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_Costantino 313 d.C._ (mostra)

Venerdì ho preso mezza giornata di permesso, e per le 13 ero a Palazzo Reale con Anna per vedere la mostra su Costantino nel millesettecentario dell’editto di Milano. Iniziamo dalle cose buone. A quell’ora non c’era proprio nessuno – figuratevi che il biglietto era prestampato con data in ingresso 10:30, giusto per dire quanta gente era arrivata quel giorno. Ho poi sfogliato il catalogo: ben fatto, e nemmeno caro – 29 euro, al momento online addirittura col 25% di sconto. La presentazione infine è molto spaziosa, forse persino troppo. Poi ho imparato che il Chrismon (il segno sulle insegne durante la battaglia di Ponte Milvio) non è una croce, e comincio a chiedermi se e quanto potesse venire confuso con il simbolo mitraico (che è un sole stilizzato); infine ho visto una lapide dove ΙΧΘΥΣ aveva come ultima lettera una C, e ho finalmente capito perché Cirillo e Metodio hanno fatto in modo che SSSR si scrivesse CCCP. Fine.
Detto tutto questo, mi chiedo come sia possibile nel 2013 che la cassa all’ingresso obblighi a pagare in contanti, manco fossero stati bloccati i POS come in Vaticano. Capisco che la mostra non è esattamente sulla modernità, però… (Ah, a proposito: il sito dà ancora la “Mobile App Coming Soon”. Chissà se arriverà prima della chiusura della mostra). Ho poi dei forti dubbi sull’aggiungere cose che di Costantino parlano semplicemente, tipo gli arazzi seicenteschi: è vero che la cosa potrebbe avere un senso per vedere la perduranza dell’eredità costantiniana e l’accrescersi degli errori storici, ma non ne sarei poi così certo. Ma soprattutto mi chiedo chi abbia scritto le didascalie nelle varie sale. A parte che costui o costei appartengono alla scuola che osa mettere una virgola tra soggetto e verbo, è evidente che i testi sono stati preparati per impedire che una persona anche colta possa capire di che si parli. Vi segnalo tre parole che abbiamo trovato nei testi: itifallico, clamidata, crioforo. La grande fortuna è che i testi sono anche in inglese, e colui o colei che li ha tradotti evidentemente è seguace della filosofia “parla come mangi”, così abbiamo potuto leggere “with upright penis”, “holding a mantle”, “carrying a lamb”.
In definitiva, preparatevi in anticipo, se proprio volete vedere la mostra.

Ultimo aggiornamento: 2013-01-15 15:51

_Matematica sulla spiaggia_ (libro)

[copertina] Lo scopo della collana “Dialoghi Scienza”, almeno a leggere quanto scritto sulla quarta di copertina di questo libro (Stephen Smale, Matematica sulla spiaggia, Di Renzo 2011, pag. 61, € 10, ISBN 9788883232572, trad. Maria Pia Felici), sarebbe “sviluppare chiaramente la materia oggetto della ricerca (dell’autore). Beh, fidatevi: in questo caso non ci è affatto riuscito. Intendiamoci: non credo affatto che sia semplice raccontare in maniera semplice le ricerche matematiche di Smale. Ma arrivare ad avere un glossario dove i termini vengono spiegati con definizioni da testo postuniversitario – provate a leggere quella di H-cobordismo… mi sembra una presa in giro. Posso anche comprendere che ci sia una forte disomogeneità nel testo, con varie ripetizioni: una chiacchierata con l’autore, anche se si è scelto di mostrare solo le risposte e non le domande che presumibilmente han portato ad esse. Ma la traduzione di Maria Pia Felici spesso contribuisce a complicare ancora di più le cose, aggiungendo oscurità ad oscurità. Il tutto al costo di 10 euro per ben 61 pagine, scritte anche con un font piuttosto grande, e nelle quali sono eppure riuscito a trovare almeno tre refusi.
Tra le poche note positive del testo, il racconto di alcuni insospettabili precursori della teoria del caos, precursori famosi (Poincaré, Littlewood e Cartwright) che però non vennero seguiti in quelle loro intuizioni. È proprio vero che anche i matematici, come Smale stesso spiega, non si accorgano spesso di qual è la strada giusta.

Ultimo aggiornamento: 2013-01-12 07:00

_The Full Monti_ (libro)

[copertina]Un anno dopo Post Coitum il buon Makkox esce con un’altra raccolta delle sue vignette (pardon, vigne) sul Post (Makkox, The Full Monti, Rizzoli Lizard 2012, pag. 240, € 19, ISBN 9788817062503). È cambiato l’editore (stavolta Rizzoli Lizard) ma non il formato bislungo né lo stile del libro, con una riga laterale che dà un minimo di contesto alle vignette… nella satira un anno può essere un periodo lunghissimo, e in certi casi bisogna fare mente locale per ricordarsi che cosa era effettivamente successo di così importante.
Detto tra noi, la parte sanremese (che infatti ai tempi avevo saltato…) è la più debole del libro: continuo a pensare che Dambrosio sia molto più bravo nella dimensione puntuale – si fa per dire, certe “vignette” sono lunghiiiiiissime! – che in quella del racconto, per non parlare dello stream of consciousness. D’altra parte, nessuno è costretto a leggere tutto, no? E avere un anno di fila di vignette aiuta anche a vedere l’evoluzione dei personaggi: Mario Monti inizia a essere disegnato in maniera abbastanza realistica, ma con i mesi diventa sempre più etereo, il volto tutto occhiali e capelli in stile casco, ma paradossalmente più vero. E poi c’è sempre il Calderolo col suo maialino da passeggio, se uno apprezza lo stile…

Ultimo aggiornamento: 2013-01-05 07:00

_How to draw a cup of coffee_ (libro)

[copertina]Sono un acquistatore compulsivo: dopo aver preso How to Draw a Radish, ho pensato di completare l’opera con questo libro (Joy Sikorski, How to Draw a Cup of Coffee – and other fun ideas for Home & Garden, Chronicle Books 1998, pag. 196, $16.95, ISBN 978-0-8118-1902-2).
La struttura del libro è sempre la stessa: un libretto multimediale che da un lato ha un discreto numero di lezioni di disegno e dall’altro racconta di come addobbare una casa – beh, si fa per dire: in inglese la chiamerei “mansion”, direi che non è esattamente l’appartamento tipico dove noi viviamo.
Anche in questo caso il risultato è un’opera che non vi insegnerà a disegnare, però magari vi darà qualche buffa idea che in fin dei conti servirà per fare giocare i bimbi… quindi mi va più che bene.

Ultimo aggiornamento: 2012-12-29 07:00

_La favola di Natale_ (libro)

[copertina]Giovannino Guareschi deve essere stato un rompipalle di prima categoria, e credo che su questo siano d’accordo in molti. Però una cosa è certa: sapeva scrivere maledettamente bene. Questa favola (Giovannino Guareschi, La favola di Natale, Interlinea 2000, pag. 89, € 9,30, ISBN 9788882122478) la scrisse e interpretò in un campo di prigionia tedesco per ufficiali italiani: sicuramente meno tragico di un lager, ma non certo una vacanza in trasferta. Beh, potete dire che io sono un mollaccione dentro, ma a leggerla a me sono venuti più volte i lucciconi. Non so se è per la scrittura semplice ma non banale, oppure perché è chiaro che in mezzo ci ha messo la sua fede – che probabilmente è stata quella che gli ha permesso di sopravvivere nonostante tutto – però la si legge in un amen, e non si sta neppure a pensarci su troppo, tipo quando c’è l’incontro tra i tre Magi e i tre Nanerottoli crucchi, coi primi che dicono “Che Dio sia con voi” e gli altri che rispondono “C’è già”, o lo sbeffeggiamento di chi non è cattivo ma è rimasto ignavo per quieto vivere o chissà cosa. È Natale, una favola è pur sempre una favola, no?

Ultimo aggiornamento: 2012-12-22 07:00

_Mathematical Teasers_ (libro)

[copertina] Nella mia caccia a libri di giochini matematici del passato mi è capitato tra le mani questo testo (Julio A. Mira, Mathematical Teasers, Barnes and Noble 1970, pag. 279, ISBN 0389002615) che dal titolo prometteva bene. È vero che la prefazione dice che i quizzini del libro «sono stati attentamente selezionati e assemblati specialmente per il piacere di chi non è necessariamente un genio matematico o anche solo un matematico», ma questo non vuol dire molto: un buon quizzino matematico non richiede l’uso di troppa matematica.
Però il risultato non è stato all’altezza delle aspettative. A parte i problemi diciamo classici, Mira gioca molto con i numeri romani, e poi nell’ultima sezione del libro raccoglie i problemi tipo le prove d’intelligenza della Settimana Enigmistica: se a voi il genere piace, nessun problema, ma io roba del genere la salto a piè pari.
La cosa che se volete è più strana è che mi sarei aspettato che un libro di questo tipo fosse degli anni ’50 e non del 1970, come in effetti è; quasi tre lustri dopo che Martin Gardner aveva iniziato a tenere la sua rubrica di giochi matematici sullo Scientific American. O forse è per questo che c’è la parola “mathematical” nel titolo: usare solo “teasers” forse al tempo non era così di moda?

Ultimo aggiornamento: 2012-12-08 07:00

_Libertà vigilata_ (libro)

[copertina] Internet è una gran bella cosa. Non venitelo a dire a me, che ci bazzico su da ormai quasi trent’anni. Naturalmente quello che mi sono trovato all’inizio del 1984 e che a dire il vero non si chiamava ancora Internet era qualcosa di completamente diverso da quello che avevamo all’inizio degli anni ’90 con la prima esplosione commerciale, o da quello dopo la bolla del 2000, per non parlare di cosa abbiamo oggi: ma è nella natura delle cose che ci sia un’evoluzione. Al più possiamo rimarcare come la Rete abbia non solo cavalcato ma anche prodotto il cambiamento, spostandosi man mano verso nuovi tipi di interazione e inglobando nel frattempo altri “vecchi” media, dalla stampa alla televisione alle telecomunicazioni.
Parlando di telecomunicazioni, non dovrebbe esservi sfuggito che Telecom Italia è in prima fila – anche a livello europeo con ETNO, l’associazione delle società tlc “storiche” – nel richiedere una diversa regolamentazione della rete. Quello che in genere traspare è una richiesta di azioni per difenderli dagli operatori OTT (Over The Top, quelli come Google e Facebook che gestiscono servizi “sopra” la rete che vorrebbero essere un semplice tubo trasmissivo alla stregua di una linea elettrica o del gas), ma la ragione del contendere è ben più ampia, come si può leggere nel libro del presidente Telecom Franco Bernabè appena uscito per i tipi di Laterza (Franco Bernabè, Libertà vigilata : Privacy, sicurezza e mercato nella rete, Laterza 2012, pag. 166, € 12, ISBN 97888842099468).
In Libertà vigilata Bernabè non fa certo mistero di quale sia la sua visione, e neppure dei problemi degli operatori tlc storici. C’è persino un’appendice che spiega quali sono stati i guai di Telecom (multe e soprattutto perdita di immagine) per il caso Tavaroli, e la nuova struttura per la sicurezza interna e la privacy che è stata poi implementata. Ma dopo questa presentazione lui fa notare come una cosa del genere è anche il risultato dei vincoli legislativi italiani ed europei; gli OTT non hanno nessun obbligo di fare qualcosa di simile, essendo generalmente americani e quindi sottoposti a vincoli di legge ben diversi dai nostri, e anche questo diventa un punto di oggettiva debolezza nel confronto.
Il testo ha un’ampia, anche se a volte un po’ troppo arida e tecnica, parte che racconta le storie dietro l’internet attuale, sia per l’infrastruttura di rete vera e propria che per i temi di sicurezza e privacy, evidenziando le differenze con un mercato maturo e regolamentato come quello delle tlc che ha già dovuto avere a che fare con essi, e mostrando come l’evoluzione event-driven di ICANN, l’organismo di autoregolamentazione di Internet, ha sì evitato l’eccessiva burocratizzazione e quindi ingessamento della rete, ma al prezzo di avere una struttura autoreferenziale e senza veri poteri. Bernabè passa quindi a presentare la sua proposta organica di riorganizzazione di tutto quello che riguarda la rete, dalla struttura di connessione a basso livello tutta flat-IP al rovesciamento del paradigma attuale in cui tutta l’intelligenza sta nei terminali e i router sono semplicemente dei passa-bit; dalla necessità di creare un’Internet 2 parallela a quella attuale che permetta servizi non best-effort ma di qualità garantita alla ridefinizione a più livelli del governo di Internet, con una separazione netta tra i temi sovrannazionali che devono avere una rappresentanza fattiva a livello di governi e quelli tecnici che devono continuare a restare tali.
Nonostante le argomentazioni siano ben espresse, e pur apprezzando la schiettezza di Bernabè che è una merce assai rara al giorno d’oggi, non credo però che le sue conclusioni possano essere così semplicemente attuate o anche solo accettate. Guardando alla parte puramente tecnica, ritengo molto più probabile uno scenario simile a quello che è successo lo scorso decennio nell’infotainment: i grandi operatori OTT tenderanno a fondersi con i grandi operatori storici TLC, per la banale ragione che ciascuno ha bisogno dell’altro, e le loro competenze sono complementari. Dal lato etico, nonostante l’attenzione di Bernabè che scrive esplicitamente che «nella Internet sicura dovrà pur sempre esserci spazio per l’anonimato», la storia ci insegna che una regolamentazione su base sovrannazionale porta in modo inevitabile all’eliminazione all’atto pratico dell’anonimato: se non ci credete, provate a prendere un aereo. I problemi sollevati nel testo non sono però affatto da sottovalutare; purtroppo però la mia sensazione è che al momento tra i pochi che si occupano seriamente del tema prevalgano visioni pregiudiziali in un senso e nell’altro, e dunque un libro come questo è prezioso per avere a disposizione gli strumenti per farsi una propria idea senza preconcetti.

Ultimo aggiornamento: 2012-12-01 07:00

_The Wacky Races Handbook_ (libro)

[copertina] Chi come me ha una certa età sicuramente conosce i cartoni animati di Hanna e Barbera “The Wacky Races”, e probabilmente avrà capito perché io mi sia procurato questo libretto (AA.VV., The Wacky Races Handbook, Warner Bros 2010, pag. 85, Lst 9.99, ISBN 978-1-4052-5202-7). Purtroppo però il risultato non è stato alla pari delle aspettative.
Innanzitutto il formato troppo piccolo non permette di vedere bene i particolari delle figure – e adesso non venitemi a dire che quei cartoni animati di particolari non ne avevano, perché allora non avete capito nulla. Inoltre direi che mancano molte scene che pure avrebbero dovuto esserci, tipo il mostrare le trasformazioni più strane delle varie macchine, o perlomeno un po’ di cartine delle tappe percorse. Come bonus, due paginette sugli spinoff… e non ditemi che non avete nemmeno mai visto Stop the pigeon! perché allora avete davvero avuto un’infanzia triste.
In definitiva, un libro di cui (purtroppo) si può anche fare a meno. Però una chicca ve la lascio: ho scoperto che il nome completo di Dick Dastardly è Richard Milhous Dastardly. Non credo che nel 1967, quando la serie venne trasmessa per la prima volta, gli autori avessero esplicitato quel nome, visto che sarebbe stato chiarissimo almeno per tutti gli americani a chi si riferiva. Però nel 2010, quando il libro è stato pubblicato, probabilmente il riferimento è rimasto per pochi eletti…

Ultimo aggiornamento: 2012-11-17 07:00