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Salari ingabbiati

I casi sono due. O la boutade estiva dei salari differenziati per regione serve per gli scopi fatti intuire da Maramotti nella sua vignetta di ieri, oppure sono giusto polverone che la Lega ha sparso per coprire il suo vero scopo: differenziare i salari dei dipendenti pubblici. Nel privato la differenza c’è già, non foss’altro che perché la contrattazione aziendale è molto più forte al nord; lo stipendio nella funzione pubblica invece è al momento per definizione uguale ovunque. Epperò…
Considerando che non penso sia costituzionale fare concorsi pubblici su base regionale, e considerando che comunque non possono vietarti di prendere la residenza in un’altra regione, come può ragionevolmente finire la cosa? Il lavoratore viene a nord, vince il concorso, e dopo un po’ chiede il ritorno al sud. Non possono decurtargli lo stipendio ad personam (non ci sarebbe un'”indennità nord”, ma proprio uno stipendio diverso), quindi tornerebbe giù con uno stipendio più alto. Tradotto in altri termini: i più furbi guadagneranno di più.
Mi resta solo da capire se i legaioli ci sono arrivati da soli.

Ultimo aggiornamento: 2009-08-12 12:46

Guzzantone e cadreghino

Lascio più che volentieri ad altri il discettare sui problemi sessual-erettivi. Io personalmente trovo molto più interessante un altro punto dell’ultimo sfogo di Paolo Guzzanti: la sua spiegazione di perché non si è dimesso.
Intendiamoci: è verissimo che per la Costituzione italiana ogni parlamentare rappresenta solo e unicamente sé stesso. Ma è anche vero che il Porcellum non ci permette di scegliere nessuno, quindi il dettato costituzionale è già virtualmente invalidato. Ma soprattutto, anche se è vero che «per prassi consolidata le Camere NEGANO in linea di principio il voto favorevole alle dimissioni» se non in casi eccezionali, è anche vero che l’attuale maggioranza non ci penserebbe due volte su a sovvertire il principio, quindi non sarei così certo dell’affermazione guzzantesca «io avrei potuto fare il beau geste che sarebbe tanto piaciuto ai miei nemici, di proporre le mie dimissioni, per vedermele regolarmente respinte come da manuale» non è poi un teorema così certo.
Però Guzzanti riesce a dirlo molto bene, vero? ;-)
P.S.: non c’entra nulla, ma devo dire che da quando aprì il sito Guzzanti è riuscito a crearsi un suo stile, dai titoli wertmülleriani ai commenti con risposta puntuale in grassetto. Da questo punto di vista, un’ottima prova giornalistica.

Ultimo aggiornamento: 2009-08-05 14:12

attenti all’ordine!

Oggi il Presidente della Repubblica ha promulgato il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2009, “recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali”, come ci spiega il sito del Senato.
Contestualmente o quasi, il Presidente della Repubblica ha emanato il decreto-legge correttivo della legge suindicata. Napolitano ha dovuto fare molta attenzione all’ordine in cui ha firmato – anzi, prego notare la finezza dei verbi: una legge si promulga, un decreto si emana – per evitare che la Cronopolizia venisse a fare storie perché era in vigore una modifica a qualcosa che non esisteva; ma non poteva fare aspettare troppo tempo, altrimenti qualche furbetto del codicillo si sarebbe intrufolato nell’interregno.
Siamo arrivati a un nuovo minimo storico persino per il nostro parlamento: si approva una legge sapendo che è sbagliata ed è da correggere mentre la si porta alla controfirma. (Occhei, c’è chi dice che “il Governo ha ascoltato il Parlamento”. Ma stiamo parlando di Gasparri.) Una persona ingenua avrebbe potuto chiedersi perché mai la legge non è stata modificata direttamente a Palazzo Madama; la risposta ovviamente è che facendo così sarebbe dovuta ritornare alla Camera, e i deputati se ne stavano già a godersi le meritate ferie. Una persona forse ancora più ingenua avrebbe potuto chiedersi come mai, se il decreto legge originario era del primo luglio e la Camera l’ha approvato con modificazioni il 28 luglio, queste modifiche non erano staste messe subito. La risposta è semplice: come ho già scritto più volte, il governo Berlusconi IV non solo lavora per decreti legge e ddl di iniziativa governativa, ma non fidandosi della sua maggioranza bulgara non si perita di chiedere la fiducia a ogni piè sospinto, previo singolo maxiemendamento preparato evidentemente in fretta e furia senza valutarne le conseguenze.
Il tutto esacerba un’altra pessima abitudine italiana, quella delle leggi che contengono tutto e il contrario di tutto. Qualcuno deve aver pensato che visto che abbiamo troppe leggi conviene promulgarne di meno; ma in pratica non cambia nulla, visto che nella stessa legge possiamo trovare ad esempio norme anticrisi e rifinanziamento delle missioni militari italiane, oppure trovare strani emendamenti (quando non viene chiesta la fiducia) che non c’entrano nulla col testo della legge cui sono applicati ma aggiungono lacciuoli o prebende sperando che almeno per un po’ nessuno noti la cosa. E mi sa che sia questa la vera ragione per cui si lasciano le cose in questo modo: è un peccato, perché altrimenti sarebbe più semplice riuscire a fare delle leggi coerenti e non errate a priori come adesso. Lo so, non succederà. Lasciatemelo però chiedere.

Ultimo aggiornamento: 2009-08-03 16:37

teatrino ceppalonide

In questi giorni qualche bloggher si è messo a sparlare di Clemente Mastella per questa intervista su Repubblica, dove il neo-eurodeputato si lamenta perché la diaria è solo di 290 euro. Seguono annessi e connessi, frizzi e lazzi.
Naturalmente io non ci credo neppure per un momento che Mastella non sapesse che da questa legislatura gli stipendi a Bruxelles non sono più parificati a quelli nazionali, ma sono uguali per tutti: e d’altra parte Mastella è stato votato, visto che le preferenze alle Europee ci sono ancora.
E poi, scusate, perché l’ex Guardasigilli sarebbe andato a farsi intervistare per un giornale che ce l’ha con lui? su, è tutto un teatrino: volete cascarci sempre?

Ultimo aggiornamento: 2009-07-17 08:00

Uno stato, due monete

La provocazione su noiseFromAmerika è tristemente divertente: avere due monete diverse all’interno dello stato Italiano. Al nord si continuerebbe a usare l’euro, mentre nel centro-sud (e per il debito pubblico…) si tornerebbe alla lira, libera di svalutarsi.
Inutile dire che un’idea del genere è irrealizzabile, e l’articolo di Pizzati spiega semplicemente che qualunque cosa facciamo (vendere tutto il patrimonio pubblico oppure uscire dall’euro) non serve sostanzialmente a nulla. Vi invito però a guardare le due tabelline in alto, quella dello storico decennale diviso per trimestri e di quanto è successo all’inizio del 2009. Come si può notare, le entrate – calcolate rispetto al PIL, quindi scontando inflazione e recessione – sono più o meno costanti, anzi addirittura leggermente migliori; quelle che sono aumentate sono le spese, cresciute di ben tre punti percentuali. Se fate un rapido conto, significa che sono maggiori di quelle dell’anno scorso (trimestre preelettorale, quando si sa che il governo cerca sempre di dare le ultime prebende…) anche al netto dell’inflazione, e lasciamo stare il PIL che crolla (tanto fabbriche lo Stato non ne ha più, quindi non può certo tagliare quelle spese). Il tutto senza nemmeno un piano di stimoli all’economia, nel qual caso si sarebbe potuto dire “vabbè, sappiamo dove sono stati spesi i soldi” (bene o male che siano stati spesi)… o forse qualcuno pensa che sia la Social Card a fare tutta quella differenza?
Ecco, la mia preoccupazione sullo stato dell’economia italiana è riassunta da quelle due tabelline.

Ultimo aggiornamento: 2009-07-17 07:00

avanti perplessi

Il presidente della Repubblica ha firmato la legge sul pacchetto sicurezza, ma ha inviato alle Camere e al governo una lettera in cui manifesta “perplessità e preoccupazioni”, rompendo un po’ le palle a tutti (tranne probabilmente Berlusconi): basta leggere Repubblica – che immagino faccia parte del gruppone dei “delusi da sinistra” – ma anche l’icastico Jena o Lia Celi. Ci sono anche i “delusi da destra”, che tuonano perché Napolitano non si doveva permettere di fare una cosa del genere, ma di quello parliamo dopo.
Credo che valga la pena di leggere questo fondo di Marcello Sorgi, anche per capire cosa sta succedendo dietro le quinte. La Costituzione (articolo 74, primo comma) dice semplicemente che «Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.» Tecnicamente, quindi, quello che ha fatto Napolitano non esiste, e quindi i politici della maggioranza avrebbero potuto fare finta di nulla e incassare il risultato. È anche vero, però, che storicamente il presidente della Repubblica ha rimandato indietro le leggi in due soli casi: non c’era adeguata copertura finanziaria, o erano manifestatamente incostituzionali. Non basta insomma una “probabile” incostituzionalità: e questo è corretto, perché nel sistema di contrappesi della Costituzione c’è un organo apposito che deve decidere a riguardo. Il messaggio alle Camere è regolato dalla Costituzione (non che serva a molto, intendiamoci); il messaggio al governo è assolutamente irrituale – ed è quella la cosa che ha irritato molti a destra – ma credo derivi da una scelta politica molto precisa. Il disegno di legge sulla sicurezza era di iniziativa governativa (Berlusconi – Maroni – Alfano; a chi è che ha scritto Napolitano, oltre che ai presidenti delle Camere?) ed è stato approvato a colpi di voti di fiducia. Non ricordo quale esponente del centrodestra si sia lamentato perché scrivere al governo significa svilire il Parlamento che è quello che fa le leggi; devo però dargli atto che è riuscito a dirlo senza fermarsi sghignazzante a metà della frase.
Insomma, non so se Napolitano stia cercando di spostare la Repubblica italiana verso una forma più presidenziale (facendo un implicito favore a Berlusconi), oppure se stia semplicemente cercando il proprio stile, esattamente come hanno fatto tutti i suoi predecessori. Non ritengo che avrebbe potuto rinviare la legge alle Camere; però possiamo discutere sull’utilità pratica del messaggio, se proprio volete :-)

Ultimo aggiornamento: 2009-07-16 11:12

E se fosse stato il compagno Gianfranco F.?

La mia sensazione è che beppegrillo™ abbia annunciato la sua candidatura a segretario del Piddì per un semplice motivo: non si parla più tanto di lui, quindi la gente non va ai suoi spettacoli né compra i suoi dvd, quindi guadagna meno soldi; occorreva pertanto un colpo di scena. E i maggiorenti del PD, boccaloni come sono, hanno subito abboccato: esca, amo, lenza e finanche la canna.
Quella di Grillo era ovviamente una provocazione: se uno è iscritto al PD è poco probabile che sia intenzionato a votarlo come leader. La risposta logica sarebbe stata rimandare il tutto al mittente: fare un comunicato in cui si diceva che eccezionalmente si accettava la candidatura anche se erano già scaduti i termini di iscrizione al partito, ma naturalmente si chiedeva l’accettazione esplicita dei valori del partito (ce ne devono pur essere, da qualche parte…) visto che in passato il popolare comico ne ha sempre parlato male. La stessa cosa, insomma, che si sarebbe potuta fare se Fini avesse improvvisamente chiesto di candidarsi lui a segretario PD; cosa che, diciamocelo pure, sarebbe stata molto più pericolosa per gli attuali leader che avrebbero potuto davvero essere scalzati via.
Inutile dire che ciò non è successo: ma se hanno fatto la solita figura da cioccolatai il problema non è certo mio. In fin dei conti stiamo parlando di un partito il cui suo primo segretario ha ricordato come “Craxi aveva di fron­te due grandi partiti, uno sem­pre al governo — la Dc — e uno sempre all’opposizione — il Pci — in un sistema che stava bene a entrambi: massi­mo di stabilità e massimo del debito pubblico” e ha terminato con: «Craxi deci­se che bisognava cambiare gioco, porre la sinistra di fron­te al problema di una nuova leadership ». Esercizio per il lettore più attento: quand’è che il debito pubblico italiano è schizzato dal 60% al 110%? Qui un aiutino.

Ultimo aggiornamento: 2009-07-15 10:08

governo tecnico all’italiana

Tremonti ha ragione. Fare un governo tecnico non ha nessun senso: chi lo voterebbe? PD, UDC e Lega? O forse il PdL butterebbe a mare Berlusconi, facendo avverare la profezia di Ferrara su un nuovo 25 luglio? Siamo seri, sarebbe molto più probabile tornare alle urne, e comunque non credo nemmeno a questo. Resta il fatto che se i giornali parlano di governo tecnico allora c’è qualcuno a cui piacerebbe tanto mandare a casa l’attuale PresConsMin. Ecco, a me piacerebbe sapere esattamente chi sono costoro :-)
Altra noticina: com’è che i governi tecnici in Italia sono sempre e solo di (ex) governatori e vice della Banca d’Italia? Carli e Baffi sono stati tenuti da parte (anche se il primo ha fatto il ministro del Tesoro) perché ai tempi nessun politico avrebbe ceduto il massimo cadreghino, ma poi ci sono stati Ciampi e Dini (che era il vice di Tonino Fazio… beh, lui per fortuna non è stato cooptato), e adesso si parla di Draghi. Mi chiedo se tutto questo significhi che il liberismo è tale che si possa solo parlare di economia se non si vuole fare politica, o cos’altro.

Ultimo aggiornamento: 2009-06-29 16:25