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_Manuale di primo soccorso per attori e aspiranti attori_ (libro)

La lunghezza del titolo è inversamente proporzionale a quella del testo (Paolo Asso, Manuale di primo soccorso per attori e aspiranti attori, Dino Audino, 2003, pag. 144, € 9.50). Il libro dovrebbe spiegare per così dire i trucchi per sopravvivere come attori: non i “trucchi del mestiere”, ma le cose di supporto che permettono di esercitarsi e sopravvivere nel cinico mondo del teatro.
Sarà, ma io sono rimasto piuttosto deluso dalla lettura. È indubbio che ho un punto di partenza completamente diverso, arrivando dall’improvvisazione teatrale, e quindi faccio anche esercizi diversi; ma speravo di trovare qualcosa di diverso da una serie di storielle su come chi gestisce una compagnia non ne capisca assolutamente nulla, e quindi occorra fare da noi, e via discorrendo. Per correttezza, vengono in effetti proposti vari esercizi, ma bisogna cercarseli con il lanternino e tirarli fuori; fortuna che come dicevo non è che il testo sia così ampio. Ma per me il tono discorsivo e la parola “manuale” non vanno troppo d’accordo…
L’unica cosa che ho imparato è la differenza tra il metodo Stanislawski e quello brechtiano: meglio che nulla, ma comunque poco.

Ultimo aggiornamento: 2004-06-04 12:02

Viktoria Mullova e Il Giardino Armonico (concerto)

Una decina di giorni fa Anna mi fa “guarda, c’è questa famosissima violinista che suona al conservatorio! Andiamo?” Non che io l’abbia mai sentita nominare, ma come dirle di no? Così mercoledì sera eravamo in coda (corta) alla biglietteria per prenderci i nostri due biglietti. Anna era stata molto attenta a non dirmi che il mercoledi precente ci sarebbe stato un altro concerto della Mullova, incentrato però su Bach. A lei il Giovanni Seb. non piace.
I biglietti non sono esattamente economici: venticinque euro. E anche gli eventuali ridotti sono a 20 euro. Nulla da stupirsi pertanto che nella sala un dieci per cento buono dei milleseicento posti fosse vuoto, e soprattutto che l’età tipica dei melomani andasse dai sessanta in su, salvo qualche ragazzotto probabilmente studente al conservatorio stesso. Il programma vedeva la Mullova suonare con Il Giardino Armonico, nome che a differenza di quello della solista mi diceva qualcosa: il repertorio era sempre barocco, con un concerto grosso di Händel, un concerto di Sammartini e ben quattro di Vivaldi. La mancanza di un programma di sala e la mia memoria non più ferrea come un tempo ci ha fato prendere una bella tampa, quando ci chiedevamo chi fosse la Mullova. È vero che eravamo apollaiati in cima e si vedeva tutto piccolo, ma ci siamo rimasti male quando abbiamo scoperto che all’inizio semplicemente non c’era. Dire che ce lo potevamo aspettare, visto il solito balletto “gruppo entra, applauso; maestro entra, applauso; pezzo suonato, applauso; mestro esce, applauso; maestro rientra, applauso; solista entra, applauso“.
La descrizione della Viktoria: braccia rubate alla palestra, come faceva notare Anna. Muscoli ben scolpiti, che non tolgono nulla alla sua abilità virtuosistica, ma non sono neppure un sottoprodotto delle ore di studio. Il direttore d’orchestra Giovanni Antonini è invece uno di quelli che ama apparire sempre: per il concerto di Sammartini ha tirato fuori un flauto – a me sembrava un piccolo: indubbiamente era diritto e non traverso – e si è messo a dirigere mentre suonava. Non che quelli del Giardino Armonico avessero bisogno di un direttore d’orchestra: uno dei concerti di Vivaldi, quello col liuto solista (menzione particolare a questo concerto RV.93 in re maggiore, davvero bello!), se lo sono gestiti autonomamente e senza alcuna sbavatura.
Vengo alle note di colore, che tanto sono le uniche che vi interessano. Tra i vari movimenti c’era sempre una serie di scatarrate che nemmeno in pieno inverno, si vede che non ci sono più le stagioni di una volta. L’unico momento in cui hanno applaudito fuori tempo è stato dopo il primo movimento del Grosso Mogul, il concerto in re maggiore RV.208 di Vivaldi; la prontezza degli zittii è confrontabile con quella delle strombazzate di clacson quando il semaforo scatta al verde. Invece Anna è rimasta esterrefatta di vedere parecchia gente alzarsi alla fine dello spettacolo, per non dire di quelli che si sono fiondati giù dopo il primo bis e si sono poi visti prendere qualche posto a caso per il secondo. A suo parere, non è corretto – ha usato termini più pesanti, a dire il vero – nei confronti di chi ha suonato ed è ancora lì sul palco andarsene via in quel modo, sembra che il concerto abbia fatto loro schifo. A me sa tanto che il pensiero di questi sia “abbiamo pagato, quindi facciamo quello che ci pare”.

Ultimo aggiornamento: 2004-05-28 10:38

_Faber Amico fragile_ (disco)

Prima di recensire il disco, voglio lanciare una maledizione tripla a chi sta continuando dopo quindici anni a usare quelle custodie per CD – in questo caso anche doppi – con i dentini che si spaccano prima di acquistare il disco. Hanno creato almeno due modi diversi per fermare il disco: quello che usano per i DVD e uno più vecchio con dentini più larghi. E usateli, cribbio!
Dopo questo sfogo personale, passiamo al disco. Lo so, è uscito quattro anni fa. Ma io non sono un amante delle novità, e quindi me lo sono accattato fatto accattare [*] in questi giorni. Come per ogni tributo, uno dovrebbe partire dall’idea di vedere come i vari artisti hanno trattato il materiale a disposizione, sia come scelta (i New Trolls che fanno Signore io sono Irish e la PFM con Il Pescatore barano…) che come interpretazione. Ho notato che nei successivi ascolti certe mie impressioni sono cambiate: ho rivalutato Gino Paoli ed Eugenio Finardi, mentre la Berté mi ha rotto. In altri casi, sono stato costante: la Vanoni ha fatto Bocca di rosa in maniera banale, mentre Battiato è un grande.
Altre cose? Celentano che era riuscito a farsi fischiare scordando le parole di La guerra di Piero ha avuto il coraggio o l’incoscienza di lasciare quel pezzo prima della canzone rifatta in studio, parlandoci sopra e dicendo “hanno fatto bene a fischiarmi. Anche io avrei fatto lo stesso”. Jannacci sarà anche coautore di Via del Campo, ma io non lo sopporto quando canta così “intimista”. L’altro “gei”, Jovanotti, invece mi ha stupito. Non ha stonato!
(ah, magari non ve ne importa nulla, ma il ricavato della vendita del disco verrà destinato dalla Fondazione De Andrè a progetti di utilità sociale)
[*] Come la mia gentil signora mi fa notare nei commenti, “accattato” non è un francesismo da “acheter”, ma la risposta a una richiesta dei suoceri: “c’è qualcosa che ti piacerebbe avere per il tuo compleanno?”

Ultimo aggiornamento: 2019-10-21 13:54

_Il Grigio_ (teatro)

Certe cose bisogna confessarle. Siamo usciti alla fine del primo atto.
Non è che Fausto Russo Alesi non sia bravo, anzi. Gli è che il testo stesso non regge secondo me. La fregatura è la lentezza della storia, e il non avere nessuno tipo di stacco – a differenza del teatro canzone, non ci sono brani musicali che intervallano il monologo. Dire che lo spettacolo risale al 1988, quindi non è nemmeno così vecchio… Vabbé, non si può avere tutto.

Ultimo aggiornamento: 2004-05-09 18:52

<em>Il signor Rossi e la Costituzione</em>

“Serata di delirio organizzato”, dice la locandina. Sicuramente la biglietteria del Piccolo era in delirio disorganizzato: un quarto d’ora per riuscire a ritirare i miei biglietti (che non avevo potuto prendere la settimana scorsa perché erano già stati emessi, e probabilmente a questo punto conservati in un caveau fino a un’ora prima dello spettacolo). Almeno avevamo i posti in quinta fila, il che non è affatto male, anche un mezzo cecato come me non ha avuto problemi.
Non lasciatevi ingannare: lo spettacolo è tutto meno che improvvisato. Ho solo un dubbio: all’inizio, dopo l’introduzione di Paolo Rossi, quando è entrato il resto del cast si sono accese le luci e sono entrate una quarantina di persone, al che il comico ha detto “vabbé, facciamo un sunto dell’inizio… ma lo faccio in slavo, sennò non mi diverto” e parte appunto col grammelot slavo. Forse (forse) questo era improvvisato. Il resto no, è chiaro che il copione può modificarsi giorno per giorno ma la base è indubbiamente standard: anche le richieste di domande dal pubblico nell’intervallo sono finte (ho verificato di persona): e credo che gli articoli della Costituzione vengano sì estratti, ma da un insieme di sette-otto al massimo. Per la cronaca, ieri è uscito il 68, seguito dal 21 e dal 34: se qualcuno vuole confrontare…
Queste non sono critiche, ma semplici constatazioni. Io e Anna ci siamo scompisciati dalle risa per tutto il tempo, ben superiore alle due ore previste: il signor Rossi sarà piccino, ma ha un’energia da vendere, e una mimica eccezionale: Max Loizzi che gli fa da valletto è anche lui tosto, e non è facile fare da spalla a un mattatore: i musicisti oltre a suonare bene hanno il loro siparietto, così come il (pseudo?) vigile del fuoco. Vale davvero la pena di vederlo, anche se non si è di sinistra :-)

Ultimo aggiornamento: 2004-05-05 12:51

Quantum Leap: Mirror’s Edge (libro)

Non ho vergogna di ammetterlo. Mi piacevano i telefilm della serie Quantum Leap, dove Scott Bakula alias Samuel Beckett aveva avuto qualche problema con il suo acceleratore temporale e finiva al posto di una serie di persone, con lo scopo di migliorare in un modo non specificato a priori le proprie vite. Al tempo avevo anche comprato alcuni dei libri della serie omonima, generalmente tratti dalle sceneggiature dei telefilm come capita anche ad esempio con Star Trek.
Questo (C.Davis, C.Davis e E.D.Reese, Mirror’s Edge, Boulevard 2000, 304 pag, ISBN 0425173518, 9.50$ almeno in teoria) è il diciottesimo e ultimo libro della serie, che tra l’altro non ha mai avuto una versione televisiva. Io me l’ero tenuto da parte per un po’, e finalmente ho trovato il tempo di leggerlo. Il risultato purtroppo è stato molto inferiore alle aspettative.
Ovviamente parto dal principio che il lettore sappia cosa si trova, come in ogni libro seriale. Le prime pagine sono troppo lente, poi la storia inizia a crescere in maniera accattivante… e si blocca. La trama si avvita per rimettere insieme tutti i cocci dei vari racconti, crea sottotrame che si perdono nel nulla, e alla fine… boh. Confesso di non essere riuscito a capire il finale, e non penso sia solamente per la mia non completa conoscenza dell’inglese.
Insomma, se vi era piaciuto QL e lo trovate su una bancarella, male non fa. Ma non vale la pena di cercarlo.

Ultimo aggiornamento: 2004-05-04 16:43

_Dopo mezzanotte_ (film)

Sabato Anna mi ha gentilmente fatto notare che sarebbe stato simpatico che io andassi al cinema con lei e altri due amici nostri. Io ho doverosamente acconsentito, ma mi sono riservato il diritto di scegliere il film, e mi sono deciso per questo, dato che almeno potevo vedermi un po’ Torino almeno in pellicola, anzi in digitale.
Il risultato è stato una piacevole sorpresa. Il film non è nulla di eccezionale, ma è comunque carino anche prescindendo dalle immagini torinesi. L’interpretazione di Giorgio Pasotti nella parte di Martino, custode della Mole Antonelliana, è ottima, fa delle facce semplicemente favolose; sugli altri si vede probabilmente una minor abitudine alla recitazione soprattutto negli accenti. L’Angelo (Fabio Troiano) sembra essere marchigiano/umbro, il che alla Falchera non è una cosa comune; Amanda (Francesca Inaudi) è un po’ schizofrenica. Ha delle belle tette, però :-) La storia non la racconto per ovvie ragioni, ma è un po’ sognante e un po’ retrò, aiutata dalla voce di Silvio Orlando come narratore.
Due note negative: il riferimento al nostro presidente del consiglio alla fine, che non c’entra nulla col film – e non ditemi che è perché si parla della gioventù scapestrata di oggi; e il 63 non arriva alla Falchera, ma a Mirafiori Sud.
State invece attenti a quando nella colonna sonora (molto bella) appare per la seconda volta Ricominciamo

Ultimo aggiornamento: 2016-10-29 18:59

Storia degli ebrei

Altro libro scritto da un rabbino e che parla degli ebrei, come Celebrazione talmudica. Il libro (Chaim Potok, Storia degli ebrei, Garzanti 2003, 595 pagine, 25 €, ISBN 8811597420) è in un certo senso una storia del mondo vista dal punto di vista degli ebrei, e si può dividere in tre parti: quella corrispondente al periodo biblico, il tempo del talmud (fino diciamo al basso medioevo), e l’epoca moderna. La prima parte è semplicemente favolosa: da un lato Potok fa le pulci al testo storico biblico, dicendo ad esempio che l’estensore ha volutamente invertito l’offerta di Salomone di alcune città nel territorio ebreo a Tiro. Dall’altra vedi un amore per quel popolo prescelto e per il suo Dio che “è lì”. Un bellissimo sguardo sulla storia mondiale. Nella seconda parte si sente una vena polemica, curiosamente minore verso gli arabi e maggiore verso il periodo ellenistico. Dire che da Alessandro Magno in poi l’unico prodotto valido ellenista sia Tolomeo mi pare esagerato. Anche qui interessante vedere la storia dell’inizio del cristianesimo, e soprattutto di Paolo di Tarso, vista “dall’altra parte”. La terza parte è soprattutto un insieme di spot su varie figure ebree europee. Viene volontariamente lasciato da parte il ‘900, e non posso dargli torto.
In complessiva, un libro storico che si legge come un romanzo, e non è poco. Per i completisti, il titolo originale è “Wanderings. Chaim Potok’s History of the Jews” e i traduttori sono Maria Luisa Sgargetta e Piero Stefani.

Ultimo aggiornamento: 2019-12-22 22:19