Archivi categoria: obituary

Davy Jones

[occhei. Mentre sto scrivendo questo leggo che è morto Lucio Dalla. Però di Dalla ne parleranno tutti, di Davy Jones no, quindi resto sulla mia notiziola]
È morto uno dei Monkees. Probabilmente a molti di voi il nome di questa band non dirà nulla; se sentiste le note di I’m a Believer, al più vi verranno in mente i titoli di coda di Shrek. Però la loro storia è molto interessante…
Dopo la Beatlemania, negli USA decisero di fare uno spettacolo TV con protagonista una pop band. Insomma, Amici con quarant’anni di anticipo. Però non potevano prendere una pop band già pronta, perché altrimenti non avrebbero potuto lucrare sui contratti artistici; così hanno fatto un po’ di audizioni per prendere gente che venisse bene in tv, e se possibile avesse anche qualche idea su come suonare uno strumento. E in effetti Jones era più che altro un attore… Assemblamenti di questo tipo possono dare dei problemi: per esempio, che nessuno dei quattro prescelti sapesse suonare la batteria. Se la sono giocata ai dadi, ha perso Micky Dolenz (anche perché Davy Jones era piccolo di statura e quindi non lo si riusciva a inquadrare) che all’inizio faceva finta e man mano poi ha imparato.
Detto tutto questo, definire i Monkees “i Pre-Fab Four” è riduttivo. È vero che sono stati creati a tavolino, ma come gruppo pop hanno fatto il loro onesto mestiere. Un ricordo affettuoso è solo doveroso.
P.S.: il punto più buffo di tutta la storia (quello che mi aveva dato lo spunto per scriverla, solo che poi me ne sono dimenticato…) è che Davies non era americano ma britannico, di Manchester.

Ultimo aggiornamento: 2012-03-01 12:56

Oscar Luigi Scalfaro

Di Scalfaro (“Oscar Maria”, come lo chiamavo io) ne hanno parlato tutti: ieri pomeriggio sono morbosamente andato a vedere le home page del Giornale e di Libero, trovando più o meno quello che mi aspettavo. Però mi pare che tra i vari ricordi ci siano due cose che sono passate nel dimenticatoio, o meglio che sono state sì rievocate ma senza i retroscena che dal mio punto di vista sono più interessanti.
La prima è la circostanza in cui è stato eletto Presidente della Repubblica. Il problema non era tanto lo scoppio di Tangentopoli; o meglio Tangentopoli stava bloccando le votazioni, per i veti incrociati anche all’interno della maggioranza. Tutti hanno ricordato che la situazione si sbloccò a causa della strage di Capaci che portò alla decisione di scegliere una “figura istituzionale” (Scalfaro era appena stato nominato presidente della Camera), ma pochi mi pare abbiano aggiunto che lo sponsor principale di Scalfaro fu niente meno che Marco Pannella, la persona a prima vista meno indicata ad apprezzare un baciapile come l’Oscar Luigi. Secondo me, Pannella lo preferì a Spadolini perché lo sentiva una testa dura come lui: resta il punto che quello fu il punto ascendente della parabola del Giacinto, che tentò inutilmente di ripetere il giochetto con la scelta del Pres.Cons.Min ma non ci riuscì, e poi finì man mano a far votare i suoi sodali per chi gli prometteva un minimo di visibilità.
La seconda cosa che mi pare posta in seconda fila è il suo comportamento durante il primo governo Berlusconi. Sappiamo tutti perfettamente che Scalfaro odiava Silvio, e che con ogni probabilità il suo ruolo è stato ben al di là di quanto la prassi assegna al Presidente della Repubblica: Ciampi e Napolitano in confronto sono stati dei notai. Ma soprattutto da destra sono tutti a ricordare il ribaltone, cosa che invece è stata assolutamente corretta… a meno che non si dimostri che Scalfaro ha intimato a Bossi di rompere la coalizione di governo. Quello che viene dimenticato è il ruolo avuto da Scalfaro nel non firmare la lista originale dei ministri con Cesare Previti alla Giustizia (l’equivalente di mettere una volpe di guardia al pollaio…) con il suo spostamento al volo alla Difesa. Questo sì che è stato un atto contro la Costituzione, visto che il Presidente della Repubblica non ha tecnicamente potere sulla scelta dei ministri (mentre ce l’ha sulla scelta del PresConsMin)! Oh, per quanto mi riguarda ha fatto bene, e mi sa che sotto sotto ne siano convinti anche quelli di destra visto appunto che hanno glissato sulla cosa preferendo appunto tuonare sul ribaltone; però la cosa è appunto passata in second’ordine, mentre sono convinto che questo sia invece il modo migliore per ricordarlo. (Sì, ci sarebbe anche la sua difesa della Costituzione con i comizi a novant’anni suonati, ma io ho le mie preferenze)

Ultimo aggiornamento: 2012-01-30 11:19

Giancarlo Bigazzi

Io ero convinto che Bigazzi fosse solo un (grande) paroliere. Gli potevo anche perdonare le collaborazioni con Marco Masini. Purtroppo è dovuto morire perché io potessi scoprire che era il leader degli Squallor, e soprattutto che non è solo stato un paroliere ma ha anche composto musica. Diciamolo: avrei preferito scoprirlo tra vent’anni.

Ultimo aggiornamento: 2012-01-19 12:54

Carlo Fruttero

Non ci crederete, ma un torinese come me non ha mai letto nessun giallo della premiata ditta F&L. (Lessi e apprezzai Donne informate sui fatti, ma quella è un’altra storia). Ma naturalmente, da buon lettore della Busiarda e vecchio appassionato di fantascienza sono sempre stato a contatto virtuale con la coppia prima e con lui da solo poi, dal racconto a puntate delle loro avventure nella valigetta diplomatica di Gheddafi alla sua rubrica su Tuttolibri, terminata un paio d’anni fa quando capii che ormai gli anni stavano chiedendo il loro pedaggio… tanto che mi stupii favorevolmente che fosse ancora riuscito a terminare il libro a quattro mani con Massimo Gramellini, che oggi lo ricorda sul suo Buongiorno.
Sì, dovremmo avercela con una lama delle Forbici d’Oro della fantascienza italiana: ma l’abbiamo già perdonato da mo’, era difficile tenere il broncio verso un signore (e un traduttore, e un descrittore di Torino, degno sodale di Mario Soldati per chi si ricorda ancora di lui)

Ultimo aggiornamento: 2012-01-16 13:31

Vittorio Curtoni

Con due colpevoli mesi di ritardo ho scoperto la morte di Vittorio Curtoni. Nel piccolo mondo dell’italica fantascienza (mondo del quale io non faccio parte, come avrete capito) Curtoni era noto per essere stato il deus ex machina di Robot, oltre ad aver scritto qualche libro e parecchi racconti – per me sono meglio i racconti, ve lo dico subito. Magari qualcuno sa anche che è stato un traduttore, credo sia stato lui a fare le prime versioni italiane delle opere di Philip K. Dick. Il mio ricordo personale è più su queste ultime righe, ma con una particolarità: chi volesse saperne di più può leggere il suo ricordo su fantascienza.com.
Conobbi Curtoni alla fine degli anni ’80 per via telematica: ci siamo trovati sull’area Fidonet SF.ITA. Stiamo parlando di quasi venticinque anni fa, persino tra i miei lettori ce n’erano ben pochi ad avere idea che si potesse comunicare in modo elettronico. Curtoni aveva un carattere ambivalente: litigare con lui era molto facile, è capitato anche a me, ma era anche prontissimo a fare di tutto. Un giorno andammo a trovarlo a casa sua a Piacenza: la tipica casa dove ovunque hai scaffali di libri, rigorosamente in doppia e tripla fila per occupare tutto lo spazio possibile. Lì capii per la prima volta cosa significasse essere un traduttore: c’erano pacchi di vocabolari specialistici delle materie più incredibili, perché per tradurre l’uno o l’altro libro magari gli era servito sapere di nautica o di araldica.
Sarà stato il 1990 o 1991: “old Vic” (si firmava così già allora) non aveva certo a disposizione Google o tutta l’internet di adesso, e si arrabattava come poteva per fare il suo lavoro al meglio: la “matrix” (la posta elettronica via Fidonet) era un enorme miglioramento rispetto al passato, perché in tre-quattro giorni poteva avere una risposta ai suoi dubbi sul testo di un’opera direttamente dall’autore. Ecco, vorrei ricordarlo così, come un vero artigiano delle parole.

Ultimo aggiornamento: 2011-12-04 22:58

Dennis Ritchie

Anche se la sua morte fosse avvenuta in un momento diverso dal cordoglio totale globale per la prematura dipartita di Steve Jobs, mi sa che la scomparsa di Dennis Ritchie non avrebbe comunque raggiunto non dico le prime pagine dei giornali, ma almeno le loro sezioni culturali: il che prova, se ce ne fosse bisogno, che non basta il genio e le creazioni per essere famosi ma occorra anche apparire.
Per quelli tra i miei ventun lettori che non hanno un background tecnologico, spiego in due parole cosa Ritchie ha fatto negli anni ’60 e ’70: assieme a Ken Thompson ha sviluppato Unix, cioè il primo vero sistema operativo per piccoli computer, e insieme a Brian Wilson Kernighan ha sviluppato il linguaggio di programmazione C, strettamente collegato a Unix. Ma detto così non si riesce a capire la portata di queste creazioni: forse è meglio un esempio più visibile. Immaginate che ogni modello di automobile avesse un suo proprio sistema per accendere i fari, azionare le frecce o il tergicristallo, oppure ancora cambiare marcia; e che qualcuno sviluppasse un sistema che dal punto di vista dell’automobilista apparisse identico su ciascun modello, lasciando al costruttore il compito di convertirlo nell’effettivo comando per quella vettura. Ecco: Ritchie ha fatto proprio quello. In Unix tutto assomiglia a un file, e il programmatore lo tratta come tale: sono i driver del computer che si occupano di spiegare a basso livello cosa significa il comando eseguito. Aggiungere questo strato di astrazione è stato fondamentale per ampliare la base dei programmatori, che continuano ad essere artisti ma sono ora più liberi di creare i propri programmi senza perdere tempo a vedere dove verranno eseguiti. Niente male, vero?
Però Ritchie è sempre stata una persona schiva: dal suo punto di vista penso volesse così e quindi la scelta era da rispettare, ma ora permettetemi appunto queste poche righe di ringraziamento.

Ultimo aggiornamento: 2011-10-13 11:59

Padre Roberto Busa, S.J.

Purtroppo non ho mai avuto l’onore di incontrare padre Roberto Busa, gesuita morto a quasi novantott’anni lo scorso 9 agosto. Devo aggiungere che mi ha favorevolmente sorpreso che La Stampa lo abbia ricordato con un lungo e affettuoso articolo, visto che penso che il suo nome sia ignoto persino alla maggior parte dei miei ventun lettori (tranne naturalmente il buon Zop, che a suo tempo mi raccontò di lui).
Non so se la ragione sia il suo essere stato un prete e per di più gesuita oppure banalmente la sua italianità, però è un ingiustizia che il suo lavoro davvero pionieristico sull’uso dei computer per la linguistica (parliamo del 1949, quando era già difficile che qualcuno sapesse dell’esistenza dei computer) sia rimasto così negletto. Busa stava preparando – a mano… – un elenco delle concordanze nei testi di san Tommaso d’Aquino, elenco poi effettivamente completato; si recò da Thomas J. Watson, allora direttore dell’IBM, chiedendogli di usare i loro computer all’uopo (con risposta allora negativa, il software di quel tipo mica esisteva ancora…) Insomma, quindici anni prima di Ted Nelson lui pensava già agli ipertesti!
Insomma Busa è stato l’esempio paradigmatico di come la cultura letteraria non debba avere paura della scienza, ma anzi la possa utilmente sfruttare. Peccato che non lo si sappia…

Ultimo aggiornamento: 2011-08-19 07:00

Lelio Luttazzi

Per me Luttazzi è sempre stato uno e uno solo: Lelio. Ho appena verificato: ho parlato di lui su queste notiziole nell’ottobre 2001, quando non avevo ancora ben chiaro a che diavolo servisse un blog (non che ce l’abbia troppo chiaro adesso, ma almeno il mio stile si è un po’ affinato)
Sapevo che stava male da anni, ma leggere della sua morte è sempre triste. Lasciando perdere i quotidiani che hanno semplicemente riciclato il coccodrillo Ansa, vi linko la voce su Wikipedia e il ricordo di Sofri (quello giovane) che mi ha fatto ricordare di quando anch’io registravo le canzoni della Hiiiiit Pareeeeid con gli applausi in mezzo :-); e vi lascio il link a El can de Trieste, divertissement inizio anni ‘7o inopinatamente salita in cima… alla Hit Parade :-)

Ultimo aggiornamento: 2010-07-08 09:29