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_Sotto il segno di Gödel_ (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
Il 2006 è stato il centesimo anniversario della nascita di Kurt Gödel, e ci sono naturalmente state svariate celebrazioni di quello che forse è il matematico più famoso del ‘900 per chi matematico non è. In questo libro (Gabriele Lolli, Sotto il segno di Gödel, Il Mulino – Intersezioni 2007, pag. 174, € 14, ISBN 978-88-15-12023-6) Gabriele Lolli raccoglie alcune presentazioni da lui tenute in varie conferenze, e che toccano vari punti del pensiero di Gödel. In effetti, il suo teorema di incompletezza, quello che è stato più o meno orecchiato da tutti, rappresenta solo una parte nemmeno troppo grande della sua produzione; dire come fa Lolli che Gödel sia stato il più grande logico dopo Aristotele, se non addirittura pari a lui, forse è un po’ esagerato, ma nemmeno troppo. Dopo il capitolo introduttivo si possono scoprire i suoi contributi su incompletezza, indecidibilità, teoria degli insiemi e filosofia, non solo matematica ma anche generica. Lolli racconta anche dei risultati cosmologici ottenuti da Gödel, con la scoperta di soluzioni delle equazioni della relatività generale che ammettono anelli temporali; c’è anche un capitoletto su “Gödel umorista”, ma bisogna ammettere che non è il massimo: nemmeno un matematico si mette a ridere.
Il libro pecca di una certa ridondanza, dovuta all’avere raccolto interventi indipendenti; la parte prettamente logica, inoltre, è piuttosto pesante da leggere. Nel complesso, però, questa specie di biografia sui generis è utile per avere un’idea più chiara del ruolo svolto da Gödel nello sviluppo della scienza del ventesimo secolo.

Ultimo aggiornamento: 2008-07-01 17:01

_Il club dei mestieri stravaganti_ (libro)

[copertina] Chesterton, almeno in Italia, è noto perché Renato Rascel interpretò i racconti di padre Brown, pretino cattolico (Chesterton si convertì dall’anglicanesimo e scrisse anche libri apologetici) che fa l’investigatore piuttosto a modo suo. Ma padre Brown non è l’unico investigatore creato dalla penna di Chesterton. In questo breve libro (Gilbert K. Chesterton, Il club dei mestieri stravaganti [The Club of Queer Trades], Guanda 1987, pag. 128, € 11.88, ISBN 978-88-7746-266-4, trad. Paola Mazzarelli) sono raccolti sei racconti investigativi. con protagonista Basil Grant, un ex giudice cacciato per pazzia conclamata. Basil è un omone, generalmente vestito di bianco; l’investigatore dilettante sarebbe suo fratello Rupert, ma in realtà è Basil che risolve i “casi”. Il punto è che tutti questi racconti sono delle prese in giro di Conan Doyle e del suo Sherlock Holmes. Cito da pagina 17: «Forse sono stupido… anzi, si sa che sono pazzo… ma io non ho mai potuto credere a quell’uomo… come si chiama? di quelle storie straordinarie… Sherlock Holmes. Ogni particolare indica qualche cosa, certo, ma in genere indica la cosa sbagliata.» Chesterton costruisce dei casi assolutamente assurdi, che fanno pensare a incredibili delitti e omicidi, per poi smontarli e farci vedere che non è successo nulla di illegale, ma abbiamo semplicemente incontrato qualche socio del club dei mestieri stravaganti, come l’attaccabottoni che una persona affitta per mandare incontro a uno scocciatore che non si vuole ricevere, l’agente immobiliare di case sugli alberi, o la persona che si presta a fare lo stupido avendo dato al suo cliente le battute da pronunciare perché sembri una persona brillante.
La prosa è piacevolissima e ben tradotta con quello stile ottocentesto (anche se “tennis sul prato” per “lawn tennis” me lo sarei risparmiato), e come bonus ci sono delle immagini della Londra postvittoriana che non si leggono certo nei suoi contemporanei. Una (purtroppo troppo breve) lettura consigliatissima!

Ultimo aggiornamento: 2014-06-16 21:23

Cronaca Qui (quotidiano)

Del giornale Cronaca Qui, che per soli venti centesimi ti permetterebbe di avere un “vero quotidiano”, avevo solo visto le locandine all’esterno delle edicole, e posso garantire che non mi era venuto affatto voglia di investire una cifra così grande nell’acquisto di una copia. Però ieri mattina ero al San Raffaele a fare degli esami, c’era un espositore con un po’ di copie (seconda edizione: “dedicata a Milano, Monza e Lodi”!), e ho pensato che fosse un segno divino inviatomi perché ne recensissi una copia.
A proposito di segno divino, l’articolo di fondo è del diacono di rito greco-melchita Alessandro Meluzzi, quello che magari vi ricordavate essere uno psichiatra. In effetti, le pagine 2 e 3 raccontano dello scoop del giornale, con le sue croniste che si sono finte ragazzine per vedere tutti i pedofili che rispondono, compreso l’incontro con l’ingegnere cinquantenne siciliano salito apposta a Milano (video disponibile sul sito, scrivono); e pagina 5 ha l’articolone con titolo «Stuprate “dall’uomo perfetto”». (pagina 4 contiene una pubblicità, quindi non conta). Se non l’aveste ancora capito, Cronaca Qui è un quotidiano che vuole dare emozioni forti: niente tetteeculi, quanto una sensazione diffusa di violenza cittadina, soprattutto ad opera di extracomunitari. In effetti il numero di ieri non era il massimo da questo punto di vista, dato che i pedofili erano tutti assolutamente italiani e il massimo che sono riusciti a trovare è un articolo a pagina 10 dal titolo «Via Idro, liberata dagli zingari la cascina del Settecento». In realtà, l'”uomo perfetto” di pagina 4 è un marocchino, ma visto che le due ragazze sono una marocchina e l’altra slava la “minaccia straniera” non sarebbe stata sufficientemente forte.
L’altro punto di forza del quotidiano sta nelle notizie locali, ma locali davvero. Due titoli: «Pioltello: in arrivo un nuovo ufficio postale» e «Vimodrone: da luglio c’è un nuovo pediatra». Non saprei dire se la penultima pagina, il “Corriere della pera” (www.cdpera.it) sia giornaliera oppure no; vi anticipo subito che la “satira” fa quasi apprezzare il Forattini degli ultimi quindici anni.
Continuerò a non spendere i venti centesimi giornalieri, e mi sa anche che rimarrò con un dubbio. Il giornale afferma di essere all’anno LIX di pubblicazione. Dove lo si trovava nei suoi primi cinquant’anni di vita? Aveva un altro nome? Hanno riesumato le pubblicazioni di un quotidiano del secondo dopoguerra? Il dottorvespa™ potrebbe preparare un plastico?

Ultimo aggiornamento: 2008-06-27 14:20

I ferri del mestiere (libro)

[copertina] La “Premiata ditta F&L” è nota per i suoi gialli di ambientazione torinese come La donna della domenica; ma i piemontesi li conoscono anche per la loro rubrica sulla Stampa e gli appassionati di fantascienza hanno dei sentimenti misti verso coloro che hanno sì contribuito a diffondere il verbo in Italia, ma in maniera un po’ peculiare, tanto che erano denominati “le forbici d’oro della sf italiana”. Anche se hanno sempre affermato di non voler essere altro che pennivendoli, in realtà la loro cura nella scrittura era davvero maniacale. In questa raccolta di articoli e racconti curata da Domenico Scarpa (Carlo Fruttero e Franco Lucentini, I ferri del mestiere, Einaudi Tascabili 2007, pag. X-267, €11, ISBN 9788806188368), dal sottotitolo Manuale involontario di scrittura con esercizi svolti, si possono trovare così “teoria e pratica” di come scrivere in vari generi letterari, scelti nei quarant’anni di carriera del duo. Come ogni raccolta, questa ha il difetto che contiene molta roba che probabilmente è già stata letta altrove, se come me siete dei fan della coppia; se però i nomi sono per voi sconosciuti allora il libro merita, perché nello zibaldone potete trovare sicuramente degli ottimi esempi di prosa leggera ma sempre attenta.
Menzione speciale per le lezioni del Prof. Marziano (Lucentini) che quarantacinque anni fa spiegava come si traduce un testo dall’inglese. Credo che dovrebbero essere riprese da chiunque abbia velleità di questo tipo, e voglia diventare un Cavaliere errante della letteratura

Ultimo aggiornamento: 2008-06-23 10:52

Villa Necchi Campiglio

Venerdì sera Anna e io abbiamo sfruttato la grande generosità di Telecom, che dopo avere messo non so quanti soldi come partner del restauro ha permesso a cinquecento fortunati di vincere una visita a Villa Necchi Campiglio, con tanto di volontari del FAI che ci davano dovizia di spiegazioni. La villa è in pieno centro di Milano (via Mozart, a duecento metri dalla cerchia dei Navigli), ed è un esempio quasi perfetto di razionalismo (il “quasi” lo spiego dopo). In pratica le due sorelle Gigina e Nedda Necchi e il marito di Gigina, Angelo Campiglio, avevano deciso che stare nel pavese era troppo da parvenu, e quindi si sono comprati questo terreno e hanno dato incarico a Piero Portaluppi di costruire una casa, senza limiti di budget. Portaluppi non se l’è fatto dire due volte, e dal 1932 al 1935 ha tirato su questa delizia di puro razionalismo, credo uno dei pochissimi esempi di edifici e ambienti civili rimasto in Italia. D’altra parte i Necchi Campiglio non avevano eredi, hanno sempre vissuto in quella casa (Gigina è morta nel 2001 alla bella età di 99 anni, donandola appunto al FAI), e quindi non ci sono stati interventi se non quello anni ’50 di Tomaso Buzzi che ha rocochizzato alcune stanze e cambiato la mobilia: purtroppo, dico io.
Non lasciatevi suggestionare dai fascistissimi edifici romani: il razionalismo non è affatto algido, ma sceglie semplicemente di usare forme semplici – le rette, gli archi di cerchio, nel caso di Portaluppi la losanga – per creare ambienti comodi ma belli. Ci sono soluzioni – la libreria con gli inserti in vetro per dare luce, la veranda chiusa con pannelli di alpacca e feritoie, l’ala notte con la sfilza di porte quasi tutte finte e il soffitto a botte – che si potrebbero tranquillamente spacciare per contemporanee. Le sale da bagno poi, con una doccia che è una Jacuzzi antelitteram, sono favolose Aggiungiamo poi una serie di quadri e sculture del primo ‘900 dalla collezione Gian Ferrari in prestito permanente, e capirete come la visita meriterebbe comunque i sei euro del biglietto, che vi permetterà di vedere anche la Collezione de’ Micheli nella Camera della Principessa (che venerdì era chiusa). Oltre alle visite guidate (orario 10-18 dal mercoledì alla domenica) la villa ospita anche serate tipo la nostra, come racconta il Corsera. Ultimo tocco: nel parco della villa c’è un campo da tennis, ma a quanto pare nessuno dei proprietari ci giocava. Cosa non si fa per far parte dell’alta società!

Ultimo aggiornamento: 2008-06-22 17:42

Chiove (teatro)

Eravamo un po’ in ritardo con l’abbonamento al Piccolo, e per l’ultimo spettacolo del nostro carnet siamo stati costretti a prendere al buio i posti per questo spettacolo. Direi che però siamo stati fortunati.
Chiove è l’adattamento in italiano, anzi in napoletano (mannaggia, ogni tanto mi servivano i sottotitoli!), che il regista Francesco Saponaro ha fatto dell’opera “Piove a Barcellona” del nemmeno trentacinquenne catalano Pau Mirò. Già il palco non era uno di quelli soliti del Piccolo, ma il retropalco dello Strehler, raggiunto passando per il retro – e vedendo i panni stesi che sembrava tanto di essere in un basso napoletano. Il tutto aveva un’aria di teatro sperimentale, con le lucine di cortesia riciclate da quelle che abbellivano (?) le pareti dello Strehler per il sessantesimo anniversario del Piccolo, e immagino novantanove posti a sedere (se non ricordo male, sotto i cento posti non c’è obbligo di avere vigili del fuoco e simili…).
A parte queste note di colore, lo spettacolo, molto breve visto che dura meno di un’ora, è interessante. Abbiamo Lali (Chiara Baffi) che fa la prostituta e convive col fidanzato, e forse anche magnaccia, Carlo (Giovanni Ludeno); ma ha una strana relazione con uno dei suoi clienti, il libraio Davide (Enrico Ianniello, che con la barba sta molto meglio che come si vedeva nelle foto). L’ambientazione è una casa più o meno dissestata nella zona più povera di Napoli; le varie scene si distinguono non dal luogo ma dai personaggi presenti, e il leit-motiv sono… gli aforismi dei Baci Perugina, con i nomi degli scrittori storpiati in maniera costante dai due fidanzati. Ma la storia è tutta di perdenti: anche quello che sembra avviarsi verso un lieto fine alla Pretty Woman si trasforma in un accordo tra Carlo e Davide per far sì assumere Lali come commessa della libreria di quest’ultimo, ma usandola comunque come “puttana personale”; e l’unico interesse di Carlo è contrattare il prezzo dell’assunzione “compresa di servizi”.
Gli attori sono bravi, anche se a mio parere Carlo almeno nelle prime scene esagera con i tic che dovrebbero caratterizzare il personaggio. Non è comunque facile trovarsi a recitare praticamente sempre in minivestito (Lali, ovviamente) o fare il bastardo che non ha l’aria di esserlo (Davide); il pubblico ha apprezzato molto, e come detto all’inizio confermo che l’opera è interessante, e per una volta diversa dai soliti temi teatrali, classici o moderni che siano.
Lo spettacolo resta in cartellone fino a domenica 22; probabilmente ci sono ancora biglietti Last Minute.

Ultimo aggiornamento: 2008-06-18 08:01

_Il matematico in giallo_ (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
Se siete amanti dei gialli, avrete sicuramente trovato qualche libro in cui si magnificano le doti scientifiche dell’investigatore di turno, oppure si commentano malevolmente quelle del cattivo di turno. In questo libro (Carlo Toffalori, Il matematico in giallo, Guanda – Piccola Biblioteca 2008, pag. 268, € 13, ISBN 978-88-8246-949-8) Carlo Toffalori, da buon matematico, si mette a verificare se e come questi giudizi sono meritati oppure no, principalmente dal punto di vista della matematica ma a volte da quello della scienza in senso generale. Oggettivamente non è che i famosi detective della narrativa ci facciano una gran bella figura, e allo stesso tempo la descrizione della matematica presente nei libri gialli è così stereotipata da essere ben lontana dalla realtà. Aggiungiamo poi il fatto che soprattutto nelle traduzioni degli anni ’60 e ’70 le poche descrizioni tecniche venivano (casualmente?) cassate nell’edizione italiana, e capirete come il panorama sia desolante.
Purtroppo, nonostante alcuni spunti interessanti come il riscrivere la storia della dimostrazione dell’Ultimo Teorema di Fermat come se fosse un giallo, il libro dopo un po’ soffre di una certa ripetitività, e alcuni degli incisi di Toffalori sono piuttosto gratuiti. Insomma, procuratevelo solo se siete amanti dei gialli (o della matematica!)

Ultimo aggiornamento: 2016-09-06 16:27

_Unknown Quantity_ (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro, va’ su Galileo!)
Nella matematica che si fa a scuola la geometria quanto quanto è comprensibile: le figure almeno le si vede. L’analisi matematica, con derivate e integrali, è appannaggio di pochi (s)fortunati. Ma quello che probabilmente fa odiare a tutti la matematica sono le equazioni e i polinomi; quello che viene chiamato algebra. Un libro come questo (John Derbyshire, Unknown Quantity, Plume 2007 [2006], pag. 374, $16, ISBN 978-0-452-28853-9), che racconta la storia dell’algebra partendo dai babilonesi per arrivare al ventunesimo secolo, potrebbe essere visto come il fumo negli occhi. Non è così, per fortuna. Il punto di vista di Derbyshire, che fa lo scrittore ma in fin dei conti è laureato in matematica, si può sintetizzare dicendo che l’algebra è il modo che la matematica ha per rendere astratte le cose concrete. Così le formule numeriche babilonesi ed egizie sono i primi esempi “algebrici”, ancora legati a esempi assolutamente concreti: col passare dei secoli si è inizialmente riusciti a immaginare che ci possano essere delle incognite, cioè dei valori che non conosciamo ancora ma che possiamo trattare come numeri; dei coefficienti, degli enti che sono sì dei numeri ma non ci interessa quali siano; dei nuovi tipi di numeri, negativi e immaginari; fino ad arrivare alle strutture come matrici, gruppi, anelli che nascono da esempi concreti e poi si iniziano a studiare come enti per conto proprio da cui si può addirittura proseguire nell’astrazione.
Gli sviluppi della seconda metà del ‘900 sono almeno a mio parere incomprensibili e si possono tranquillamente saltare, ma il resto del libro è piacevole, e tra l’altro Derbyshire sembra farsi un punto d’onore a fare conoscere tutti i matematici che hanno fatto scoperte che poi sono state chiamate coi nomi di altri matematici. Questo significa che finalmente non sarete costretti a sorbirvi solo i soliti Abel e Galois: vi pare poco?

Ultimo aggiornamento: 2017-07-09 19:33