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tante sinistre, tanti quotidiani

Leggo che oggi esce il primo numero del nuovo giornale di Piero Sansonetti, “L’altro”. Sansonetti era stato defenestrato dalla guida di Liberazione, il giornale di Rifondazione Comunista, perché era vicino alle posizioni del trozkista Vendola (e perché il giornale non lo comprava nessuno). Adesso parte alla grande, con una tiratura di 90-100mila copie e una distribuzione curata da Mondadori.
Contemporaneamente leggo che Antonio Padellaro, ex direttore dell’Unità, a settembre dovrebbe tornare alla guida di un nuovo quotidiano, nome provvisorio Il Fatto. Obiettivi più limitati, diecimila copie, e strategia completamente diversa: cercare uno zoccolo duro di abbonati, lasciando immagino perdere la distribuzione in edicola se non in posti limitati.
Si potrebbero fare mille battute al riguardo, ma mi limito a una constatazione. In Italia si leggono pochi giornali: com’è che a sinistra non solo ci si divide a ogni piè sospinto ma ognuno vuole crearsi il proprio quotidiano? Stanno cercando di avere un’audience media minore di un blog? (e chi glieli dà i soldi, tra l’altro, che al momento non dovrebbero poter avere nemmeno le prebende statali, non essendo la sinistra rappresentata in Parlamento?)

Ultimo aggiornamento: 2009-05-12 13:25

notizie alla rovescia: le pensioni si svaluteranno

Avessi trovato questo articolo sul Sole-24 Ore, non mi sarei stupito. Anche Libero / il Giornale sarebbero stati adatti, e probabilmente anche il Corriere. Invece no: sta su Repubblica.
L’articolo racconta di «un corposo studio voluto ed elaborato dal Cnel e dal Cer» – e già mi piacerebbe sapere cosa diavolo sia il Cer, ma si sa che l’italica stampa non si degna di mettere i link ai documenti che cita, non fosse mai che qualcuno smettesse di leggere i loro articoli – dal quale si evincerebbe che «chi può avvalersi a pieno del sistema retributivo va oggi in pensione con il 67 per cento dello stipendio»: considerando che si calcola la media degli ultimi dieci anni di stipendi e che in questi anni gli stipendi stessi non sono poi cresciuti più di tanto, posso immaginare che si parli di chi va in pensione con 35 anni di anzianità. Invece la percentuale dello stipendio di «chi lascerà il lavoro fra il 2040 e il 2050 [sarà] solo del 48.» Non si sa bene come sia stato calcolata questa cifra: o meglio lo si sa, perché l’articolo aggiunge che il poveretto che ha iniziato a lavorare adesso per avere la stessa percentuale di pensione dovrebbe lavorare «cinque anni e mezzo in più (che si aggiungerebbero al 61 anni considerati età minima pensionabile». Questo significa che si tiene conto del taglio delle pensioni per chi esce prima dei 65 anni.
Inutile dire che tutti questi conti sono assolutamente campati in aria, non foss’altro che perché i coefficienti di rivalutazione dei contributi dovrebbero essere aggiornati a seconda della variazione della durata della vita: la riforma pensionistica infatti parte dal banale principio che non essendoci più una crescita esponenziale del numero di lavoratori non ci si può più permettere il lusso di pagare i pensionati attuali con i soldi dei lavoratori attuali, ma sarà il singolo lavoratore che in un certo senso deve far mettere da parte i soldi per la sua pensione. Questo, volenti o nolenti, è un fatto: ma andare a intervistare il «professore di Scienza delle Finanze all’Università di Bolonga (sic)» e fargli dire che «Questo quadro nasce dalle riforme Amato e Dini» in maniera tale che il lettore disattento legga “è colpa di Amato e di Dini”. Sì, è colpa loro: ma in collaborazione col sindacato che non ha accettato di partire subito col sistema pensionistico misto per paura di perdere i consensi che tanto ha perso lo stesso.

Ultimo aggiornamento: 2009-05-07 14:57

Speranze malriposte

Avete sicuramente sentito parlare della tragedia avvenuta a Lauderdale in Florida, con una camera iperbarica che si è incendiata ammazzando la nonna di un bimbo campano che si trovava là per una terapia sperimentale: il piccolo è gravemente ustionato. Avrete anche letto che quel modello di camera iperbarica è vietato da vent’anni in Italia perché pericoloso (immagino più ancora che quella del Galeazzi, a questo punto)
Da Paniscus scopro però altre cose: che la clinica non è poi una vera clinica, non è che queste terapie siano testate solamente lì, ma anche in Europa e in Italia, che casualmente tutti i “viaggi della speranza” arrivano dalla Campania e dalla Puglia, tutti sotto l’egida dello stesso medico generico, e che un’associazione di genitori di disabili aveva già denunciato alcuni mesi fa che si parlava tanto di queste terapie, con relative collette per i costi non certo irrisori della terapia, ma poi non si sapevano mai notizie dei risultati delle terapie stesse. Naturalmente, essendo le terapie sperimentali, nessuno pretende che i risultati ci siano sempre, e siano sempre positivi: ma la storia vista così sembra più che altro uno dei tanti sistemi per lucrare sulla speranza della gente.

Ultimo aggiornamento: 2009-05-03 12:55

Fiat e Chrysler

Se ho capito bene, Chrysler finirà in amministrazione controllata (il Chapter 11 della relativa legge americana: mfisk avrà sicuramente apprezzato che ieri Mario Deaglio, intervistato da radiopop, abbia gentilmente spiegato al giornalista che bankruptcy non significa affatto bancarotta); si creerà una newco con il 55% in mano al sindacato USA, il 20% alla Fiat, e il resto ai governi USA e canadese. Mentre la Fiat gioisce, i sindacati italiani sono preoccupati per le ricadute sull’occupazione in Italia.
Mah. Sicuramente al momento la Fiat ci guadagna, visto che non sborsa un euro ma solo del know-how, e si prepara per il futuro dove potrebbe forse raggiungere la maggioranza dell’azienda. Ma anche a me resta il dubbio dei sindacati italiani. Quando si fanno sinergie in genere si tolgono posti di lavoro, è una cosa ormai ben nota. Ma soprattutto se è vero che la capacità produttiva di automobili supera del 30% quella ricettiva allora è ovvio che bisogna tagliare la produzione; ma questo non lo si fa con le fusioni… a meno che i lavoratori non siano scarti della fusione stessa. Non sarebbe giusto parlare anche di queste cose?

Ultimo aggiornamento: 2009-05-02 08:00

Parziale libertà di stampa

[libertà di stampa] Immagino abbiate letto (occhei, non l’ho visto sul Giornale o su TGCOM, ma magari oggi è festa e le redazioni online sono ridotto) il rapporto di Freedom House che declassa l’Italia – insieme a Hong Kong e Israele – da “paese a stampa libera” a “paese a stampa parzialmente libera”. Per la precisione siamo al 73.mo posto, a pari merito con Tonga. Il comunicato stampa afferma che l’Italia è ridiscesa tra le nazioni parzialmente libere (lo era già nel 2004) perché la libertà di espressione è limitata dai tribunali e dalle leggi sulla diffamazione e dall’aumentata intimidazione dei giornalisti da parte del crimine organizzato e dei gruppi di estrema destra; c’è inoltre preoccupazione sulla concentrazione della proprietà dei media.
Giusto per mettere le cose in chiaro: nel 1984 ad essere solo parzialmente libera era la Francia. Quello che però mi preoccupa è che nel 2009 la situazione peggiorerà ancora: non solo continueranno ad esserci le intimidazioni di cui sopra, ma si aggiungerà la crisi che toglierà soldi e farà sì che chi farà ancora pubblicità avrà ancora più potere. E non venitemi a dire “ma ci saranno i blogh a tenere alta la bandiera della libertà di stampa”: non ridiamo, dai.

Ultimo aggiornamento: 2009-05-02 07:00

Veronica e Vittorio

Non avevo affatto intenzione di commentare la nuova lettera pubblicamente scritta dalla signora Miriam Raffaella Bartolini in arte Veronica Lario. La mia sensazione è che sia tutta una pastetta: qualcuno ha fatto notare a Berlusconi che portare veline letteronze e simili come esempi di candidate sarebbe potuto diventare un boomerang, e così il PresConsMin ha trovato una scusa per evitare i casi più eclatanti e incassare solidarietà bisexual.
Poi però è arrivato Vittorio Feltri, che con la sua usuale finezza ha spiattellato in prima pagina del suo quotidiano le tette della signora Veronica esposte nella rappresentazione teatrale che arrapò così tanto l’allora imprenditore edile da fargli lasciare la prima moglie, fare qualche figlio con lei e poi renderla una donna onesta, e scritto un editoriale (purtroppo solo a pagamento, oppure leggibile ricordandosi che noi paghiamo il Parlamento) dove praticamente dice che la signora Lario dovrebbe solo stare zitta, visto che in fin dei conti non c’è differenza tra una velina di adesso e lei trent’anni fa: anzi, le sgallettate odierne sono financo laureate.
Ora, io non è che rispetti molto Vittorio Feltri; però rispetto la sua intelligenza e so bene che lui sa che il punto non è cosa facciano le signore e signorine in questione (nella vita e con Silvio) quanto il perché mai dovrebbero essere candidate come eurodeputate: non mi pare che la signora Lario abbia mai cercato di intraprendere una carriera politica, e mi pare questa sia una bella differenza. D’altra parte, proprio perché Feltri è intelligente e conosce il suo lettore tipo, lui sa perfettamente che il messaggio che gli arriverà è un altro: che appunto la signora Lario è un’ingrata. Feltri il suo lavoro lo sa fare davvero bene.
(se siete arrivati fino a qua, magari riuscite a togliermi un dubbio. Quei fotogrammi della Lario sono ben noti; epperò a me sembrano tanto roba da telefoni bianchi. È possibile che nel 1980 non ci fossero immagini migliori?)

Ultimo aggiornamento: 2009-04-30 10:58

Ma Facebook non è un blog

Domenica notavo come l’ottimo Farfintadiesseresani ormai prediligesse Faccialibro al proprio blog. Claudio ha poi commentato dicendo che «il motivo di preferire “faccialibro” o “cinguettare” e’ che alcune notizie semplicemente viaggiano piu’ velocemente.» Sì, è vero. Ma…
Io usicchio Facebook, uso ogni tanto (ma davvero tanto…) Twitter, uso molto Tumblr e FriendFeed. Non si può insomma dire che io sia tendenzialmente contrario a questi modi di condividere informazione. Quello che però vedo è che in questo modo non si produce informazione. D’altra parte è chiaro: con due clic si prende una cosa che piace e la si manda a tutti i nostri amichetti, e questo ti costa molto di meno che mettersi a scrivere qualcosa che abbia almeno una parvenza di senso. Il rischio che però vedo è che si arrivi ad avere l’equivalente di una televisione via internet, dove l’interazione della gente consiste al più nell’aggiungere il commento “bellissimo!” – non molto diverso dal televoto, se non per il fatto che non devi cacciare l’euro. Poi lo so, che puoi usare Facebook per scrivere contenuti e un blog per riportare le cose viste in giro, e che ogni strumento può essere usato in modi diversi: d’alta parte puoi anche usare un cacciavite come apribottiglie o martello, no?
Poi è chiaro che nessuno di noi potrà mai farcela a creare un meme al giorno, e che nella maggior parte dei casi la nostra produzione sarà notata dai soliti ventun lettori; ma almeno ci tentiamo.

Ultimo aggiornamento: 2009-04-28 14:09

a pensare male…

Repubblica racconta che l’agenzia delle entrate, quatta quatta, ha emesso una circolare (PDF) intitolata “Prevenzione e contrasto dell’evasione – Anno 2009 – Indirizzi operativi” e che tra le altre cose afferma che per stanare gli evasori si andrà a vedere chi ha usufruito di «servizi considerabili “di lusso” effettuate da soggetti operanti nelle rispettive circoscrizioni (porti turistici, circoli esclusivi, scuole private, wellness center, tour operator, e così via).». Apriti cielo!
Una serie di associazioni scolastiche, cattoliche e no, ha diramato un comunicato stampa (PDF) dove si mette subito le mani avanti: che quando si parla di “scuole private” non si intenda «segnalare le scuole paritarie che, secondo la legge 62/2000, fanno parte del sistema nazionale pubblico di istruzione»! Eh sì, perché «Il messaggio può essere interpretato in senso minaccioso: se scegli una scuola diversa dalla statale, hai dei redditi nascosti e perciò devi essere controllato.»
Io ho fatto le elementari e le medie statali, e un liceo privato legalmente riconosciuto (il Valsalice). Se trent’anni fa ci fosse stata una circolare simile, a me non sarebbe cambiato nulla: mio padre le tasse le pagava, quindi non avrebbe avuto a che temere da un controllo. Perché – nel caso qualcuno non se ne fosse accorto – non è che la circolare istituisca una specie di redditometro e dica “se mandi il figlio alla scuola privata allora devi per forza guadagnare tot”: dice “se mandi il figlio alla scuola privata allora voglio controllare i tuoi redditi”. Ma le associazioni mi sa che conoscano bene i loro polli e non si fidano troppo delle loro dichiarazioni dei redditi; tanto che il comunicato stampa termina affermando che «occorrono segnali positivi ed equi che rimettano in moto non solo l’economia ma ancora di più la speranza». Mi domando di che speranza si parli.

Ultimo aggiornamento: 2009-04-27 14:59