Archivi categoria: religione

si litiga sul lezionario ambrosiano

Non credo che la cosa interessi a molti, ma è poco più di un anno che nel rito cattolico ambrosiano (insomma, quello delle messe a Milano) è stato adottato un nuovo lezionario; insomma, vengono fatte delle letture bibliche ed evangeliche diverse da prima e diverse da quelle che si fanno in tutto il resto del mondo. Si sa, gli ambrosiani hanno sempre voluto fare di testa propria; tanto per dire, ieri non era il mercoledì delle Ceneri, che di per sé non esiste nemmeno visto che l’imposizione delle ceneri è il primo lunedì di Quaresima.
Non è che questo nuovo lezionario abbia suscitato chissà quali entusiasmi, almeno a quanto ho sentito io; ma non mi aspettavo che il mormorio arrivasse fino a gente come il cardinale Biffi, come ho scoperto leggendo Sandro Magister. Io sono fatto strano, ma mi diverto più a leggere di queste diatribe piuttosto che le beghe meschine sul caso Boffo…
(il mio giudizio da assolutamente non addetto ai lavori: mi è sembrato che la chiesa milanese abbia voluto rimarcare la diversità con Roma e le sue origini più legate alle chiese orientali, ma che abbiano voluto strafare)

Ultimo aggiornamento: 2010-02-18 08:00

Forse Dio non c’è, ma non lo si può dire

A quanto pare, anche l’ultimo tentativo di campagna pubblicitaria dell’UAAR sulle fiancate degli autobus è saltato. La frase, “La buona notizia è che anche Zeus non esiste. Quella cattiva, è che solo di Zeus puoi dirlo”, sembra che andasse bene; ma la “firma” no. Per la cronaca, il messaggio era siglato “uaar.it – Liberi di non credere in Dio”.
A me la frase scelta per la campagna (e che ricordo non è la traduzione di quella apparsa nel Regno Unito) non è che piaccia, però è preoccupante che qualcuno – chiunque sia stato – possa obiettare sul testo “Liberi di non credere in Dio”. La logica conseguenza è infatto che questa libertà non esiste, o a essere molto buoni deve essere tenuta assolutamente nascosta. D’accordo, come cattolico potrei citare Giovanni 8, 31-32 («Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi») ai quali un ateo potrebbe ribattere con Amos 4,10 («Essi odiano chi ammonisce alla porta e hanno in abominio chi parla secondo verità.»); molto più banalmente trovo che non bisogna aver paura di quello che uno afferma, ma solo di quello che uno ti costringe ad affermare.

Ultimo aggiornamento: 2009-05-18 11:58

Bagnasco e il non diritto alla morte

Ho letto l’intervista rilasciata dal cardinal Angelo Bagnasco, e mi è venuto ancora di più il sospetto che la strategia comunicativa della chiesa cattolica stia subendo un’involuzione piuttosto pesante, o detto in altro modo “non sono più capaci a parlare”. Ricordo che Bagnasco è il capo della Conferenza Episcopale Italiana, non un prete peon qualunque.
Per sicurezza sono andato a leggere il testo ufficiale della sua prolusione, o almeno quello che in questo momento è disponibile su Avvenire che è il quotidiano della CEI. Io ad esempio trovo buffo che Bagnasco affermi «vorremmo anche dire – sommessamente ma con energia − che non accetteremo che il Papa, sui media o altrove, venga irriso o offeso» e non gli venga neppure in mente di citare il Discorso della Montagna, che è una delle poche pagine evangeliche note anche a chi cristiano non è… come la maggior parte degli italiani, del resto. È anche interessante notare come la parte più propriamente legata alla vita pastorale e alla situazione delle chiese locali italiane sia compressa nell’ultimo terzo della prolusione, quasi come se fosse una noiosa incombenza da dover comunque aggiungere.
Il punto che però mi ha più preoccupato è il lungo brano in cui ha spiegato come il caso Englaro sia stato «una operazione tesa ad affermare un “diritto” di libertà inedito quanto raccapricciante, il diritto a morire, cioè a darsi e a dare la morte in talune situazioni da definire.». Beh, immagino che un generale di corpo d’armata quale è Bagnasco ne sappia abbastanza, di diritto alla morte… ma a parte le battute io ho trovato un vizio di base nel ragionamento fatto.
Tutta la lunga premessa di Bagnasco sulle due diverse concezioni di libertà è in effetti assolutamente condivisibile, e personalmente mi sembra giusto che la Chiesa cattolica affermi con forza la sua concezione di libertà. Quello che però non vedo è il nesso logico che porta Bagnasco a negare che qualcuno possa avere una concezione diversa di libertà in un caso che non tocca nessun altro, e che appunto questo caso possa portare all’eutanasia. Un conto è deplorare la “nichilista libertà”, o far notare che io non posso avere la libertà di sparare al primo che mi capita sotto tiro; un altro conto è dire che io faccio male a tutti se io mi ammazzo. Io ho sermpre ritenuto il suicidio una sconfitta estrema, ma come ho già scritto non mi sognerei mai di vietarlo: potrei solo fare tutto il possibile per cercare di convincere l’aspirante suicida a evitare di ammazzarsi. Tutto questo, oltre a non essere di nuovo evangelico (il padre del figliol prodigo mica va a cercarlo in giro… aspetta che sia lui a ritornare) è anche controproducente, perché è un approccio che porta molti meno consensi che dire ad esempio che la volontà di Eluana Englaro non era effettivamente comprovata.
Ecco: quando un discorso come quello di Bagnasco non tocca né la testa né la pancia della gente, mi sa che c’è qualcosa che non funziona nella strategia comunicativa.

Ultimo aggiornamento: 2009-03-23 22:21

Tradurre può fare male

Leggo da Language Log che nel “liberato” Afghanistan un tribunale ha condannato a vent’anni di reclusione Ahmad Ghaws Zalmai e Mushtaq Ahmad. La loro colpa? Il primo ha tradotto il Corano in lingua Dari, e l’altro ha approvato la traduzione. Lo stampatore del libro ha avuto una condanna a “soli” 15 mesi.
Secondo Bill Poser di Language Log, il problema non era che la traduzione introducesse delle eresie nel testo, ma era proprio nel manico: visto che il Corano è stato dettato da Allah a Maometto direttamente in arabo, tradurlo in un’altra lingua significa e chiamarlo “Corano” significa compiere un sacrilegio.
So che qualcuno mi dirà che fino a quarant’anni fa la chiesa cattolica continuava a dire la messa in latino; ma le traduzioni cattoliche della Bibbia c’erano eccome, come si può facilmente vedere. So anche che non tutti gli islamici sono così (quantunque il giudice abbia affermato che la pena di morte richiesta dall’accusa sarebbe stata fattibile…). Però la cosa mi preccupa lo stesso tanto.

Ultimo aggiornamento: 2009-02-16 12:42

La politica di B16

Lasciate perdere la cordiale telefonata tra Angela Merkel e Benedetto XVI. Queste sono i soliti teatrini ad uso del pubblico leggente, un po’ come la lettera di Obama a Veltroni (anche personalizzabile!)
Io preferisco notare questo e questo. Detto in altro modo i lefebvriani, pur di incassare il loro risultato politico-religioso che è quello di minare dall’interno i risultati del Vaticano II – non ho letto da nessuna parte una ritrattazione delle dichiarazioni “il Concilio? è un’eresia” – preferiscono cogliere al balzo una vicenda drammatica ma tangente rispetto agli ordinamenti, per spostare l’attenzione su cosa si sta davvero facendo.
Ogni somiglianza su quello che avviene dall’altra sponda del Tevere è probabilmente casuale.

Ultimo aggiornamento: 2009-02-09 10:54

ll Papa e il negazionismo

A quanto pare, la comunità lefebvriana ha chiesto scusa per le affermazioni negazioneste del vescovo Williamson, di cui parecchio si èparlato in questi giorni. Tutto a posto, allora? Per nulla. Provo a separare per quanto possibile l’aspetto religioso da quello politico, anche se la cosa non è mai facile.
Che il papa tolga la scomunica ai vescovi lefebvriani, è una scelta assolutamente interna: chi cattolico non è ha tutti i diritti di dire che è un simbolo di restaurazione – esattamente come gli esponenti cattolici hanno tutti i diritti di protestare contro le leggi da loro ritenute non etiche – ma non ha alcun diritto di pretendere di dettare lui l’agenda – esattamente come, ecc. ecc. Anche nella base cattolica ci sono dei malumori, se è per questo. Che la scomunica sia stata tolta il 24 gennaio, tre giorni prima della Giornata della Memoria, per me è stato solo un caso: alzi la mano che sapeva di Williamson prima della scorsa settimana.
È abbastanza normale, e “politico” se volete, che a questo punto si sia tirato fuori tutta la storia del negazionismo di Williamson. Nota a margine: mi sono sempre chiesto come i negazionisti spieghino la mancanza di vari milioni di ebrei zingari e via discorrendo che c’erano prima della seconda guerra mondiale, non sono andati in guerra, e poi non ci sono più stati. Hanno forse messo barba e baffi finti e sono andati a conquistare il mondo? Fine della nota. Ad ogni modo, c’era un occasione assolutamente naturale per parlare, ed era appunto la Giornata della Memoria. Benedetto XVI non avrebbe nemmeno dovuto limitarsi a parlare degli ebrei; nei campi di concentramento sono stati gassati anche dei preti, sia pure in piccolissimi numeri. Né avrebbe dovuto fare il nome di Williamson, del resto, secondo il classico principio de minimis non cura. In pratica, gli sarebbe bastato fare un discorso tecnicamente pastorale, ma con un chiaro significato sulla posizione della Chiesa Cattolica, che se permettete mi sembra parecchio più importante di quella di un singolo vescovo nemmeno in posizioni di responsabilità. Tutto questo, ribadisco, dalla bocca del papa, e non da una fonte pur autorevole come l’Osservatore Romano: è un problema di comunicazione. Invece, niente. Silenzio nella migliore delle ipotesi, forti spinte ai lefebvriani perché parlassero loro – e ancora una volta, di una piccola comunità ex-scismatica quanto volete che importi? – in quello peggiore. E queste sono posizioni politiche, non religiose.
Aggiornamento: (29 gennaio) Mentre stavo scrivendo il mio pippone, B16 ci stava già pensando. Bene.

Ultimo aggiornamento: 2009-01-28 16:30

Qua si ritraduce

Si sa che a Milano ci si muove sempre per tempo: così, con due settimane di anticipo rispetto al resto del mondo cattolico, per il rito ambrosiano oggi è iniziato l’Avvento. Poi si sa anche che a Milano devono far sapere che loro con Roma non c’entrano molto: così hanno approfittato dell’inizio dell’anno liturgico per introdurre il nuovo Lezionario, cioè il librone con le varie letture da fare durante la messa (che non sono più Prima Lettura e Seconda Lettura, ma Lettura ed Epistola). Non sono un esperto di liturgia: mi è stato detto che le modifiche recuperano usi molto antichi, di prima dello scisma con gli ortodossi (sempre per la storia “noi sì che siamo bravi”, ma se ne volete sapere di più non chiedete a me. Posso solo dirvi che il sabato sera adesso non si fa più penitenza dei peccati, ma si ricorda la Pasqua.
Quello di cui volevo parlare era la modifica al testo del Padre Nostro. Non so se sia una cosa locale o globale: so che qualche tempo fa se ne parlava, ma non mi sono curato più di tanto della cosa. Le modifiche sono due, entrambe nella seconda parte della preghiera. La prima consiste nell’aggiunta di una parola: E rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. Nulla da eccepire, visto che il latino ha “sicut et nos dimittimus”, e quell'”et” è una congiunzione avversativa. Quello che non mi torna è la seconda parte: “et ne nos inducas in tentationem” è diventato “e non ci abbandonare alla tentazione“. Non so il greco, quindi mi devo limitare al latino; ma “induco, is” a me continua a rimandare il concetto di “condurre verso”. Al limite avrei visto bene qualcosa tipo “non lasciarci andare verso la tentazione”, ma nulla di più. Mi sa che come teologo non verrei promosso.

Ultimo aggiornamento: 2008-11-16 17:16

buon bimillenario, san Paolo

il 29 giugno – lo sanno bene i romani e lo sapevano in tanti fino a che il giorno festivo non è stato soppresso – si festeggiano i santi Pietro e Paolo. Non che siano morti in questo giorno, e quasi sicuramente non sono morti nello stesso giorno: d’altra parte, non è che andassero così d’accordo, come da loro patronato.
La tradizione, però, dice che san Paolo è nato nell’8 d.C., e oggi è una data meglio di tante altre per fargli gli auguri di buon anniversario.
Anche il papa vuole bene a san Paolo, tanto che ha indetto l’anno paolino che è iniziato ieri sera, secondo le buone abitudini cattoliche. A parte il sito ufficiale, vi segnalo lettere paoline, sito che secondo i promotori «intende dunque porsi come luogo di divulgazione critica, di dibattito e di approfondimento: nel rispetto di un giusto bilanciamento tra esigenze divulgative e possibilità di riflessione specialistica.» Mah, mi sembra un’occasione persa per l’ecumenismo, considerando che i titolari della conoscenza paolina sono i protestanti in genere e i luterani in particolare…

Ultimo aggiornamento: 2008-06-29 20:22