Avete presente le diatribe sul riscaldamento globale, con tanti scienziati che negavano (e alcuni che negano ancora oggi) che gli eventi che si trovano davanti ai nostri occhi abbiano correlazione alcuna con l’aumento della temperatura del pianeta causato dalle nostre emissioni? Ecco: in questo libro (Antonio Zoppetti, Diciamolo in italiano : Gli abusi dell’inglese nel lessico dell’italia e incolla, Hoepli 2017, pag. 216, € 17,90, ISBN 9788820380335) Zoppetti mostra come l’ingresso degli anglismi nella lingua italiana stia seguendo lo stesso percorso, con un effetto valanga che è nato sottotraccia, addirittura minimizzato da illustri italianisti come Tullio De Mauro, ma è arrivato a un punto tale che potrebbe persino essere troppo tardi per evitare danni irreparabili non solo al lessico ma anche alla struttura stessa dell’italiano. Zoppetti lavora nel campo della linguistica computazionale da un quarto di secolo; io lo conosco dai primi anni zero quando ho collaborato al suo progetto di Esercizi di stile web. Qui difende la sua tesi non solo con una grande quantità di dati numerici – ngrams di Google è uno strumento utilissimo – ma anche mostrando come le metodologie usate di solito per valutare il peso degli anglismi siano intrinsecamente biased (ehm, scusate… “distorte”) e quindi non colgano la vera portata della trasformazione della nostra lingua.
Io sono più dell’idea che più che lottare contro gli anglismi dovremmo fare una campagna più generale contro la pigrizia che ci porta a usare sempre i soliti ritriti termini; che il lessico tenda sempre più a usare parole inglesi mi pare un corollario più che un teorema. Ma il problema in un modo o nell’altro resta: speriamo di non ritrovarci a discutere de L’Innominato Wedding Planner for Renzo & Lucia, by Alex A. Manzoni, oppure de Il passero single by James G. Leopardi, come da esempi iniziale e finale del testo!