Ho letto l’intervista rilasciata dal cardinal Angelo Bagnasco, e mi è venuto ancora di più il sospetto che la strategia comunicativa della chiesa cattolica stia subendo un’involuzione piuttosto pesante, o detto in altro modo “non sono più capaci a parlare”. Ricordo che Bagnasco è il capo della Conferenza Episcopale Italiana, non un prete peon qualunque.
Per sicurezza sono andato a leggere il testo ufficiale della sua prolusione, o almeno quello che in questo momento è disponibile su Avvenire che è il quotidiano della CEI. Io ad esempio trovo buffo che Bagnasco affermi «vorremmo anche dire sommessamente ma con energia − che non accetteremo che il Papa, sui media o altrove, venga irriso o offeso» e non gli venga neppure in mente di citare il Discorso della Montagna, che è una delle poche pagine evangeliche note anche a chi cristiano non è… come la maggior parte degli italiani, del resto. È anche interessante notare come la parte più propriamente legata alla vita pastorale e alla situazione delle chiese locali italiane sia compressa nell’ultimo terzo della prolusione, quasi come se fosse una noiosa incombenza da dover comunque aggiungere.
Il punto che però mi ha più preoccupato è il lungo brano in cui ha spiegato come il caso Englaro sia stato «una operazione tesa ad affermare un “diritto” di libertà inedito quanto raccapricciante, il diritto a morire, cioè a darsi e a dare la morte in talune situazioni da definire.». Beh, immagino che un generale di corpo d’armata quale è Bagnasco ne sappia abbastanza, di diritto alla morte… ma a parte le battute io ho trovato un vizio di base nel ragionamento fatto.
Tutta la lunga premessa di Bagnasco sulle due diverse concezioni di libertà è in effetti assolutamente condivisibile, e personalmente mi sembra giusto che la Chiesa cattolica affermi con forza la sua concezione di libertà. Quello che però non vedo è il nesso logico che porta Bagnasco a negare che qualcuno possa avere una concezione diversa di libertà in un caso che non tocca nessun altro, e che appunto questo caso possa portare all’eutanasia. Un conto è deplorare la “nichilista libertà”, o far notare che io non posso avere la libertà di sparare al primo che mi capita sotto tiro; un altro conto è dire che io faccio male a tutti se io mi ammazzo. Io ho sermpre ritenuto il suicidio una sconfitta estrema, ma come ho già scritto non mi sognerei mai di vietarlo: potrei solo fare tutto il possibile per cercare di convincere l’aspirante suicida a evitare di ammazzarsi. Tutto questo, oltre a non essere di nuovo evangelico (il padre del figliol prodigo mica va a cercarlo in giro… aspetta che sia lui a ritornare) è anche controproducente, perché è un approccio che porta molti meno consensi che dire ad esempio che la volontà di Eluana Englaro non era effettivamente comprovata.
Ecco: quando un discorso come quello di Bagnasco non tocca né la testa né la pancia della gente, mi sa che c’è qualcosa che non funziona nella strategia comunicativa.
Ultimo aggiornamento: 2009-03-23 22:21