Mercoledì non avevo nulla per pranzo e sono passato da Aldi a prendere un pezzo di pizza margherita (un po’ bruciata, ma vabbè). Peso il pezzo e noto che è 140 grammi, mentre l’etichetta indica 160 grammi: segnalo che il prezzo è a pezzo e non a peso. Arrivato in ufficio scrivo al servizio clienti Aldi, con foto relativa: in dieci minuti mi arriva una risposta – così ad occhio precotta – che dice
La informiamo che gli addetti alle vendite in tutti i punti vendita ALDI pongono estrema attenzione ad una accurata esposizione dei prodotti e ad una corretta indicazione dei prezzi.
Le chiediamo, tuttavia, di comprendere che, nonostante l’accuratezza con cui viene svolto il lavoro, può purtroppo succedere che un prezzo esposto sugli scaffali sfugga all’attenzione dei nostri colleghi.
Per migliorare il nostro servizio, abbiamo inoltrato la Sua segnalazione all’Ufficio di competenza.
Ora, a essere errato non era il prezzo ma la grammatura. Ho dei forti dubbi che quel tipo di errore venga fatto: qualcuno avrà pur detto di abbassare il peso del pezzo di pizza e cambiare scontrino, e se non l’hanno spiegato bene all’addetto hanno dei forti problemi di comunicazione. Ma la cosa peggiore è che dopo che ho risposto subito dicendo appunto questa cosa (tranne l’ultima frase…) c’è stato un silenzio assordante. Bel servizio clienti, non c’è che dire.
Tutti i giornali stanno riportando un dossier dell’Inps che parla di uno “squilibrio”, definito dall’ente previdenziale come una “ingiustizia” del sistema. Il busillis sono i coefficienti di trasformazione, cioè la percentuale dei soldi dati all’INPS mentre si lavora che viene ridata annualmente quando si va in pensione. Già con la riforma Dini, questi coefficienti sono calcolati basandosi sull’aspettativa di vita: quindi a parità di soldi versati se si va in pensione prima si prendono meno soldi. La logica è chiara: se ti devono pagare per più tempo, te ne danno di meno ogni mese. L’INPS però direbbe in questo dossier che non è giusto che i coefficienti siano uguali per tutti, e non tengano conto della speranza di vita relativa al lavoro che si è fatto e alla regione dove si vive; quindi bisognerebbe fare un conteggio per così dire personalizzato.
Possiamo dunque immaginare che l’ex senatore Simone Pollon, 

Vabbè, Roberto Vannacci si direbbe ancora più fascista del parà medio della Folgore: ma direi che questo non è molto strano. Oltre che fascista deve anche essere un rompipalle di prima classe, a giudicare dal fatto che a giugno era stato posto a capo dell’Istituto Geografico Militare nel più classico “promoveatur ut amoveatur”, dopo che da settembre era a fare nulla dopo essere stato espulso dalla Russia come persona non grata. Evidentemente in questi mesi si deve essere divertito a scrivere il suo libro che si è autopubblicato su Amazon.
Abbiamo il telepass da una vita, quando era monopolista (