Archivi categoria: recensioni

The Science of Discworld II: The Globe (libro)

[copertina] Con qualche anno di ritardo, ho finalmente letto anche il secondo dei libri dello strano trio (Terry Pratchett, Ian Stewart e Jack Cohen, The Science of Discworld II: The Globe, Ebury Press 2003, pag. 384, Lst. 6.99 , ISBN 9780091888053), dedicato fondamentalmente a come si è sviluppata la specie umana non tanto come evoluzione – di quella se ne parlerà nel libro successivo – quanto come culture e usanze. Si va dalla definizione di cosa è il sé all’evoluzione, dall’extelligenza (la parte dell’intelligenza che viene trasmessa non con i geni ma mediante supporti esterni) al dualismo tra informazione e termodinamica. Il tutto presentando teorie e punti di vista che non si vedono mai nella scienza ufficialmente divulgata, come il passaggio dai primati all’uomo forse avvenuto perché un gruppo di scimmie si è trovata in un posto con molti pesci e molluschi che hanno loro dato le proteine necessarie per creare le membrane neuronali, oppure la constatazione che la gravità funziona diversamente dalla termodinamica e quindi non è necessariamente strano che stelle e pianeti siano un sistema più “ordinato” di quello formato da un gas. Anche il loro modo di guardare alla religione e all’arte è sicuramente poco ortodosso: se non siete degli integralisti – ce ne sono anche nel campo artistico, sì – magari non sarete d’accordo con gli autori ma potrete comunque trovare ottimi spunti per pensare per conto vostro. Il che non è poco.

Ultimo aggiornamento: 2008-02-28 08:56

Il senso del tingo (libro)

[copertina] L’idea di per sé è molto carina: raggruppare un bel numero di parole di lingue straniere che esprimono in breve quello che a noi richiede invece un giro di parole. Ad esempio, in giapponese per indicare il rumore di una macchina che gira quietamente al minimo basta dire “sa”. Peccato che questo libro (Adam Jacot de Boinod, Il senso del tingo [The meaning of Tingo], Rizzoli 2006 [2005], pag. 207, € 14.50, ISBN 978-88-17-01182-2, trad. Marina Sirka Mosur) soffra di due problemi. Il primo è che alla lunga tutti questi elenchi di parole stufano, e quindi bisogna centellinarselo con calma per evitare l’indigestione; ma a questo si può anche ovviare. Purtroppo, però, resta il fatto che questo libro è basato sull’inglese, e quindi ci sono sezioni, come quella dei falsi amici, che sono poco utili (non per colpa della traduttrice, lo dico subito). D’altra parte ci sono delle chicche mica male, come una lista di tutti i termini eschimesi relativi alla neve! Ah: “tingo” è un’espressione in rapa nui che significa “prendere in prestito un oggetto dopo l’altro dalla casa di un amico, fino a svuotargliela”.

Ultimo aggiornamento: 2008-02-25 11:51

How to Cut a Cake (libro)

[copertina] Anche Ian Stewart ha terminato la sua opera come autore della rubrica di matematica ricreativa di Scientific American ed edizioni sorelle. Questa (Ian Stewart, How to Cut a Cake, Oxford University Press 2006, pag. 231, Lst. 9.99 , ISBN 978-0-19-920590-5) è la raccolta degli ultimi articoli da lui pubblicati, come sempre rivisti con alcuni contibuti dei lettori. Il risultato finale è un po’ disuguale: alcuni capitoli, come i due che danno il nome al libro, sono molto interessanti, mentre ad esempio la parte sul minimo numero di incroci è un po’ pesantuccia. L’altro punto che mi fa rimpiangere i vecchi libri di Martin Gardner è che la parte delle aggiunte è molto più scarna: o la matematica ricreativa è diventata anch’essa troppo complicata, oppure i tempi eroici sono comunque terminati. Ma in ogni caso il libro resta sicuramente piacevole (per gli anglofoni: penserete mica verrà tradotto?)
Aggiornamento: (12:04) Una fonte assolutamente bene informata di cui non posso fare il nome ;-) mi ha appena comunicato che invece il libro è già stato tradotto, e uscirà tra un mesetto nella collana Einaudi Rebus. I non anglofoni possono rallegrarsi.

Ultimo aggiornamento: 2008-02-22 11:32

The Meaning of It All (libro)

[copertina] Il secondo libro di Feynman che ho recentemente letto (l’altro è recensito qua, giusto per la cronaca) raccoglie tre conferenze – le Danz Lectures – tenute da Feynman nel 1963 su scienza, filosofia, religione e società (Richard P. Feynman, The Meaning of It All, Penguin Book 2007 [1988], pag. 133, Lst. 7.99, ISBN 978-0-141-03144-6). Il risultato a mio parere è molto inferiore; ci sono degli ottimi spunti, soprattutto nella prima parte in cui spiega come funziona il metodo scientifico, ma poi si perde parecchio nella seconda parte, in cui cerca di spiegare perché la religione non è scientifica, cosa sulla quale tutti credo siano d’accordo. La terza e ultima conferenza, messa su in fretta e furia perché aveva finito gli argomenti che si era preparato, è interessante come fonte di aneddoti e per come Feynman cerchi di applicare il metodo scientifico alla sua stessa conferenza, per la precisione ai suoi pregiudizi anticomunisti: il fatto che non ci riesca poi così bene è assolutamente illuminante su come il metodo scientifico non sia affatto facile da seguire ;-)
PS: Almeno per me, l’accenno finale all’enciclica di Giovanni XXIII (immagino la Pacem in terris) è assolutamente incredibile. Probabilmente – per uno come me che nel 1963 è nato, figuriamoci per i più giovani – è difficile capire come il suo papato, e la presidenza di Kennedy, siano stati visti come una rottura completa col passato.

Ultimo aggiornamento: 2008-02-14 11:20

The Pleasure of Finding Things Out (libro)

[copertina] (se vuoi una mia recensione più seria di questo libro e del seguente, va’ su Galileo!)
Feynman è un nome che dovrebbe essere relativamente noto a chiunque sia interessato alla scienza, e per la precisione alla fisica. Ma è anche stato un oratore sempre pronto a stupire il pubblico con i suoi effetti speciali, e le sue conferenze erano scoppiettanti. Nel primo dei suoi due libri che ho ultimamente letto (Richard P. Feynman, The Pleasure of Finding Things Out, Penguin Book 2007 [1999], pag. 270, Lst. 8.99, ISBN 978-0-141-03143-9) Jeffery Robbins raccoglie una “dozzina del fornaio” (cioè tredici) discorsi tenuti dal Nobel presso varie sedi, in modo da dare un’idea della sua arte oratoria… e naturalmente dei suoi pensieri e delle sue idee provocatorie. Rispetto ad altre raccolte, qui si parla più del suo approccio alla scienza, da quando suo padre – che aveva detto a sua madre incinta “se sarà maschio dovrà diventare uno scienziato” – gli insegnava ad osservare il mondo a come lui concepiva l’insegnamento, senza naturalmente riuscire mai a metterlo in pratica. La sua relazione di minoranza per il disastro del Challenger resta però un esempio da leggere e rileggere, anche e soprattutto in Italia.
Ah: come scritto nella prefazione, non cercate di imparare l’inglese da come lui parlava; il suo inglese era molto colloquiale.

Ultimo aggiornamento: 2008-02-14 11:14

La posta in gioco (libro)

[copertina] La posta in gioco è stato il titolo della rubrica settimanale dei giochi su La Stampa (ora purtroppo scomparsa). Con lo stesso nome, Stefano Bartezzaghi ha scritto questo libro (Stefano Bartezzaghi, La posta in gioco, Einaudi ET Pop 2007, pag. 254, € 12, ISBN 978-88-06-18653-1) che raccoglie alcuni dei temi trattati in quegli anni, rivedendoli per evitare i problemi dovuti all’allora attualità che non è più attuale e cercando di dare un’aria un po’ più omogenea rispetto a quanto pubblicato all’epoca. Non che ci sia riuscito più di tanto, visto che per nostra fortuna Bartezzaghi è un digressore nato! Ma oltre ai giochi c’è la “parte seconda”, in realtà una grande appendice, che si intitola “Le poste in gioco” e parla di alcuni dei più grandi giocologi… che scambiavano lettere con i solutori dei loro giochi. Si va così da Lewis Carroll a Giampaolo Dossena, passando per Martin Gardner e per i Wutki, e questo libro è probabilmente l’unico da cui potrete sapere qualcosa di loro.

Ultimo aggiornamento: 2008-02-12 17:33

Sogni e delitti (film)

locandina Era il secondo sabato consecutivo che cercavamo (ehm, Anna cercava…) di andare al cinema. Sabato scorso non c’era parcheggio a distanza di 600 metri, ieri siamo andati col filobus ma non c’erano più posti per il film scelto da Anna. Così, prima di una crisi di astinenza, abbiamo optato per l’ultimo film di Woody Allen (scheda su IMDB). Giudizio critico: un film assolutamente loffio. L’unica scena davvero interessante c’è stata a due minuti dalla fine del film, dopo centosei minuti in cui mi non mi sono addormentato solo perché Hayley Atwell è in effetti un bel toco de gnoca. Tra l’altro, non è nemmeno colpa degli attori: Ewan McGregor e soprattutto Colin Farrell sono bravi. È proprio che Woody Allen ha scritto questo copione con la mano sinistra, sembrava proprio che avesse un contratto per tre film da girare a Londra e dopo avere girato i primi due non avesse più nulla da dire. Che poi Scoop almeno era brillante: qui ha ripreso i temi di Match Point dove tutti sono fondamentalmente perdenti e anche se il caso è loro favorevole non gli serve a nulla, il tutto senza una battuta che sia una e facendo svogliatamente il compitino. Probabilmente fosse stato un regista esordiente l’avremmo anche accettato, ma da lui no.
Giudizio finale: lasciate pure perdere.

Ultimo aggiornamento: 2008-02-10 16:06

Bruno Munari (mostra)

logo mostra MunariCome sempre in zona Cesarini (chiuderà domenica prossima) ieri siamo andati alla Rotonda di via Besana a vedere la mostra su Bruno Munari. Non ero mai stato là, tra l’altro: avevo solo intravisto dall’esterno il porticato – dove tra l’altro ieri mattina c’era un gruppetto di persone in meditazione più o meno trascendentale, tutte sui loro tappetini – ma non conoscevo affatto la chiesa, un po’ baroccamente barocca ma sicuramente interessante.
Ma torniamo alla mostra: è bellissima. Io conoscevo Munari come designer e come disegnatore, ma ho scoperto che quelle sono solamente alcune delle sue mille attività, iniziate negli anni ’30 con quadri futuristi e terminate con opere concettuali da urlo (tutta la serie degli “oli su tela”, ma soprattutto “olio di lino su tela di lino”). Il Munari scrittore ad esempio è rappresentato perfettamente dalla favola “Cappuccetto Bianco”: non la racconterei a un bambino, ma per uno come me è assolutamente deliziosa. Ma Munari ha scritto, disegnato, creato tante cose per i bambini, ed è giusto e bello che in mezzo alla mostra ci sia anche un laboratorio per loro.
Ultima cosa: Munari ha mostrato cosa vuol dire essere creativo: prendere una cosa che esiste già e a cui nessuno fa caso, guardarla in modo diverso, e tirare fuori qualcosa di fantastico. Anna dice che in fin dei conti era il suo lavoro, e che con l’allenamento si possono fare grandi cose. Può darsi. Io a guardare i suoi lavori mi sono sentito davvero piccolo piccolo, per la serie “non ci sarei mai arrivato: eppure è così semplice a vedersi…”

Ultimo aggiornamento: 2008-02-04 11:33