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_La musica dei numeri_ (ebook)

9788898001804 Lo si sente sempre dire: la musica è matematica. Io a dire il vero qualche dubbio ce l’ho, ma me lo tengo per me; sono però d’accordo che i rapporti tra le note musicali “che suonano bene insieme”, qualunque cosa voglia dire quella frase, hanno un fondamento matematico. Ma come si riesce a vedere, e non semplicemente a udire, questo fondamento? Un modo simpatico è leggere questo ebook di Flavio Ubaldini, nono della collana Altramatematica di 40K (in formato Kindle su Amazon o in epub su BookRepublic e altri store: prezzo 1,99€). Ubaldini immagina di vedere Pitagora e i suoi discepoli che, passando davanti alla bottega di un fabbro, sono straziati da un suono bääämmm prodotto da un martello su un’incudine, suono che stona – è proprio il caso di dirlo – con quelli delle altre incudini: da lì Pitagora deriva man mano le regole di base della consonanza tra le note. Ma non solo: nel libro si può anche leggere di come si può dimostrare il teorema di Pitagora in modo visivamente immediato, e c’è una partecipazione straordinaria di Ippaso, che non aveva ancora messo i bastoni tra le ruote alla scuola pitagorica mostrando che la diagonale di un quadrato non può essere in rapporto razionale con il lato, ma a quanto pare era già un tipetto tosto.
Naturalmente il testo è un’opera di fantasia, non esistono certo cronache dell’epoca dove vengono esposte non solo le scoperte ma anche il modo per arrivarci. Però la lettura permette di farsi un’idea di come, a partire da esperimenti riproducibili anche a casa propria, si possa giungere a conclusioni valide in generale. Le discussioni tra i pitagorici mostrano inoltre una proprietà fondamentale del metodo scientifico, vale a dire la ricerca di ipotesi per spiegare i fatti e di esperimenti che comprovino oppure rigettino le ipotesi stesse. Da questo punto di vista il libro è didatticamente molto interessante anche se i temi trattati sono già conosciuti: un conto è infatti sapere una nozione, altra cosa è capirla.

Ultimo aggiornamento: 2014-07-02 11:17

_Didone, per esempio_ (libro)

[copertina] Io un’idea me la sono fatta. Non è che “gli antichi sono meglio di Beautiful”, come dice l’incipit di questo libro (Mariangela Galatea Vaglio, Didone, per esempio : Nuove storie dal passato, Ultra Novel 2014, pag. 246, € 14, ISBN 9788867761029): è che tra gli sceneggiatori delle serie Usa ce ne sono molti che hanno quel minimo di conoscenza della storia antica che permette loro di andare a prendere quelle storie e adattarle a quello che viviamo oggi. Ma naturalmente tutto questo non basta, perché altrimenti basterebbe andare a leggersi i libri di storia. Il punto è che noi oggi vediamo le cose in modo diverso, e quindi se leggiamo distrattamente le cronache di allora ci sembrano più che altro modi alternativi per fare addormentare un vegano che non può contare le pecore.
È qui che entra in gioco Galatea, che prende quelle storie e le traduce in quella lingua tra il gossipparo e lo strillo di cronaca, e mostra a tutti come sono in realtà attualissime: i miti greci, i personaggi greci e i grandi nomi di Roma antica. E poi ci sono anche le donne: generalmente lasciate a fare tappezzeria dagli storici classici, e per cui bisogna mettersi di buzzo buono, neanche si fosse un detective, ad annodare i tenui fili che abbiamo a disposizione per costruire una trama, e ricostruire una vita. Nel libro trovate quarantadue (ottima scelta…) biografie da gustarsi a una a una. L’unica pecca che ho trovato è che forse Galatea avrebbe dovuto uniformare un po’ di più i capitoli, o meglio ricontrollare gli incisi che stanno a fagiolo sulla singola storia ma tendono a ripetersi nel lungo termine: è bene sapere che le matrone romane venivano educate – o meglio “allevate”… – per essere usate come merce di scambio politico, e dare figli al proprio marito, ma repetita stufant. Come ovviare a questo problema? Centellinatevi il libro, così tra l’altro durerà più a lungo!

Ultimo aggiornamento: 2014-07-11 22:31

_Sei proprio il mio typo_ (libro)

[copertina] Prima di iniziare, un suggerimento: se non volete sembrare dei parvenu, ricordatevi che un Vero Tipografo non parlerà mai dei font, ma delle font, perché il nome deriva dal francese “fount”, e ha come corrispondente italiano “fonte”. Ma se prendete questo libro (Simon Garfield, Sei proprio il mio typo : la vita segreta delle font, Ponte alle Grazie 2012, pag. 362, € 22, ISBN 9788862205740, trad. Roberta Zuppet) lo imparerete sin dall’inizio, non preoccupatevi.
Le font sono ormai diventate onnipresenti, un qualunque word processor ve ne fa ormai usare decine e decine per non parlare di quelle liberamente scaricabili su svariati siti dedicati. Non che valga la pena usarne troppe: come il libro spiega bene, una font è ben fatta se non ci si fa caso quando si legge il testo. Il libro non vuole certo essere un manuale di tipografia: Garfield è molto più interessato a raccontare le storie dietro le principali font: alcune di quelle nate poco dopo l’entrata in uso in Europa della stampa a caratteri mobili, ma soprattutto quelle moderne e contemporanee. I capitoli denominati “intermezzo tipografico” hanno il primo paragrafo scritto nella font relativa; e nel corpo del libro ci sono almeno duecento nomi di font, tutte scritte col carattere corrispondente. Ma è forse più corretto dire che Garfield racconta anche le storie dei creatori delle font, perché spesso sono inscindibili; e racconta anche dell’evoluzione dei caratteri e di come il passare prima alla stampa in fotocomposizione e poi allo schermo del pc abbia cambiato le carte in tavola. Il libro è pieno di gustosissimi aneddoti, tradotti in modo spigliato ma allo stesso tempo tecnicamente corretto da Roberta Zuppet che è solo caduta nella definizione del Bell Centennial, che non è certo stato “creato per l’elenco telefonico della 100th Bell”! (vedi a pagina 76).
Cosa manca alla perfezione in questo libro? Beh, a parte che io avrei fatto almeno un accenno a METAFONT che è stato il primo vero esempio di creazione di caratteri assistita dal computer, mi sarebbe piaciuto vedere per le principali font trattate una tavola dei caratteri più importanti in corpo 28 o giù di lì, per poter apprezzare le piccole modifiche: sarebbe anche stato bello avere una carta meno porosa, sempre per accorgersi delle minuzie tra i vari caratteri. Ma non si può avere tutto dalla vita: già così il godimento è stato assoluto.

Ultimo aggiornamento: 2014-06-23 11:43

_Noi che abbiamo l’animo libero_ (libro)

[copertina] Sarà sicuramente colpa mia, ma dopo aver letto questo libro (Giulio Giorello ed Edoardo Boncinelli, Noi che abbiamo l’animo libero : quando Amleto incontra Cleopatra, Longanesi 2014, pag. 184, € 14,90, ISBN 9788830438323) non sono riuscito a cogliere il punto che ha portato alla creazione di questo saggio.

Cominciamo con le cose facili: Giorello e Boncinelli hanno entrambi scelto una tragedia di Shakespeare (il primo Antonio e Cleopatra, il secondo Amleto) e ne hanno parlato; poi hano fatto una chiacchierata insieme. Però non sono riuscito a capire tutti gli accenni alli’nfinito nel testo di Giorello, accenni che non si sono poi materializzati in alcun modo (a meno che per infinito si intenda la libertà: tutto è possibile). I brani più interessanti sono quelli in cui fa la disamina delle fonti e di come il bardo scelga di seguirle o no. La sezione di Boncinelli – che va anch’egli alle fonti originali scespiriane – è più chiara, ma principalmente racconta cosa succede nella tragedia. Più interessante l’ultima parte, quella dove i due autori dialogano tra di loro. Ci sono vari spunti interessanti, per esempio le considerazioni sulla storia dell’Inghilterra del tempo che era ovviamente ben nota agli spettatori ma non lo è necessariamente a noi, e che ci fa capire che si possono leggere le vicende delle due tragedie come un prolungamento di quelle sui re britannici. Però rimane il dubbio di fondo. Io leggo volentieri un filosofo e un biologo che parlano di qualcosa fuori dai loro campi, ma mi aspetto che comunque portino esempi legati ai loro studi. La commistione è interessante perché mi fa vedere punti di vista diversi: in questo caso non sono riuscito a vederla, ed è un peccato.

Ultimo aggiornamento: 2020-06-15 20:04

_Di 28 ce n’è 1_ (ebook)

[copertina] È stata dura riuscire ad avere i Rudi Mathematici nel catalogo di Altramatematica, o #40kmate che dir si voglia. Non che loro non fossero interessati, ma chi li conosce sa bene come il loro concetto di tempistica non sia esattamente ottimale. Forse per contrappasso, il loro libro (in formato Kindle su Amazon o in epub su BookRepublic e altri store: prezzo 1,99€) parla proprio del calendario, o per meglio dire della storia del calendario.

Il problema – dal punto di vista della matematica – è che ci sono almeno tre unità di tempo “naturali”: giorno, mese e anno. Peccato che il rapporto tra le loro durate non sia un numero intero, e quindi da vari millenni tutti (no, diciamolo meglio: sacerdoti e/o politici) hanno cercato di trovare la quadra, ciascuno a modo suo. Così esistono calendari lunari, solari e lunisolari; si sono aggiunti e tolti giorni in modo più o meno “scientifico” (lo sapevate, per esempio, che nell’era moderna c’è stata una nazione che in un certo anno ha avuto il 30 febbraio? No, non vi dico quale, ma nell’ebook è spiegato). Paradossalmente, l’unica misura di tempo rimasta stoicamente intatta è stata la settimana, che invece è un’invenzione tipicamente umana: solo i soviet russi tentarono per un paio d’anni di eliminare questo residuo capitalistico, per poi dover soccombere alle abitudini di tutti.

Come sempre, i Rudi Mathematici scrivono in maniera molto piacevole e con una visione non certo ristretta al nostro mondo occidentale: come bonus, poi, avrete la possibilità di scoprire come usare il Giorno del Giudizio per trovare al volo a mente il giorno della settimana corrispondente a una data. Cosa volete di più dalla vita?

Ultimo aggiornamento: 2014-07-02 10:59

_Nel nome dei Beatles_ (libro)

[copertina]Come si poteva scrivere un libro sui Beatles quasi vent’anni fa, subito dopo il successo del progetto Anthology? Non era ovviamente possibile fare un’ennesima biografia di seconda mano: giustamente Salvatore Pettinato aveva così deciso di fare una metanarrazione, in modo da scegliere alcuni temi e svilupparli. Com’è andata? Bah. Il libro (Salvatore Pettinato, Nel nome dei Beatles, Rusconi 1997, pag. 256, ISBN 9788818970029) è fondamentalmente diviso in tre parti: una storia dei Beatles con particolare attenzione alla parte musicale; una disamina del “fenomeno Anthology” – si ricordi che il libro nacque proprio in occasione del nuovo hype della fine del millennio scorso; un resoconto delle principali tribute band e dei luoghi beatlesiani da visitare a Liverpool e Londra. Nel testo si trovano spunti interessanti ma non sempre fattualmente veri. Per esempio, è vero che non si conosce nessuno (eccetto i genitori…) che abbia insegnato ai Beatles a suonare, ma affermare che loro sono nati con il rock’n’roll, a differenza delle band coeve che avevano influssi della musica passata è improbabile, pensando al padre di Paul che suonava in una banda. O ancora: è vero che Liverpool, rispetto al resto dell’Inghilterra, aveva una forte presenza cattolica: ma quella definita “una delle più grandi cattedrali” è la anglicana; quella cattolica non è chissà cosa. Dal punto di vista strettamente musicale, a parte un po’ di magniloquenza nei toni come quando parla del Concetto con la C maiuscola e i gusti ovviamente personali, Pettinato segnala accuratamente le due anime beatlesiane, quella dei “craftsmen” e quella degli sviluppatori di un nuovo stile; questa è sicuramente la parte migliore del libro. La pesante critica al progetto Anthology, che ha portato solo soldi ma nulla di veramente nuovo, è la classica posizione del fan sfegatato che tanto conosceva bene praticamente tutto quel materiale; in realtà mi pare fuori tema all’interno del libro. Infine la terza parte è quella che sente più pesantemente il tempo passato dalla pubblicazione, e si può tranquillamente saltare.
In definitiva, questo libro – almeno oggi – può avere senso per chi i Beatles li conosce un po’ ma non troppo; ma non è certo un’opera di quelle definitive.

Ultimo aggiornamento: 2014-06-14 21:21

_La scienza dal giocattolaio_ (libro)

[Copertina] Avrei giurato che Davide Coero Borga fosse un mio coetaneo, e invece ha quasi vent’anni meno di me. Mi ero fatto questa idea non tanto per i giochi che racconta in questo libro (Davide Coero Borga, La scienza dal giocattolaio, Codice Edizioni 2012, pag. 180, € 24,90, ISBN 9788873783211) quanto per l’immaginario che si legge dietro le righe del testo. Questo libro in realtà è un oggetto di design, e lo si capisce già dalla seconda di copertina, che specifica minuziosamente che tipo di carta è stata usata per le sue pagine e la copertina stessa, e se ne è certi giungendo alla penultima pagina, che è un foglio di plastica rossa che deve essere staccato per vedere i disegni nascosti tra le varie pagine: chi ha presente la carta che avvolge le caramelle Rossana capirà quello che sto dicendo.

Come dice il titolo, i giochi raccontati in brevi schede non sono scelti a caso, ma hanno tutti un’attinenza con la scienza in senso lato: possono essere versioni giocattolo di strumenti reali,, come la bussola, oppure avere una struttura scientifica interna, come il cubo di Rubik o i Geomag. Del gioco vero e proprio si parla relativamente poco: d’altra parte il bello del gioco è giocarci, mica discuterne! Il testo divaga invece su tutto ciò che sta dietro di esso, cosa a mio parere molto più interessante. Per esempio il Dolce Forno scaldava i cibi… con due lampadine di 100 watt, e perciò il passaggio alle lampadine a basso consumo ha costretto il produttore a ripensarlo. Infine il libro è impreziosito da immagini che riprendono i giochi e li pongono in un contesto immaginifico. Insomma un testo da sfogliare con vero piacere.

Ultimo aggiornamento: 2014-05-31 09:35

_Dizionario delle idee non comuni_ (libro)

[copertina] “Filosofia minima” è la rubrica tenuta da Armando Massarenti sul Sole-24Ore: in essa non si parla solo di metafisica, ma anche di etica, scienza, religione e altri temi, con considerazioni sempre molto brevi, legate a un punto specifico, e che più che dare risposte fanno domande (come del resto generalmente capita con la filosofia contemporanea). Questo libro (Armando Massarenti, Dizionario delle idee non comuni, Guanda 2010, pag. 262, € 14, ISBN 9788860888518) è la raccolta di svariate decine di queste considerazioni “minime”, ordinate come se fossero su un vocabolario.
Leggendolo tutto di fila si avvertono alcune ripetizioni, legate a temi che Massarenti sente evidentemente più suoi: avrei inoltre forse modificato leggermente il testo di qualche pezzo evidentemente legato all’attualità, come quello che parlando di Darwin accenna al terremoto cileno “di qualche giorno fa”. Complessivamente, però, il caleidoscopio delle microletture ritorna un risultato sicuramente piacevole ma anche più unitario di quanto si sarebbe potuto immaginare a prima vista: la lettura è insomma assolutamente consigliata a chi ha voglia di pensare partendo dagli schemi di qualcun altro e non sempre dai propri.

Ultimo aggiornamento: 2014-05-24 23:18