, ero andato su archive.org per salvare il testo attuale della pagina, perché editare un testo è molto facile. Ho scoperto che qualcuno ci aveva già pensato. Siamo in tanti a essere delle brutte perZone.

Ultimo aggiornamento: 2015-06-27 22:44

come Adnkronos “aiuta” Wikipedia

Laura mi ha segnalato questo lancio di Adnkronos. Che è successo? che dieci giorni fa qualcuno ha aggiunto questa riga sulla voce di Wikipedia con gli eventi del 3 luglio:

* 2015 – Donato svolge, dopo ben 7 anni di calvario, il suo esame orale di stato!

Modifiche di questo tipo ce ne sono a decine ogni giorno. Una volta sparivano in cinque minuti: oramai non c’è più gente che ha voglia di stare sempre attaccato a controllare le ultime modifiche, e così è rimasta per dieci giorni. Se Adnkronos non se ne fosse accorta sarebbe probabilmente stata notata tra un’altra decina di giorni, quando si arriva alla data relativa c’è sempre un po’ di movimento. Vabbè, il Donato in questione ha mostrato ben poca maturità (nonostante sia stato bocciato due volte e quindi abbia già una certa età…) ma almeno non ha tolto informazioni o peggio aggiunto informazioni errate. (In teoria potrebbe anche essere stato qualcuno che conosce il summenzionato Donato, ma non credo sia stato così) In compenso con questo suo articolo Adnkronos ha fatto in modo da far sembrare una grande impresa rovinare il lavoro collettivo di chi collabora con l’enciclopedia. Complimenti.

Ultimo aggiornamento: 2015-06-25 19:56

dieci anni fa

[i fondatori di Wikimedia Italia]

i fondatori di Wikimedia Italia (da Wikipedia Commons)

Era il 17 giugno 2005. Sono salito in auto con un po’ di altri sciamannati e abbiamo preso l’Autosole (o abbiamo fatto la Cisa? la memoria è nebulosa), per poi finire sulla superstrada Rosignano-Civitavecchia e addentrarci nel Viterbese in un posto di cui non avevo mai conosciuto l’esistenza prima di allora: Canino. Il tutto perché, dopo averci messo un po’ di euro per pagare il notaio, stavamo andando a costituire “il fan club italiano ufficiale di Wikipedia”: Wikimedia Italia.

In questi dieci anni abbiamo ripetuto fino alla nausea che noi non gestiamo Wikipedia ma la promuoviamo semplicemente, e pian piano qualcuno l’ha finalmente capito; ci siamo trovati tra capo e collo un’azione legale in sede civile che ci chiedeva dieci milioni di euro, azione finita con la nostra piena assoluzione (ci hanno persino pagato le nostre spese legali…); siamo stati a fianco dei wikipediani nel famoso sciopero di ottobre 2011 con l’oscuramento delle pagine dell’enciclopedia; siamo diventati un’associazione di promozione sociale, il che significa che potete darci il cinque per mille o scaricare dalle tasse le vostre donazioni; abbiamo portato avanti progetti con le scuole (Adotta una parola), con gli archeologi (Archeowiki), con i fotografi dilettanti e professionisti (Wiki Loves Monuments); abbiamo nel nostro piccolo contribuito ad aumentare la consapevolezza che la cultura deve essere libera. Non abbiamo guadagnato un centesimo :-)

Insomma, buon compleanno a noi!

Ultimo aggiornamento: 2015-07-08 16:48

La Treccani ai tempi del web

Ieri su Repubblica è apparso un articolo, «La Treccani ai tempi di Wikipedia conquista il web», dove Riccardo Luna racconta come il portale Treccani sta per raggiungere il milione di voci disponibili gratuitamente per tutti. «E soprattutto, certificati. Autorevoli. Niente bufale.», continua Luna che per l’occasione ha intervistato il direttore generale della Treccani, Massimo Bray. Bisogna dire che i tempi sono proprio mutati: ancora qualche anno fa Wikipedia anelava a confrontarsi con la Treccani, mentre ora le parti si sono invertite ed è la nonagenaria enciclopedia che spiega come essa sia molto meglio della giovane concorrente, mettendosi persino a competere sulla quantità. Detto tra noi, le gare a chi ce l’ha più lungo (l’elenco di voci) mi sembrano stupide: sarei molto più felice se l’impegno nel creare nuove voci di Wikipedia fosse invece usato per migliorare quelle esistenti, ma un limite dell’enciclopedia libera è che nessuno può essere costretto a fare qualcosa che non gli interessi. E per il resto?

Come espresso molto bene dal presidente di Wikimedia Italia Andrea Zanni al termine di quell’articolo, «Se Treccani davvero mette contenuti autorevoli in rete, rende più facile il nostro lavoro, per noi sono una fonte». (Io avrei cambiato l’interpunzione, ma il concetto resta quello). Luna e Bray hanno ragione quando affermano che consultando la Treccani – la veneranda enciclopedia cartacea di cui è appena uscito l’ultimo aggiornamento, oppure i nuovi prodotti editoriali – si trovano risultati senza bufale, nel senso di informazioni false inserite appositamente da qualcuno; risultati certificati, data la redazione pagata e che ci mette il nome. Sulla sua autorevolezza poi non credo che ci siano dubbi. Qualcosa però non mi torna.

Ieri sera, mentre scrivevo questo articolo, il portale permetteva una “Ricerca tra 997.531 lemmi e vocaboli”. Lemmi e vocaboli non sono la stessa cosa: questi ultimi sono infatti molto più semplici da certificare, come si può immaginare facilmente prendendo un dizionario. È un lavoro fatto più o meno una volta per tutte: certo, un vocabolo può assumere un nuovo significato oppure può nascere un neologismo, ma sono casi percentualmente molto ridotti. Lasciamo fuori dal conto un 200.000 vocaboli e concentriamoci sugli 800.000 lemmi. Un vecchio articolo di quattro anni fa indicava in 300.000 il numero di lemmi a disposizione, esclusi vocabolario e dizionario biografico (che a detta della Treccani ha 30.000 voci: nei nostri conti spannometrici possiamo tralasciarle).

Vediamo insomma che in quattro anni è stato certificato mezzo milione di voci. Notate che non ho scritto “creato”: il punto di forza della Treccani, come detto sopra, è la sua certificazione e il controllo dei testi. Quanto tempo ci vuole a certificare e controllare una voce? Un’ora mi pare una buona stima: scendere troppo nel tempo significa limitarsi a copiare senza andare a verificare. Mezzo milione di ore in quattro anni significa 125.000 ore l’anno, il che a sua volta significa 60 persone che a tempo pieno hanno condotto quest’opera indubbiamente meritoria. Beh, forse non è proprio così, se sono vere le notizie di appalti esterni che effettivamente permetterebbero di arrivare a questi numeri. Non so. Come italiofono preferirei di gran lunga avere meno voci nella Treccani ma essere certo che esse siano ben curate: a questo punto le preferirei a quelle di Wikipedia pur sapendo che saranno inevitabilmente meno aggiornate.

Post scriptum: non ho scritto a caso quella definizione di bufala. Ci possono essere errori in buona fede in qualunque enciclopedia, per quanto essa sia curata. Prendiamo per esempio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Secondo la Treccani, Mattarella «[h]a militato nell’Azione cattolica e nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI).». Persino secondo la FUCI stessa, la sua formazione è stata «all’interno dell’associazionismo cattolico, della Gioventù Italiana di Azione Cattolica e della FUCI». La voce di Wikipedia però non reca traccia di tale militanza. Come mai? Semplice. Come alcuni wikipediani mi hanno fatto notare, c’è tutta una discussione in proposito nella quale si fa notare come non ci siano fonti ufficiali al riguardo, e che anzi Mattarella a quei tempi era dirigente GIAC e appare dunque improbabile che fosse anche membro di un’associazione concorrente seppur nella tradizione cattolica. Pare inoltre che la prima attestazione di una sua appartenenza alla FUCI… sia stata una bufala su Wikipedia: un’aggiunta di un utente anonimo non supportata da fonti, e che presumibilmente è stata citata dai vari media prima di essere ripresa dalla Treccani, che ancora a ottobre 2014 non aveva molti dati. Mettiamola così: Wikipedia le bufale riesce spesso a eliminarle.

Aggiornamento: Consiglio anche la lettura di questo pezzo di Luca Corsato che tratta l’argomento da un punto di vista imprenditoriale.

Ultimo aggiornamento: 2015-05-07 16:18