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La cimice (teatro)

L’ultimo spettacolo dell’abbonamento al Piccolo di quest’anno è stata la riduzione fatta da Serena Sinigaglia dell’opera di Majakovskij, con Paolo Rossi come protagonista. In due parole: non ci è piaciuto, anche se per ragioni opposte.
La Sinigaglia ha deciso di attualizzare la storia, ma senza farne una satira moderna. Così soprattutto il secondo tempo resta senza arte né parte, non fantascientifico, non contro il regime, non secondo quanto scritto dall’autore. Da questo punto di vista il primo atto è forse più fedele, anche se io l’ho trovato troppo lungo e ridondante soprattutto all’inizio.
Per la compagnia, sedici persone che devono fare non so quante parti ciascuna col proprio costume, dev’essere un lavoraccio; forse alcune scene sono un po’ troppo manieriste, ma nel complesso direi che si sono comportati bene… tranne Paolo Rossi, che mi è sembrato completamente fuori posto. Il Prisypkin che ha fatto era un guitto della peggior specie, giusto pronto a cercare di strappare una risata da mestierante. Probabilmente i due tipi vicini a Loris che se ne sono andati via dopo dieci minuti non avevano tutti i torti.

Ultimo aggiornamento: 2009-05-24 12:24

_Star Trek_ (film)

[locandina]Occhei, questo è uno dei rarissimi casi in cui sono stato io a trascinare Anna al cinema. (Povera donna, cosa non fa pur di vedermi davanti al grande schermo!) Io sono cresciuto con i telefilm della TOS, quindi ero curioso di vedere come sarebbero riusciti a fare il prequel… (qui il sito USA, qui l’italiano) e sono restato soddisfatto.
Voi magari direte che mi accontento di poco, e soprattutto che non sono un Vero Trekkie – e avete anche ragione. Però non ho visto molte YATI, se non la presenza nel film di Chekov, che nei telefilm originali è arrivato solo all’inizio della seconda stagione (la leggenda vuole che i russi si fossero lamentati che nella flotta astrale fossero rappresentate tante razze terrestri ma non la loro…). È vero che qua è rappresentato come diciassettenne, ma non vale lo stesso. Per il resto, i tormentoni dei telefilm sono presenti, da Bones che dice “Sono un medico, non un fisico!” a Scotty che urla “Non posso fare di più!” alla missione pericolosa con un agnello sacrificale, in questo caso l’ufficiale Olsen. Soprattutto c’è la famosissima scena del test della Kobayashi Maru, che ho molto apprezzato. Come punti negativi ci sono la tecnica di ripresa a spalla, e soprattutto i troppi viaggi nel tempo e buchi neri, che mi sembrano tanto un’esagerazione. Ma ribadisco: io mi sono divertito.
(ma vi rendete conto che è l’undicesimo film della saga? E che io ho al più un lontano ricordo del numero 7?)

Ultimo aggiornamento: 2009-05-22 07:00

_Donna o tigre?_ (libro)

[copertina] Altra ristampa di uno dei tanti libri di Smullyan, anche questo (Raymond M. Smullyan, Donna o tigre? [The Lady or the Tiger? and other logic puzzles], RBA Italia 2009 [1948, 1992], pag. 184, € 9,99, trad. Stefano Evangelisti) parte con una serie di problemini da risolvere con la logica, valutando i vari indizi che sono forniti e arrivando a volte ai metaindovinelli, quelli cioè che si possono risolvere senza sapere la risposta a una domanda specifica, ma sapendo che – se la si sapesse – allora lo si potrebbe risolvere. Un po’ contorto, ma la logica a volte lo è. La seconda parte del libro tratta invece di uno dei cavalli di battaglia di Smullyan, il teorema di Gödel: come già in altri suoi libri, vengono fatti alcuni esempi che man mano portano a un teorema di tipo Gödel in un ambiente ridotto, legati alla costruzione di macchine che seguano una certa logica. In questo caso si fa notare la differenza tra teorema vero e teorema dimostrabile, e si arriva anche al problema dell’halting. Come già negli altri casi, un libro per gli amanti della logica, anche se non facilissimo da seguire. Nota: all’interno del libro il nome del traduttore (che ho ricavato dall’edizione originale Zanichelli) non è indicato, e questo non è bello. La traduzione di Stefano Evangelisti in sé è comunque buona, anche se un po’ datata; c’è uno svarione con le figure a pagina 12 e 16 invertite, ma non penso sia colpa sua.

Ultimo aggiornamento: 2023-01-04 17:44

_L’ossessione dei numeri primi_ (libro)

[copertina] Nel caso dell’ipotesi di Riemann, a differenza del Teorema di Fermat, è già complicato spiegare l’enunciato: non parliamo naturalmente della dimostrazione. John Derbyshire, matematico di formazione e giornalista di professione, ha pensato di raccogliere la sfida e ha scritto questo libro (John Derbyshire, L’ossessione dei numeri primi [Prime Obsession], Le Scienze 2009 [2003], pag. 403, € 11.80, trad. Angela Iorio) che racconta la storia dei tentativi di soluzione dell’ipotesi. (L’edizione che ho letto io è quella pubblicata per Le Scienze, che stata licenziata da Bollati Boringhieri) Derbyshire ha deciso di separare i capitoli: quelli pari raccontano in maniera più o meno romanzata la storia dell’ipotesi e dei matematici che vi si sono cimentati, mentre quelli dispari sono più tecnici, anche se l’autore promette di non usare praticamente mai l’analisi matematica (e non “senza introdurre alcun calcolo”, come è stato tradotto… L’inglese “calculus” non sono i calcoli!). Ci è riuscito? Mah. La parte matematica non è comunque così facilmente comprensibile, e lo stile è un po’ troppo pettegolezzaio per i miei gusti… però probabilmente è il modo migliore per rendere appetibile la materia a chi non è un esperto del campo.

Ultimo aggiornamento: 2017-07-09 19:34

La Morsa (libro)

[copertina] Loretta Napoleoni, pur essendo italianissima, ha la curiosa caratteristica di vedere i propri libri tradotti in italiano; vive infatti all’estero dagli anni ’80 e scrive direttamente in inglese. In questo caso, però, il libro (Loretta Napoleoni, La morsa, Chiarelettere 2009, pag. 186, € 13.60, ISBN 9788861900790) è stato scritto e pubblicato inizialmente in italiano.
Il libro parte dalle competenze dell’autrice, che è una economista specializzata nell’economia del terrorismo, e fa una lettura della crisi economica attuale come legata sì al terrorismo, ma in maniera completamente diversa da come è stata rappresentata dai media. In pratica, da un lato la finanza islamica era già nata con la crisi del sudest asiatico negli anni ’90, specialmente in Malesia; la politica di indebitamento USA verso l’estero e il Patriot Act del 2003 l’hanno rafforzata e hanno creato una nuova fonte di guadagno per gli estremisti islamici che fino al 2001 erano in difficoltà economiche; le economie dei cosiddetti “stati-guscio” nelle zone di guerra e il riciclaggio del denaro sporco ora non più fatto negli USA hanno portato centinaia di milioni di euro nelle casse di questi gruppi. Dal punto di vista occidentale, la Gran Bretagna e soprattutto Londra erano diventate il vero paradiso fiscale per i nuovi arricchiti. Le “città nel deserto” Dubai e Las Vegas erano invece i simboli dell’economia farlocca degli ultimi dieci anni: nemmeno capitalista, secondo l’autrice, proprio perché basata sulla carta e non sul confronto tra le classi sociali. Il sistema finanziario attuale è così marcio che tanto vale nazionalizzare tutto senza aver paura di sembrare socialisti, buttare via tutto quello che non serve e ricominciare da capo, tornando a privatizzare tra qualche lustro.
Le tesi del libro sono molto interessanti e sicuramente non possono essere scartate come mattane o stupidaggini; la sensazione però che ho avuto è che la “morsa” del titolo sia uscita male. Le due parti su terrorismo e finanza islamica da un lato, e politica economica USA dall’altro mi sembrano poco correlate tra loro, un po’ come se il libro fosse composto da due saggi separati ma impaginati insieme.

Ultimo aggiornamento: 2009-04-25 07:00

Zio Pesce (ristorante)

Non ho ben capito se sia parte di una catena in franchising o cos’altro, anche se sono ragionevolmente certo che ci siano altri locali con un target diverso nella stessa catena. Ad ogni modo, sabato siamo andati a cenare al ristorante Zio Pesce di via Cicco Simonetta a Milano. (È all’8 e non al 7 come afferma Google, il che significa un isolato e mezzo di distanza, tra l’altro)
I miei giudizi enogastronomici non sono mai molto validi, mi sa; devo dire però che ho apprezzto sia i miei ravioli di pesce con gamberoni e porcini – occhei, secondo me i funghi c’entravano poco o nulla – che la bistecca scottata di tonno con patè di olive taggiasche. Anche il conto – 39 euro a testa – è accettabile. In compenso, assoluto pollice verso per il vino bianco consigliato per il menu (un Catarratto o qualcosa del genere, che aveva anche un buon bouquet ma un retrogusto di un acido da fare paura); e poi c’è il solito problema di tutti i ristoranti a Milano, che hanno troppi tavoli e un’acustica pessima che costringe a urlare per farsi sentire e mi fa perdere il gusto del mangiare che già non ho in quantità enorme.

Ultimo aggiornamento: 2009-04-21 07:00

Il grande inganno del Web 2.0 (libro)

[copertina]Il Grande Inganno di cui parla questo libro (Fabio Metitieri, Il grande inganno del Web 2.0, Laterza – Saggi Tascabili 322 – 2009, pag. xiii+169, € 12, ISBN 978-88-420-8917-9) è quello secondo cui oggi la Rete permette finalmente di abolire le barriere e fa in modo che ognuno possa pubblicare autonomamente: tanto poi ci penserà l’intelligenza collettiva a far risaltare le cose più importanti e interessanti. Metitieri è stato sempre una voce fuori dal coro e anche in questo saggio non si è smentito: mena infatti fendenti a destra e a manca, non solo agli “attori 2.0” ma anche ai media tradizionali che sono passati dal negare l’importanza di internet allo sminuirla, cercando solo veri o presunti scandali al suo interno.
Però a mio parere la vis polemica ha portato l’autore a perdere un po’ di vista la sua tesi principale, e cioè che da un lato oggi risulta sempre più difficile validare e valutare la correttezza di un fatto, perché non ci sono più fonti autorevoli, e dall’altro si nota come la gente stia perdendo il proprio senso critico e si limiti a ricerchine banali senza un’analisi critica dei primi risultati che escono. Aver passato buona parte del libro a denigrare i blog, generalmente prendendo come esempio per antonomasia i saggi di Giuseppe Granieri, dà loro troppa importanza, e nasconde appunto il vero e condivisibile problema dell’affidabilità delle fonti. Nonostante ciò, il libro è davvero consigliabile, sia per i sedicenti esperti del ramo che potranno trovare una serie di fonti delle quali non si parla mai che per coloro che non hanno molta esperienza, e finalmente si troveranno spiegate in italiano corrente le varie buzzword (cioè le parole che sono sulla bocca di tutti e che sono a torto o ragione ritenute importanti) sui temi di rete.

Ultimo aggiornamento: 2009-04-20 07:00

Corriere dei Piccoli (mostra)

[locandina] Sfruttando l’apertura pasquettale, e considerando che non avevamo deciso di andare a fare un picnic, lunedì Anna e io siamo stati alla Rotonda della Besana a vedere la mostra Corriere dei Piccoli, in occasione del centenario della nascita dello storico giornalino. La mostra rimarrà allestita fino al 17 maggio, quindi avete ancora tempo per andarla a vedere.
Occhei, io inizio a chiedermi come sia possibile che non sia possibile pagare il biglietto di ingresso con un banale bancomat, ma uno sia costretto a usare il contante. Nel 2009. A Milano. Ma facciamo finta di nulla e parliamo della mostra vera e propria. Il materiale presente è indubbiamente interessante, e soprattutto intelligentemente messo nel contesto. Le coppie di cartelloni con il Corrierone sopra e il Corrierino sotto sono a mio parere un modo immediato per accorgersi di come il giornaletto per i piccoli serviva a dare loro esattamente la stessa visione del mondo che poi li avrebbe accompagnati da grandi: cosa ben nota già all’epoca, come si può evincere dalla copia del concorrente Cuore, pubblicata dall’Editoriale Avanti! e in diretta contrapposizione proletaria. La mostra dovrebbe essere stata studiata per grandi e piccoli, tanto che a ciascun cartellone didascalico ne è associato un altro ad altezza bimbo con il testo teoricamente adattato, anche se spero che non mi capiti mai di parlare così complicato a un decenne. Immagino che i laboratori creativi per i bimbi siano simpatici, così come lo è l’animazione di Cocco Bill e Trottalemme che si muovono insieme ai visitatori; lunedì la mostra era praticamente vuota, e quindi ce ne siamo accorti.
Gli anni dal ’60 alla morte per consunzione del settimanale sono fatti forse scorrere via più velocemente, anche se si accenna alle sinergie tra il giornale e la televisione; ma forse è meglio così, visto che nonostante siano quelli magari noti a me e ai coetanei sono molto meno interessanti. Mi sarebbe piaciuto un maggiore approfondimento sulla normalizzazione fascista nel Ventennio e magari un maggiore confronto con quanto accadeva negli USA e in Europa parallelamente alla crescita del Corrierino, ma forse era troppo per la Fondazione Corriere. I pupazzi di cartapesta presenti, in compenso, non mi hanno detto proprio nulla: sono proprio un tipo bidimensionale.

Ultimo aggiornamento: 2009-04-15 07:00