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Nomade (teatro)

In questi giorni allo Smeraldo c’è questo spettacolo del Cirque Eloize. Il nome di “circo” non è messo a caso: anche se lo spettacolo prevede musiche e danze, il punto forte sono indubbiamente i numeri degli acrobati, che sono davvero eccezionali e fanno trascorrere abbastanza bene le due ore dello spettacolo, anche se non è esattamente il mio tipo preferito.
A margine, un paio di note sul teatro Smeraldo, visto che è la prima volta che ci andavo. Le poltrone, almeno su in balconata, sono così ravvicinate che per me è assolutamente impossibile infilarmici senza puntare le ginocchia contro il sedile davanti. Per fortuna il posto vicino al mio era sul corridoio e libero, così mi sono potuto accomodare un po’ meglio. Ma la cosa che mi ha lasciato maggiormente basito è stata lo schermo che è stato calato prima dell’inizio… per proiettare la pubblicità. È la prima volta che mi capita di vederlo in un teatro; tra l’altro lo stesso rullo è stato fatto passare durante l’intervallo…
A parte la pubblicità vera e propria, mi ha fatto sorridere l’accostamento dei trailer degli spettacoli nei teatri associati: far seguire al Rocky Horror Show quello di Forza venite gente rivela un senso dell’umorismo non banale.

Ultimo aggiornamento: 2005-11-17 11:58

_Il mio amico Maigret_ (libro)

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Non sono un grande amante dei gialli, e non avevo mai letto nulla di Maigret. Ho preso questo libro (Georges Simenon, Il mio amico Maigret [Mon ami Maigret], Adelphi – 1999 [1949], pag. 153, € 7, ISBN 88-459-1506-9, trad. Franco Salvatorelli) solo perché quest’estate sono stato in vacanza a Porquerolles, dove la vicenda è ambientata; quando Barbara mi ha fatto notare la cosa, ho pensato che poteva valerne la pena. Come giallo non so quanto valga, tanto io non riesco mai a scoprire l’assassino prima del momento topico. Devo però dire che Simenon è fantastico nelle descrizioni, aiutato direi egregiamente dal traduttore, e ti fa proprio sentire sul posto. L’altra cosa che mi ha stupito è che nonostante i quasi sessant’anni passati dalla stesura, e l’averlo scritto mentre si era trasferito in Arizona, il villaggio dell’isola è riconoscibilissimo. Le frotte di turisti non sembrano insomma avere rovinato più di tanto l’atmosfera del posto, il che è stupefacente.

Ultimo aggiornamento: 2014-04-21 16:49

_Re Lear_ (teatro)

Quest’anno in cartellone al Piccolo ci sono due allestimenti del Re Lear. Quello della sezione Festival nel prossimo maggio sarà di una compagnia di San Pietroburgo e la rappresentazione sarà appunto in russo con sovratitoli in italiano; nulla contro di loro, ma all’idea di tre ore di spettacolo in una lingua incomprensibile abbiamo pensato bene di scegliere la versione nella nostra lingua, che resterà in scena fino al 20 novembre.
Il Re Lear è secondo me una tragedia fuori da ogni contesto storico: la si potrebbe tranquillamente riproporre ambientata al giorno d’oggi senza toccare praticamente nulla. Antonio Calenda e la compagnia del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia hanno scelto una strada molto minimalista. La scenografia è praticamente nulla, con alcune basse pedane e due scranni messi e tolti più volte nel primo atto; nel secondo non ci sono nemmeno questi accessori, ma sullo sfondo rimane l’enorme tronco già visto alla fine del primo atto, che serve anche da capanna. Anche i costumi, dopo un po’ di colore all’inizio, tendono sempre più a un grigio uniforme, come per dare più forza al testo, eliminando le sirene visive per fare riflettere sul gioco di specchi tra la pazzia simulata e quella reale, e tra la verità che si nasconde e la menzogna che si alimenta di sé stessa.
Roberto Herlitzka ha un’interpretazione forse persino un filino sopra le righe: sarò io ad essere un po’ troppo pretenzioso, ma non mi ha convinto troppo la differenza tra il lessico “alto” degli altri attori – con l’eccezione del conte di Glouchester – e il suo continuo cambiare di registro. Ultima nota di colore: ieri sera eravamo in prima fila – si vede davvero tutto! – e mi trovavo unico maschio in una compagnia di sei persone. Le altre hanno espresso un notevole apprezzamento per la bellezza degli interpreti minori, tanto da scherzare chiedendosi se non si poteva ripristinare la vecchia usanza di andare nei camerini dopo lo spettacolo…

Ultimo aggiornamento: 2005-11-11 11:33

Watching the English (libro)

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Occhei, gli inglesi sono indubbiamente gente strana, Lo sappiamo tutti. Però che un’antropologa albionica decida di fare ricerche sul campo per scoprire “le regole nascoste del comportamento inglese” (come da sottotitolo) sembra un po’ esagerato. Eppure è quanto Kate Fox ha fatto in questo libro (Kate Fox, Watching the English, – Hoder 2004, pag. 424, Lst. 7.99, ISBN 0-340-75212-2). Probabilmente è colpa di un’infanzia passata dietro il padre, anch’egli antropologo ma più mainstream, e della scarsa voglia di andarsene chissà dove a cercare le tribù più sperdute, ammesso che ne esistano alcune. Parte così una ricerca che cerca di spiegare i comportamenti degli inglesi a partire da un piccolo numero di caratteristiche, al centro delle quali si trova la “dis-ease”, un gioco di parole tra “malattia” e “incapacità di sentirsi a proprio agio”. La Fox è ovviamente inglese anche lei, e quindi non può esimersi dal riempire il libro con il British humour (con la u: mica è americano!) e la necessità di giocare con le parole, oltre che fare notare in tutti i campi da lei trattati l’onnipresente presenza del concetto di classe. Forse un po’ troppo lungo, ma certamente godibile, ad ogni modo. Il guaio è che a leggere il libro mi sono sentito molto, molto britannico. Non so se sia un bene o un male.

Ultimo aggiornamento: 2005-11-10 12:15

Non dire il mio nome (libro)

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Il titolo del libro che la Autorevole Giuria di OneMoreBlog mi ha immeritatamente assegnato (Paola Presciuttini, Non dire il mio nome, Meridiano Zero – Gli Intemperanti 2004, pag. 285, € 11, ISBN 8882370844) racchiude in un certo senso la storia: la ragazzina tosco-napoletana di basso ceto vuole fuggire non solo da Rosignano Solvay e dalla famiglia, ma anche dal proprio nome, che ci verrà detto solamente all’ultima pagina. Non appena scappata di casa ancora diciassettenne lei diventerà Pedro, e troverà nonostante tutto il suo amore.
In questa terza fatica letteraria della Presciuttini, personalmente ho trovato troppo frammentata la prima parte: anche con il senno di poi, i flashback spezzettano inutilmente la storia, che invece scorre davvero velocemente nella seconda e terza parte. La caratterizzazione della protagonista è indubbiamente azzeccata, soprattutto per il punto di vista che ha su quello che capita intorno a lei. Il mondo, anzi i due mondi, che ha frequentato sono infatti descritti in maniera oserei dire asettica, senza costringere nemmeno il lettore a tranciare giudizi. Peccato che le date del suo soggiorno fiorentino non tornino; un piccolo neo di editing.

Ultimo aggiornamento: 2005-11-02 14:35

Impressioni dalla Cina (mostra)

Questa mostra fotografica alla Triennale (fino al 20 novembre; ingresso 5 euro) raccoglie un’ottantina di fotografie di James Whitlow Delano, dedicate tutte alla Cina di questi ultimi dieci anni: terra di contraddizioni oggi forse ancora maggiori di un tempo.
Lo stile di Delano è molto personale: bianco e nero molto poco luminoso (“viraggio caldo”, se si vuole parlare difficile), e un gusto del particolare spesso rubato. Come sempre quando si tratta di fotografie, io non è che ci abbia capito molto; devo però dire che mi hanno colpito le espressioni delle persone colte dallo scatto. È difficile che sorridano: hanno quasi un viso per così dire rassegnato, quasi non possano aspettarsi nulla di diverso. Sullo sfondo poi si possono notare le differenze tra le immagini della Cina di una volta e i grattacieli postmoderni: come raccontano le didascalie della mostra, “La Cina sarà sempre diversa dall’Occidente, ma lo sarà sempre di meno”.

Ultimo aggiornamento: 2005-10-30 17:57

Grazie (teatro)

Claudio Bisio ha portato in teatro (oggi l’ultima rappresentazione al Piccolo) la prima volta di Pennac come autore teatrale. L’opera è del 2004, quindi molto recente: è un monologo di un’ora e venti dove un uomo, che ha ricevuto un non meglio identificato premio alla carriera, si mette a discutere con sé e con il (virtuale) pubblico di quello che in realtà significa il dover ringraziare, cercando quasi di costruire una teoria filosofica del “grazie”.
Risultato? Mah. Bisio sicuramente ha sufficiente mestiere per tenere su lo spettacolo, anche se alcune gag (come quella degli applausi) sono vecchie di decenni; ma in genere quello che mi sembra convincere poco è proprio il testo di Pennac, che è troppo stiracchiato per essere qualcosa più di un buono spunto.
Il teatro era pieno nonostante la concorrenza di Milan-Juventus: è anche da dire che noi siamo entrati con dei biglietti last minute, e sono anche stati venduti degli ingressi. Insomma, un successo ma non un successone.

Ultimo aggiornamento: 2005-10-30 17:15

_Scorciatoie nello spaziotempo_ (libro)

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Questa raccolta (AA.VV., Scorciatoie nello spaziotempo [Year’s Best SF 7], – Millemondi estate 2005 (40), pag. 491, €5.10, EAN 977-1123076005) in originale si chiamava Year’s Best SF 7 e come dice il nome stesso contiene una selezione di racconti, usciti per la precisione nel 2001. Ho trovato generalmente i testi di ottima qualità, anche perché non seguono i canoni a cui siamo abituati. Una menzione particolare va a “Charlie’s Angels” di Terry Bisson, poliziesco-horror; “La misura di tutte le cose” di Richard Chwedyk, quasi lirico con questi suoi dinosauri giocattolo; “Resurezione” di Davis Morrell, con una specie di cortocircuito temporale; e “Il massimo della vita” di James Morrow, puro assurdo. Ma in genere tutto si lascia leggere con molto piacere, cosa che non sempre al giorno d’oggi capita.

Ultimo aggiornamento: 2005-10-28 15:44