Archivi categoria: rec-2004

_Dopo mezzanotte_ (film)

Sabato Anna mi ha gentilmente fatto notare che sarebbe stato simpatico che io andassi al cinema con lei e altri due amici nostri. Io ho doverosamente acconsentito, ma mi sono riservato il diritto di scegliere il film, e mi sono deciso per questo, dato che almeno potevo vedermi un po’ Torino almeno in pellicola, anzi in digitale.
Il risultato è stato una piacevole sorpresa. Il film non è nulla di eccezionale, ma è comunque carino anche prescindendo dalle immagini torinesi. L’interpretazione di Giorgio Pasotti nella parte di Martino, custode della Mole Antonelliana, è ottima, fa delle facce semplicemente favolose; sugli altri si vede probabilmente una minor abitudine alla recitazione soprattutto negli accenti. L’Angelo (Fabio Troiano) sembra essere marchigiano/umbro, il che alla Falchera non è una cosa comune; Amanda (Francesca Inaudi) è un po’ schizofrenica. Ha delle belle tette, però :-) La storia non la racconto per ovvie ragioni, ma è un po’ sognante e un po’ retrò, aiutata dalla voce di Silvio Orlando come narratore.
Due note negative: il riferimento al nostro presidente del consiglio alla fine, che non c’entra nulla col film – e non ditemi che è perché si parla della gioventù scapestrata di oggi; e il 63 non arriva alla Falchera, ma a Mirafiori Sud.
State invece attenti a quando nella colonna sonora (molto bella) appare per la seconda volta Ricominciamo

Ultimo aggiornamento: 2016-10-29 18:59

Storia degli ebrei

Altro libro scritto da un rabbino e che parla degli ebrei, come Celebrazione talmudica. Il libro (Chaim Potok, Storia degli ebrei, Garzanti 2003, 595 pagine, 25 €, ISBN 8811597420) è in un certo senso una storia del mondo vista dal punto di vista degli ebrei, e si può dividere in tre parti: quella corrispondente al periodo biblico, il tempo del talmud (fino diciamo al basso medioevo), e l’epoca moderna. La prima parte è semplicemente favolosa: da un lato Potok fa le pulci al testo storico biblico, dicendo ad esempio che l’estensore ha volutamente invertito l’offerta di Salomone di alcune città nel territorio ebreo a Tiro. Dall’altra vedi un amore per quel popolo prescelto e per il suo Dio che “è lì”. Un bellissimo sguardo sulla storia mondiale. Nella seconda parte si sente una vena polemica, curiosamente minore verso gli arabi e maggiore verso il periodo ellenistico. Dire che da Alessandro Magno in poi l’unico prodotto valido ellenista sia Tolomeo mi pare esagerato. Anche qui interessante vedere la storia dell’inizio del cristianesimo, e soprattutto di Paolo di Tarso, vista “dall’altra parte”. La terza parte è soprattutto un insieme di spot su varie figure ebree europee. Viene volontariamente lasciato da parte il ‘900, e non posso dargli torto.
In complessiva, un libro storico che si legge come un romanzo, e non è poco. Per i completisti, il titolo originale è “Wanderings. Chaim Potok’s History of the Jews” e i traduttori sono Maria Luisa Sgargetta e Piero Stefani.

Ultimo aggiornamento: 2019-12-22 22:19

_Le ferrovie_ (libro)

L’autore non ha problemi ad ammettere di essere cresciuto in mezzo ai treni. Io posso solo dire che – come tantissimi bambini – venivo portato da piccolo a vedere passare i treni e che l’amore per i binari mi è rimasto. Questo libro (Stefano Maggi, Le ferrovie, Il Mulino 2003, 260 pagine, 12.50 € ISBN 8815093893) racconta la storia delle ferrovie in Italia, dai primi tratti preunitari allo sviluppo tra il 1870 e il 1940, con le successive scelte penalizzanti per sostenere la crescita delle strade. Il dopoguerra, e soprattutto gli ultimi quindici anni, sono forse un po’ troppo tirati: peccato, perché attraverso la storia delle ferrovie Maggi fa vedere uno spaccato della vita italiana negli ultimi centocinquanta anni.
Mi sarebbe anche piaciuto che il libro contenesse più cartine, per vedere lo sviluppo – e l’inviluppo – della rete e quindi cosa ha comportato la scelta di eliminare i rami secchi; ma nel complesso la lettura è più che godibile.

Ultimo aggiornamento: 2004-04-17 12:41

Celebrazione talmudica (libro)

Elie Wiesel è stato premio Nobel per la pace nel 1986. È anche stato deportato a Buchenwald durante la seconda guerra mondiale. Ma quello che è più importante in questo contesto è che Wiesel è un rabbino. Questo libro (Celebrazione talmudica – ritratti e leggende, Lulav, 504 pagine, ISBN 88-87848-30-0, 18.60 €, http://www.lulav.it/) non parla del Talmud, ma dei maestri in esso citati, che hanno tutti contribuito a formare il corpo di norme in esso contenuto. Soprattutto traspaiono due cose: l’amore di Wiesel per il Talmud inteso non tanto come libro ma come modo per avvicinarsi a Dio, e una comprensione migliore del motivo per cui gli ebrei sono noti per trovare sempre delle scappatoie a leggi e regolamenti. In realtà la Torah per loro è fissata, ma è compito dell’uomo riuscire a capire cosa YHWH voleva davvero dirci. Gli studiosi insomma non fanno semplicemente accademia, ma bensì la volontà divina.

Ultimo aggiornamento: 2004-04-09 11:09

Quando i numeri ingannano

L’idea di base era ottima: riuscire a dimostrare anche a chi non ha studiato statistica che le probabilità assegnate ad alcuni eventi non sono affatto quelle che si pensa. Anche gli esempi sono scelti in maniera da interessare: vedere come al processo contro O.J.Simpson l’avvocato difensore è riuscito a girare le carte in tavola e convincere la giuria che la probabilità che il suo cliente fosse un assassino fosse molto più bassa della realtà; oppure calcolare come essere positivi a un test antiaids non significa poi molto se non si appartiene a un gruppo a rischio.
Però Quando i numeri ingannano (Gerd Gigerenzer, Cortina, 352 pagine, ISBN 88-7078-843-1, 25.50 €) è stato almeno per me una delusione. Non so se è perché i concetti io almeno in teoria li conosco, oppure perché il libro è troppo ripetitivo e io mi annoio in fretta. Ma garantisco che lo stesso materiale io l’avrei condensato in duecento pagine.

Ultimo aggiornamento: 2004-04-01 17:57

_Incontri con la sfinge_ (libro)

Dev’essere dura, sentirsi confondere con il proprio padre. Del resto, generazioni di cruciverbisti si sono scontrati con la pagina quarantuno della Settimana Enigmistica e il cruciverba di “P. Bartezzaghi”. (Oggi la pagina quarantuno è feudo di A. Bartezzaghi, che sarebbe il figlio di Piero e il fratello di Stefano)
È un peccato, perché Stefano Bartezzaghi merita indubbiamente di essere conosciuto per quello che fa lui: oltre che tenere la rubrica di giochi attualmente su Repubblica (Lessico e Nuvole), ha scritto vari libri sull’argomento tra cui il recentissimo Incontri con la sfinge (“Nuove lezioni di enigmistica”, Einaudi Saggi 2004, X-235 pagine, 18€, ISBN 88-06-16776-6), nato dalle Lezioni Magistrali che ha tenuto l’anno scorso all’Università di Bologna.
Il libro narra la storia di alcuni dei giochi di base dell’enigmistica, come l’anagramma, la sciarada, il rebus. Mi pare che questo tipo di approccio, rispetto a quello più didascalico del suo precedente Lezioni di enigmistica, permette al libro di essere pienamente godibile anche da chi non è un fanatico dei giochi con le parole: lo consiglio insomma come piacevole lettura. Certo che costasse qualche euro in meno…

Ultimo aggiornamento: 2004-03-28 20:11

Vecchi tempi (teatro)

Harold Pinter, oltre che essere stato un marito di Marylin Monroe, è un famoso drammaturgo del ‘900. Il mio problema è che non riesco a capirlo.
Prendiamo questa Vecchi tempi che ci siamo visti ieri. Pièce del 1971, breve (un’ora e in quarto, atto unico in due scene), e con tre soli attori. Che attori, intendiamoci: Umberto Orsini, Greta Scacchi e Valentina Sperlì. L’interpretazione è indubbiamente stata di prim’ordine. Però io sarò gnugnu ma la storia mica l’ho capita… Sì, c’è questa coppia (Deeley e Kate) nella loro villa nella campagna inglese che riceve la visita di un’amica di lei (Anna), che non vedeva da vent’anni; seguono una serie di dialoghi tra i tre, con lui che scopre di avere conosciuto la donna in quel periodo, una gelosia neanche troppo latente tra Deeley e Anna che vogliono entrambi Kate, che alla fine si mostra non realmente interessata a nessuno. Ma saranno veri i ricordi che ognuno inserisce nella storia, o sono solo dei sogni di ciascuno? E cosa significano le scene filmate che appaiono sui pannelli ai lati, che a volte sembrano degli anni ’50, altre volte sono gli stessi attori ma non ripresi al momento? Urge insomma una spiegazione più completa.
Ah, Greta Scacchi è stonata forte.

Ultimo aggiornamento: 2004-03-28 20:02

castello di Lardirago

Essendochè oggi c’è la giornata del FAI, abbiamo deciso di andare a vedere uno dei monumenti aperti solo oggi, e per la precisione il castello di Lardirago, vicino a Pavia. Così oggi pomeriggio io, Anna e i suoi ci siamo messi in macchina e ci siamo lanciati per la bassa pavese.
Il navigatore ci ha sicuramente aiutato a non perderci, ma non ci aveva preavvisato dei nomi dei paesini nel percorso, assolutamente esilaranti: non parlo di Vidigulfo, che è un bellissimo nome longobardo, ma piuttosto delle località Grugnetto e Grugnettino… Io devo comunque tacere, visto che continuo a chiamare il paese “Langhirano” pensando evidentemente al prosciutto.
Arrivati al paese, non abbiamo ovviamente avuto problemi nello scoprire dove stava il castello, che svettava tranquillo e beato. C’è una diatriba irrisolta tra me e Anna: il castello sorge sopra l’unico cocuzzolo in un raggio di dieci chilometri. Forse sono cinque metri di altezza, volete mettere? E’ chiaro che il castello è stato fatto là perché il cocuzzolo era là, ma io affermo che per caso lì c’era un po’ di terra in più, mentre la mia gentil consorte ritiene che ce l’abbiano portata loro la terra: al limite c’era qualche campo neolitico e i medievali hanno semplicemente alzato un po’ il cumulo che c’era. Se qualcuno tra i miei lettori ha la soluzione del quesito, me lo comunichi.
Abbiamo anche visto una coda di gente che non finiva più, anche se il tipo del FAI garantiva – ed effettivamente è stato così – che in mezz’ora saremmo riusciti ad entrare. Dopo questa simpatica attesa siamo così arrivati nella parte compresa tra i due edifici che formano il castello, dove ci siamo comprati due t-shirt marchiate FAI (10 euro cadauna) e finalmente siamo entrati nel castello vero e proprio, con le “aspiranti ciceroni”, due ragazzine della locale scuola media, che ci hanno raccontato i risultati della loro ricerca. Ad essere sincero, ho preferito i disegni che hanno fatto, che purtroppo rimanevano un po’ negletti, senza nessuno che li segnalasse.
La gentile signorina che ci ha fatto da guida era carina, ma aveva un piccolo problema di base: spiegava le cose come a un seminario di storia dell’arte. Tutti voi potete immaginare cosa sia una monofora multilobata, vero? Ecco. Magari ci si può arrivare, se si ha studiato: ma non mi pare esattamente questo lo scopo delle giornate FAI.
Ad ogni modo, il castello è molto bello, anche se prima che riusciranno a finire i lavori di ristrutturazione – tra l’altro strutturale, quindi anche necessari – ce ne vorrà di tempo. I vari rimaneggiamenti, con archi murati o tagliati per fare nuove finestre, danno un’aria favolosa al complesso. Anche il passaggio elicoidale interno, che non è una scala perché è stato studiato in modo da far salire le bestie da soma, è molto carino. Gli affreschi che sono rimasti, invece, non ci hanno detto molto: nulla di eccezionale, insomma.
Il più grosso peccato è che il castello non sarà comunque visitabile nemmeno quando restaurato. I proprietari, il collegio Ghislieri di Pavia, ne faranno infatti un “centro di eccellenza per tenere master”, o almeno è quello che ci hanno detto.

Ultimo aggiornamento: 2004-03-21 20:02