Archivi categoria: recensioni

State of Play (film)

[locandina]Quando sono uscito dalla sala, oltre a dire “ah, ma fuori fa caldo!” – aria condizionata a palla – il mio commento è stato “un bel film di fantascienza”. Occhei, questo State of Play (scheda, sito ufficiale) è un riciclo di una miniserie televisiva britannica, e non hanno nemmeno fatto fatica a cambiare i nomi dei personaggi. Il punto è che la trama, con il prode giornalista Russell Crowe che nonostante tutto e tutti riesce a sconfiggere la perfida PointCorp (la Blackwater nemmeno troppo nascosta) e la bloggeuse Rachel McAdams che ci ha da imparare come si fa davvero il giornalismo, poteva essere verosimile ai tempi di Tutti gli uomini del presidente ma non certo oggi: non dico in Italia – non fatemi ridere – ma neppure negli USA. Diciamo che è stato un bello spot per l’industria dei giornali e che il film, pur essendo abbastanza prevedibile, scorre bene ed è piacevole. Ma non gridate certo al capolavoro.

Ultimo aggiornamento: 2009-06-16 07:00

Quadrati magici di Fermat (libro)

[copertina] Terza parte della raccolta di Lucas, questo libro (Edouard Lucas, Quadrati magici di Fermat – Ricreazioni matematiche III [Récréations mathématiques], RBA Italia 2009, pag. 212, € 9,99, trad.Alessandro Ravera) soffre probabilmente del fatto che non sia stato rivisto dall’autore improvvisamente morto, ed è stato assemblato dai suoi amici a partire dai suoi appunti ritrovati. Tra le ricreazioni più interessanti, almeno dal mio punto di vista, ci sono quelle sui percorsi all’interno di un grafo e sulle trasformazioni dei quadrati magici che ni preservano la “magicità”. Forse chiamarle ricreazioni è un po’ fuorviante, e “trattazioni analitiche” sarebbe un termine migliore; la vera utilità consiste nell’avere una trattazione passo passo che in genere non si trova nei testi. La traduzione è corretta ma pedissequa; ad esempio non si usa la terminologia italiana nella formula che lega facce vertici e spigoli di un poliedro, oppure si omette di aggiungere che la “dimostrazione” di Kempe del Teorema dei Quattro Colori è stata poi vista essere fallace.
Curiosità: il dorso del libro ha il titolo errato.

Ultimo aggiornamento: 2009-06-15 07:00

_Cibo per la mente – I_ (libro)

[copertina] Rispetto al libro precedente della coppia veneta già apparso nella collana, stavolta (Dario De Toffoli e Dario Zaccariotto, Cibo per la mente – I, RBA Italia – Sfide matematiche 29, 2009 [2004], pag. 190, € 9,99) questo “Cibo per la mente”, con sottotitolo “mantenere in forma il cervello giocando”, è più interessante. Probabilmente la scelta di avere ogni tanto delle “pagine grigie” dove vengono mostrati vari giochi di tavoliere, noti come il Mastermind o meno noti come Twixt o Venice Connection, è vincente. Poi per quanto mi riguarda i problemi posti non sono così acchiappanti, ma credo che possano essere apprezzati da un lettore appasionato sì di giochi numerici, ma non pazzo come me. Il lettore in questione troverà anche alcuni problemi classici di matematica ricreativa, e potrà finalmente sapere quali sono le nostre perversioni mentali!

Ultimo aggiornamento: 2019-01-25 12:06

L’elmo di don Chisciotte (libro)

[copertina] Ampliamento della conferenza che Stefano Bartezzaghi tenne la scorsa estate al Festival della mente di Sarzana, questo libretto (Stefano Bartezzaghi, L’elmo di don Chisciotte, Laterza – Saggi tascabili 326, 2009, pag. 112, € 10, ISBN 978-88-420-8988-9) ha come sottotitolo “Contro la mitologia della creatività”. Eh sì, perché la creatività, anzi la “creatività” tra virgolette, è una brutta bestia e non è certo facilmente catalogabile. Per Bartezzaghi, come del resto per molti, la “creatività” nasce dall’aggiunta di uno o più vincoli ulteriori; ma soprattutto occorre che un problema sia risolto in modo nuovo e la soluzione sia percepita come la parte più importante. Per questo motivo un creativo deve avere conoscenza approfondita della materia e abilità nel manipolarla: oserei dire in anglofrancese “créatif, i.e. craft”. Il tutto viene piacevolmente esposto nelle poco più di cento pagine nel solito stile divagante di Stefano, che raccoglie di tutto (e si vede che ha la mia età. È solo la nostra generazione che può ricordarsi del Trio Reno con uno che diceva “Motociclista” e gli altri che lo rimbeccavano: “O moto, o ciclista!”) Oltre all’enigmistica, si va da Dante a Marcello Marchesi, da Rodari a Munari, da Escher con le sue opere figura/sfondo a Douglas Hofstadter con i suoi ambigrammi, che portano a un altro punto fondamentale: la “creatività” è l’avere contemporaneamente due sensi, l’opposto insomma del “senza senso” – che è ben diverso dal nonsense – rispetto a quello che si fa di solito. Consigliato. (Però GEB è “an Eternal Golden Braid“, non brain!)

Ultimo aggiornamento: 2009-06-01 07:00

_Arlecchino servitore di due padroni_ (teatro)

Mi sono dimenticato di raccontarvi della rappresentazione di un paio di settimane fa, che Anna e io ci siamo visti aggratis perché nel quadro della manifestazione Artigiana la community del Piccolo offriva dei biglietti. Non che fosse facile prenotare: un javascript assassino mi faceva sempre arrivare alla schermata “hai già cercato di prenotare, aspetta ancora mezz’ora”. Non so se per questo o per la concomitanza della partita dell’Inter, il Teatro Studio non era per nulla pieno, tanto che quando siamo saliti in piccionaia (terzo anello) coi nostri biglietti ci siamo trovati un inserviente che ci ha fatto l’upgrade in platea, anche in fila centrale.
Non ce lo ricordavamo così lungo, né così stretto di dialetto: soprattutto non ci ricordavamo che l’acustica dello Studio faccia così schifo, tanto che abbiamo perso varie battute (no, non era un problema, la trama la sapevamo già). Rispetto a cinque anni fa, Ferruccio Soleri non fa più le capriole, e ci credo anche, visti i suoi 79 anni. Chissà se sarà davvero la sua ultima recita milanese: mi sa che lo dica sempre ma ogni volta riprenda imperterrito. Commento? Mah, Anna ha detto che forse avrebbe fatto meglio a restarsene a casa, mentre io sento ormai questa commedia come una cara vecchia amica :)

Ultimo aggiornamento: 2019-05-30 16:08

Obikà mozzarella bar (aperitivi)

Venerdì sera avevamo preso i biglietti per La Cimice (recensione della quale seguirà) e data la sua lunghezza abbiamo pensato di mangiare qualcosa prima dello spettacolo. La zona dello Strehler non manca certo di posti per un aperitivo: la nostra scelta stavolta è caduta sull’Obikà, che ci aveva fatto una buona impressione appena aperto. Mal ce ne incolse. Il locale non era nemmeno strapieno: non c’erano posti liberi, ma nemmeno gente in attesa. Insomma, una condizione perfetta. Invece no. La logica di questi posti è che tu paghi cifre invereconde per un calice di vino – otto euro, tanto per non fare prezzi – e poi ti mangiucchi le schifezze qua e là. A parte i tempi per riuscire a ottenere le nostre bevande, compresa l’attesa per i due frullati la cui ordinazione sembra essersi persa per strada, bisognerebbe stendere un velo pietoso sul resto. A parte le patate che erano presenti in quantità industriali, i vassoi venivano lasciati vuoti per un bel po’, confidando probabilmente che la gente stufa ordinasse un piatto pronto. A un certo punto era miracolosamente tornata un po’ di roba da mangiare… ma non c’erano più i piattini. Quanto alle posate di portata, solo forchette, niente cucchiai (secondo Simona fanno così per far prendere meno roba. A parte le patate, c’era del “riso” da mettere tra virgolette: io gli ho dato un’occhiata e ho pensato fose meglio lasciarlo al suo posto, chi ha osato servirsene un po’ alla prima forchettata mi ha dato implicitamente ragione non toccandolo più. Il pinzimonio aveva sicuramente visto settimane migliori: il finocchio sembrava essere lì come muta testimonianza di un remoto passato. Poi c’era la “bruschetta”, sempre tra virgolette: i pezzettini potevano essere più correttamente denominati pane raffermo. Il tutto con un sottofondo di musica tunz tunz tunz che magari piacerà anche a qualcuno ma mi faceva solo pensare a una scena di distruzione.
Insomma, pollice verso. Ma molto verso.

Ultimo aggiornamento: 2009-05-25 07:00

La cimice (teatro)

L’ultimo spettacolo dell’abbonamento al Piccolo di quest’anno è stata la riduzione fatta da Serena Sinigaglia dell’opera di Majakovskij, con Paolo Rossi come protagonista. In due parole: non ci è piaciuto, anche se per ragioni opposte.
La Sinigaglia ha deciso di attualizzare la storia, ma senza farne una satira moderna. Così soprattutto il secondo tempo resta senza arte né parte, non fantascientifico, non contro il regime, non secondo quanto scritto dall’autore. Da questo punto di vista il primo atto è forse più fedele, anche se io l’ho trovato troppo lungo e ridondante soprattutto all’inizio.
Per la compagnia, sedici persone che devono fare non so quante parti ciascuna col proprio costume, dev’essere un lavoraccio; forse alcune scene sono un po’ troppo manieriste, ma nel complesso direi che si sono comportati bene… tranne Paolo Rossi, che mi è sembrato completamente fuori posto. Il Prisypkin che ha fatto era un guitto della peggior specie, giusto pronto a cercare di strappare una risata da mestierante. Probabilmente i due tipi vicini a Loris che se ne sono andati via dopo dieci minuti non avevano tutti i torti.

Ultimo aggiornamento: 2009-05-24 12:24

_Star Trek_ (film)

[locandina]Occhei, questo è uno dei rarissimi casi in cui sono stato io a trascinare Anna al cinema. (Povera donna, cosa non fa pur di vedermi davanti al grande schermo!) Io sono cresciuto con i telefilm della TOS, quindi ero curioso di vedere come sarebbero riusciti a fare il prequel… (qui il sito USA, qui l’italiano) e sono restato soddisfatto.
Voi magari direte che mi accontento di poco, e soprattutto che non sono un Vero Trekkie – e avete anche ragione. Però non ho visto molte YATI, se non la presenza nel film di Chekov, che nei telefilm originali è arrivato solo all’inizio della seconda stagione (la leggenda vuole che i russi si fossero lamentati che nella flotta astrale fossero rappresentate tante razze terrestri ma non la loro…). È vero che qua è rappresentato come diciassettenne, ma non vale lo stesso. Per il resto, i tormentoni dei telefilm sono presenti, da Bones che dice “Sono un medico, non un fisico!” a Scotty che urla “Non posso fare di più!” alla missione pericolosa con un agnello sacrificale, in questo caso l’ufficiale Olsen. Soprattutto c’è la famosissima scena del test della Kobayashi Maru, che ho molto apprezzato. Come punti negativi ci sono la tecnica di ripresa a spalla, e soprattutto i troppi viaggi nel tempo e buchi neri, che mi sembrano tanto un’esagerazione. Ma ribadisco: io mi sono divertito.
(ma vi rendete conto che è l’undicesimo film della saga? E che io ho al più un lontano ricordo del numero 7?)

Ultimo aggiornamento: 2009-05-22 07:00