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160% in meno

Ormai lo sappiamo: non appena si parla di percentuali, casca l’asino. Stavolta Repubblica ci spiega come i farmaci italiani per cui occorre una ricetta sono più economici dei farmaci equivalenti all’estero. Ma molto più economici:
«Risultato: i farmaci lanciati dopo il 1990 costano al pubblico del Bel Paese dal 5 al 100% in meno, mentre, guardando i prezzi che l’industria applica alla distribuzione si risparmia dal 10 al 160%.».
Considerando che risparmiare il 100% significa ottenere qualcosa gratis, un risparmio del 160% vuol forse dire che è l’industria a pagare i distributori?

Ultimo aggiornamento: 2006-07-21 17:07

Turani e le percentuali

Giuseppe Turani è un noto (notorio?) giornalista finanziario di Repubblica. Una delle sue rubriche fisse si intitola “Ottovolante”: nel numero odierno spiega perché il PIL non aumenterà molto nel 2007, facendo notare come Germania, Francia e Italia devono mantenere politiche restrittive, e che i tre paesi insieme fanno il 70% del prodotto interno lordo dell’area euro. Come prosegue? spiegando come “quasi i quattro quinti del Pil europeo saranno sottoposti a politiche […] di tipo restrittivo”.
Tralasciamo la banalità che tra l’area euro e l’Europa – anche solo l’UE – c’è una piccola differenza contenente la Gran Bretagna. Però c’è qualcos’altro che non va: il 70% al limite è quasi i tre quarti del totale, non i quattro quinti. (per me è “poco più dei due terzi”, visto che 66.6 è più vicino a 70 rispetto a 75, ma posso concedere un po’ di retorica a un giornalista)
Qualcuno può mica regalare una calcolatrice tascabile a Turani?

Ultimo aggiornamento: 2006-07-14 19:48

Produzione auto e statistica

Oggi sono apparsi sui giornali i dati della produzione Istat relativi al maggio 2006. Come si può vedere dal Corsera, vengono intonati dei peana per un aumento del 94.1%, e subito a destra si coglie l’occasione per una filippica antigovernativa.
Io invece la filippica la faccio sì, ma contro chi non è capace – o non vuole – leggere i numeri. Prendiamo infatti il lancio Ansa, che è fatto davvero bene. Si vede come tra maggio 2005 e maggio 2006 la produzione è cresciuta sì del 94.1%, ma si ricorda anche come l’anno precedente a maggio ci fu un calo del 44.3% – a causa dello sciopero delle bisarche, rammento a chi avesse la memoria corta. Facciamo un po’ di conti: supponendo che a maggio 2004 fossero state vendute 100.000 auto, a maggio 2005 le vendite erano scese a 55.700 (meno 44.3%, appunto); nel maggio 2006 si aumenta del 94.1% e si arriva a 108.100 autovetture. Un aumento dell’8% in due anni che è simpatico ma non così eclatante… e non ho nemmeno considerato il fatto che un singolo mese comunque è un periodo troppo breve per fare statistiche affidabili, in genere.
Purtroppo come al solito l’incapacità di fare un controllo di realtà è un male bipartisan.
Aggiornamento: (14 luglio) I dati di giugno danno un -12% in Italia, e subito il giornalista di Repubblica piange. Naturalmente non gli è venuto in mente che – visto che a maggio 2005 non venivano consegnate le auto – a giugno 2005 c’era stato un incremento anomalo delle vendite, e quindi non è per nulla strano che a giugno 2006 ci sia un calo relativo…

Ultimo aggiornamento: 2006-07-12 11:55

“Il risultato deve cambiare”

A quanto pare, Silvio B. amava così tanto la carta intestata PresConsMin da usarla l’ultimo giorno del suo governo per scrivere ai cari suoi amici capi di stato piangendo l’ingiustizia perché con il 50.2% dei voti non è rimasto al potere per colpa del “particolare sistema elettorale italiano” che l’ha penalizzato.
Tralasciamo il particolare che il particolare sistema elettorale italiano l’ha voluto lui, e concentriamoci sulle cifre. Com’è possibile che in un sistema con premio di maggioranza non sia bastato il 50.2% dei voti per vincere le elezioni? Elementare. Basta scegliere i dati giusti.
Come si può leggere sul sito del Viminale, la Casa delle Libertà ha effettivamente ottenuto il 50.2% dei voti. Peccato che siano i voti del Senato, e in diciotto regioni italiane (mancano Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, che hanno un conteggio diverso, e manca l’estero).
Lasciando pure perdere i votanti fuori dall’Italia e le due regioni a statuto speciale, il punto fondamentale è che casualmente viene considerata solo una parte dell’elettorato; infatti chi ha meno di 25 anni può votare solamente alla Camera. E i risultati sono naturalmente diversi: escludendo la Valle d’Aosta che comunque è andata al centrosinistra, la CdL ha ottenuto il 49.7% contro il 49.8% dell’Unione (il resto è finito a partiti minori). Come sempre, basta saper scegliere i numeri giusti…

Ultimo aggiornamento: 2006-05-25 12:39

l’occhio del padrone ingrassa il cavallo

Repubblica ci fa sapere che è stato scoperto un nuovo asteroide, 2006 HZ51, che tra due anni potrebbe colpire la Terra. Ma aggiunge subito di non preoccuparsi:
«bisogna attendere ancora qualche settimana prima di essere certi di un’imminente catastrofe. È il tempo necessario per poter calcolare l’orbita dell’asteroide con maggiore precisione, un calcolo che solitamente diminuisce notevolmente le possibilità di uno scontro planetario».
Avete letto bene. È il calcolo a far diminuire le possibilità, non – come ci si sarebbe aspettato – la maggior precisione dei conti che elimina alcuni casi. Secondo me l’articolista stava pensando al miracolo per cui i risultati degli exit poll cambiano repentinamente non appena si fa il conteggio delle schede!

Ultimo aggiornamento: 2006-05-04 16:07

Come si somma un singolo addendo?

L’ultima trovata per dimostrare che l’Unione non ha vinto le elezioni è arrivata nientepopodimeno che dall’ineffabile ex-ministro Calderoli. Come potete leggere ad esempio sul Corsera, l’uomo a cui è intitolato un Prestigioso Premio, e che si è anche gloriato di avere prodotto lui questa legge elettorale, rimarca che i 45000 voti della lista Lega Alleanza Lombarda non possono essere conteggiati a favore dell’Unione con cui pure la lista era apparentata. Perché? Ma è (per lui) chiaro! La legge elettorale 270/05 ha modificato l’articolo 83 del Testo Unico sulle Elezioni scrivendo al comma 1.1 “determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista. Tale cifra è data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali conseguite nelle singole circoscrizioni dalle liste aventi il medesimo contrassegno;“. Ora, prosegue Calderoli, la somma delle cifre elettorali circoscrizionali (plurale) non può essere fatta perché la lista si è presentata in una circoscrizione (singolare).
Quello che mi fa più specie non è tanto il ragionamento di Calderoli o il fatto che Cicchitto e La Russa gli siano subito andati dietro: in fin dei conti, à la guerre comme à la guerre. Ma che dall’altra parte nessuno abbia semplicemente detto di guardare le regole dell’addizione (e scoprire che si possono anche sommare zero addendi se è per questo)

Ultimo aggiornamento: 2006-04-15 18:34

Questione di culo

Uno potrebbe immaginare che il venerdì santo i giornali, anche se gratuiti, non abbiano penuria di notizie: però City non ha potuto fare a meno di citare la “formula per il sedere (femminile) perfetto”, tirata fuori da un certo David Holmes, docente di psicologia della Manchester Metropolitan University che a quanto pare sta trovandosi una nicchia anche alla BBC.
Il problema non è tanto scriverlo oggi, anche se è da una settimana che si trova l’articolo in rete, quanto l’idea di una formula: per chi non può farne a meno, il LIVELLO DI PERFEZIONE (l’hanno scritto maiuscolo loro!) è dato da (S+C)(B+F)/(T-V), dove V è il rapporto tra fianchi e vita, e gli altri valori, da dare in una scala da 1 a 20, sono rispettivamente “overall Shape”, con modello ideale di forma quello di una pesca; “Curviness” (più è rotondo, meglio è); “Bounciness” (lo sballonzolio, anzi la sua assenza); “Firmness” (sodezza); “skin Texture” (l’assenza di cellulite). Il tutto ricavato mediante un sondaggio di autovalutazione su 2000 donne.
Posso solo essere d’accordo con Cory Silverberg: che almeno serva ad abituare i ragazzi a fare i conti!

Ultimo aggiornamento: 2006-04-14 19:21

Ma il reddito pro-capite è cresciuto o no?

Tra le tante cose che Silvio ci ha comunicato sul suo bel libretto c’è anche la bella notizia che il reddito pro-capite italiano è aumentato dal 2001 (24.670 dollari) al 2005 (27.119 dollari). Che bello, che bello.
Però c’è chi fa notare (grazie alla SECca per l’implicita segnalazione) che è piuttosto strano che si facciano i conti in dollari e non in euro. La Ferretti prende la calcolatrice, converte in euro secondo i valori dell’Ufficio Italiano Cambi, e scopre che il PIL pro-capite è sceso di 5.861,73 euro, come segnalato anche in un commento che è arrivato ora all’altro messaggio. Com’è la storia?
Beh, questo è un classico esempio di come si può fare dire ai numeri tutto quello che si vuole, basta saperci giocare bene. Provo a sbrogliare almeno in parte la matassa, ma non garantisco di farcela. Innanzitutto, è ovvio che il trucchetto di parlare di dollari e non di euro è servito per nascondere il risultato reale; ma d’altra parte è abbastanza chiaro che non è possibile che il reddito pro-capite medio si sia abbassato così tanto, visto che il prodotto italiano lordo è rimasto più o meno costante (a meno dell’inflazione, si intende). Quindi occorre cercare i numeri originali e rifarsi tutti i conti.
Iniziamo dall’ISTAT: qui abbiamo i dati sul PIL. A pagina 5 scopriamo che il PIL 2001 (dopo un arrotondamento in crescita per un nuovo metodo di conteggio, ma la differenza è dell’1.5% circa) è stato di 1.248.648 milioni di euro; il PIL 2005 si trova a pagina 2 ed è stato di 1.417.241 milioni di euro. Considerando che il reddito pro-capite è dato dal PIL diviso il numero di abitanti, e considerando che gli abitanti italiani al censimento 2001 erano circa 56.996.000 e la stima a capodanno 2005 è di circa 58.594.000 abitanti si ricava come reddito pro-capite medio rispettivamente 21.907 e 24.187 euro. Il che può magari sembrare anche tanto, ma se teniamo conto dell’inflazione (come da tabella ISTAT), scopriamo che a prezzi costanti 1995 quei valori diventano 18.901 e 19.029 euro rispettivamente, con un aumento dello 0.6%, diciamo 0.7% perché a fine 2001 probabilmente c’era qualche italiano in più rispetto al censimento e quindi il reddito pro-capite era leggermente minore.
Conclusione? Chissà come e dove Silvio si è inventato i dati che ha fatto mettere sul suo libercolo.
Aggiornamento: La pausa pranzo in palestra deve avere messo un po’ di sangue più ossigenato in circolo, e ho probabilmente scoperto l’arcano. Come suggeritomi qui sotto da Tronzano, i valori sono scritti in dollari perché quella è la valuta di riferimento. Se ora dividiamo i due valori presentati dal libro per quelli che ho indicato io, scopriamo che i rapporti sono praticamente uguali: un euro vale 1.126 dollari nel primo caso, e 1.121 nel secondo. Un rapporto di cambio 1.12 non è così lontano da quello medio nel periodo, quindi potrei rispondere così: “I numeri indicati nel libro sono scritti in dollari per uso internazionale e calcolati rispetto a un valore del dollaro mediato nel quadrienno (oppure quello del 2003). Però non sono stati considerati al netto dell’inflazione”.
Come dicevo all’inizio, ai numeri si può far dir di tutto!

Ultimo aggiornamento: 2006-04-06 12:13