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Come codifichereste pi greco?

Leggo da Isabel che tra gli svariati cerchi sui campi di grano che sono uno dei tormentoni preferiti dai britannici ne è stato trovato uno piuttosto particolare, che codificherebbe pi greco. L’immagine, con l’articolo relativo, è stata pubblicata da Metro – versione UK; in pratica, se vedete la specie di spirale fatta a tratti, i vari tratti sottendono un angolo di 3, 1, 4, 1, 5, 9, 2, 6, 5, 4 radianti, vale a dire le prime dieci cifre dello sviluppo decimale di π; questo prova – a detta di alcuni – che è un chiaro segno di messaggio extraterrestre.
A parte la battuta obbligatoria di Isabel (“il modo migliore per codificare π in un cerchio è disegnare il cerchio”), il suo post spiega con logica convincente che un disegno simile è un chiaro segno di messaggio non extraterrestre, per un banale fatto: non si vede perché la rappresentazione di π debba essere in base 10, un accidente storico planetario.
In effetti, se ci pensate su, ci sono numeri e misure “più naturali” (non nel senso di interi positivi) e altri meno. π, come anche , sono ottimi candidati per mandare un “numero non casuale” e quindi dare un segno di intelligenza. La cosa è un po’ buffa, perché questi numeri appaiono spesso nei posti più impensati e quindi potrebbero capitare quasi per caso, ma tant’è. Anche la scelta di usare il radiante come unità di misura degli angoli è naturale: il radiante in fin dei conti è un angolo che sottende un arco della stessa distanza del raggio, e quindi è una misura indipendente dalle unità scelte. Il fatto che una circonferenza misuri un numero irrazionale di radianti (2π, se non ve lo ricordate) è un banale accidente, e nessuno si preoccupa più di tanto della cosa. Sarebbe in realtà peggio se la misura fosse qualcosa tipo 6.05 unità, perché uno si potrebbe chiedere se c’è stato un errore di misura.
Ma per la base numerica? Probabilmente la scelta migliore è la base 2. Infatti è una base numerica (la base 1, a parte richiedere una quantità spropositata di simboli, non è che possa rappresentare i numeri non interi se non con uno sforzo notevole), ed è la più piccola base numerica possibile. Insomma, il fatto che i calcolatori abbiano solo due “dita” è un altro accidente storico, ma due è un bel numero.
Certo, qualcuno potrebbe dire che gli extraterrestri ci hanno studiato e sanno che usiamo la base 10, ma a questo punto potrebbero tranquillamente mandarci una lettera e spiegarci le cose di persona, no? I giochini lasciamoli ai quiz.
E voi, che cosa proporreste come unità “naturali”?

Ultimo aggiornamento: 2008-06-19 09:34

Carnevale della Matematica # 2

Oggi è il quattordici del mese: benvenuti dumque al secondo numero del Carnevale della Matematica – versione italiana! (il primo numero, per chi se lo fosse perso, è stato ospitato da Proooof)
Il numero due forse non ha il fascino del numero uno, ma sicuramente ha caratteristiche interessanti, come del resto tutti i numeri sono interessanti. Tanto per iniziare, due è il primo numero pari, e il numero primo pari (ogni lingua ha i suoi giochi di parole: in inglese, “two is odd since it is the only prime which is not odd”). La base due è quella usata dai calcolatori, e – come forse sapete – il mondo si divide in 10 categorie: quelli che conoscono la base due e quelli che non la conoscono. I controlli di parità sfruttano per definizione il numero due, e per gli antichi greci il due, oltre a raffigurare il principio femminile, era anche il primo numero (uno non era considerato un numero, quanto un generatore di numeri). Insomma, due è un numero interessante… come ogni numero, del resto.
Ma bando alle ciance, e vediamo i contributi di questo mese. Proooof racconta del doppio pendolo (senza nessuna formula, mi dice, e io ringrazio della cosa: i miei lontani ricordi universitari mi preoccupano). Il pendolo lo conosciamo tutti, e il suo moto è abbastanza facile da capire. Col doppio pendolo si va nel caos, come si può vedere dal video. Per chi vuole proprio qualche formula, proooof ci racconta anche dei fogli A4, le cui misure non sono affatto state scelte a caso come qualcuno sicuramente crede, ma l’ISO si è messa di mezzo… pur senza sapere che si sarebbe arrivati ai circuiti integrati e ai frattali.
La prof Giovanna di matematicamedie ci mostra graficamente i numeri poligonali, che in effetti su una tavola pitagorica fanno un bell’effetto visivo. D’altra parte, i numeri poligonali sono stati proposti dagli antichi greci, quindi la tavola pitagorica è una loro parente, no?
Maurizio mi ha impedito di mettere un link a una barzelletta matematica (la trovate in data 8 giugno, se avete voglia di cercare). Essendo io perfido, segnalo altri due suoi post: un ricordo di due matematici e delle serie e la più bella formula matematica. Se invece preferite avere uno sguardo a più dimensioni sulla geometria, Odiamore racconta della bottiglia di Klein.
Gli amanti della storia della matematica hanno pane per i loro denti con Marcello Seri, che ha scritto un breve saggio sulla Storia dei Numeri, perché di tipi di numeri ce ne sono tanti, forse anche troppi secondo qualcuno. E a proposito di numeri, i Rudi Matematici (senza acca perché parliamo del blog su Le Scienze) hanno preparato un pippone su come si chiamano i numeri: non tanto quelli piccoli, ma quelli davvero grandi, ammesso che esistano. Si sa, c’è sempre qualche guastafeste che dice che se un numero è maggiore della quantità di particelle presenti nell’universo allora tale numero non esiste… però questo è il Carnevale della Matematica, non della Filosofia, e quindi tali pensieri sono banditi.
Per la serie “roba non nostra, ma comunque interessante”. i Rudi Matematici ci segnalano anche che è uscito il numero 6 di Matematicamente, che all’interno ha tra l’altro un saggio inedito di Ennio De Giorgi; cragganmore segnala invece un’interessante applicazione della matematica computazionale alla musica, con Wolfram Tones che parte dalle regole per la creazione di automi cellulari per tirare fuori motivetti musicali. Tranquilli, ce ne vorrà ancora molto prima di arrivare a Bach.
Chi volesse leggere qualcosa di matematica scritto su carta può avere qualche idea da due mie recensioni di libri matematici: Matematica, miracoli e paradossi, che racconta in uno stile leggero quante brutte cose sono capitate in quest’ultimo secolo e mezzo alle fondamenta della matematica; Unknown Quantity, dove gli anglofoni possono scoprire la storia dell’algebra, la parte della matematica che rende astratte le cose concrete… beh, detto così fa più paura di quello che capita in realtà! Ho anche sfruttato l’occasione per aggiornare le mie citazioni matematiche: più di 1200 frasi o paragrafi che citano una qualche forma di matematica e che vi faranno fare una bellissima figura con gli amici.
Per questo mese è tutto. Il 14 luglio, oltre a festeggiare la presa della Bastiglia, ricordate di passare da matematicamedie per il nuovo Carnevale della Matematica! E già che ci siamo una domanda: si fa un’edizione anche per il 14 agosto (“matematica da spiaggia”?) oppure no? commentate commentate!

Ultimo aggiornamento: 2008-06-14 06:00

Citazioni matematiche – versione 1.5.0

L’ultima versione del mio file con le citazioni matematiche era di febbraio 2007. Sedici mesi fa. Sono certo che alcuni dei miei lettori si saranno detti “ecco, si è stufato”. È vero che sono un pigrone, ma quello è un giudizio assolutamente falso e tendenzioso. Semplicemente, ho completamente sbagliato modo di operare: ogni tanto aggiungevo qualche nuova citazione al mio file, ma mi dicevo “beh, ancora queste ultime e poi mi metterò a pubblicare la nuova versione”. A oggi ne ho scritte più di 200, insomma un quinto rispetto al corpus già pubblicato, e ho deciso che forse era il caso di darmi una mossa. Eccovi così la versione 1.5.0 tutta per voi, e come sempre il file con le sole aggiunte. Sempre come sempre, uno può tranquillamente scaricarsi sia i sorgenti xml che tutti i file html, da queste parti si ama la diffusione dell’informazione, perdipiù matematica. Basta finire sulla sezione matematica del mio sito, dove ho anche aggiunto un paio di vignette matematiche… ma queste sono davvero per pazz^Wintenditori.
Aggiornamento: (21:42) come sempre qualche baco spunta fuori, e quindi la versione che vedete ora è la 1.5.1. Chi aveva già scaricato la 1.5.0 non perde nulla, anzi ha un doppione in più (una citazione di Titchmarsh).

Ultimo aggiornamento: 2008-06-11 10:58

Parole matematiche: trascendente

(la lista delle parole matematiche si trova qua!)
La parola “trascendente” fa indubbiamente venire a mente la teologia, più che la matematica: la trascendenza, qualunque cosa significhe, è certo uno degli attributi di una divinità degna di questo nome. Al massimo si può pensare a qualcuno che trascende, nel senso che passa il limite; in effetti l’etimologia del termine è proprio quella, visto che deriva dal latino transcendere, letteramente “salire” (da scandere) “oltre” (trans-). Già Brunetto Latini usa il termine con quel significato, prima del 1300… e sessant’anni dopo la parola viene usata anche nel senso di “non contenersi”: senso che ancora oggi può avere, magari nella forma “è trasceso”.
Ai matematici la parola deve essere piaciuta davvero tanto, considerando che la usano in due ambiti diversi, anche se non troppo. Abbiamo infatti innanzitutto i numeri trascendenti: sono quelli “davvero” irrazionali, non come la radice quadrata di 2 che basta moltiplicarla per sé stessa e otteniamo un numero intero. La definizione precisa di numero trascendente è “in negativo”: i numeri trascendenti sono quelli che non sono algebrici. Questi ultimi sono ottenibili come soluzione di un’equazione polinomiale a coefficienti interi, quelle che si studiano nelle superiori. La nostra radice quadrata di due, ad esempio, è una delle soluzioni di x2=2. Con pi greco oppure e, invece, non c’è nulla da fare: sfuggono a tutti i nostri tentativi di trovare un’equazione specifica che li inchiodi al muro. Che poi, come capita spesso con questi insiemi infiniti, il divertente è che i numeri trascendenti sono infinitamente di più di quelli algebrici: ma d’altra parte anche Dio, in quanto trascendente, è infinitamente di più di un essere finito, no?
Il secondo modo matematico per usare la parola riguarda le funzioni trascendenti, che sono quelle che non usano solo le solite quattro operazioni, l’elevamento a potenza oppure l’estrazione di radice n-sima. Nulla di trascendente :-), a dire il vero; già funzioni che trovate sulla vostra calcolatrice come seno, coseno e logaritmo sono trascendenti. Il motivo per cui sono state chiamate così, almeno ad occhio, è che in genere se si applicano quelle funzioni a un numero intero si ottiene un numero trascendente, il che non è effettivamente una bella cosa quando già le frazioni sembrano essere un po’ esoteriche… ma suvvia, un po’ di trascendenza fa sempre bene!

Ultimo aggiornamento: 2008-06-07 08:58

meno dieci

Essendoché oggi è il 4, tra dieci giorni sarà il 14 (giugno), e quindi ci sarà la seconda edizione del Carnevale della Matematica, dopo il grande successo iniziale.
Chi in questo mese avesse scritto nel proprio blog post ad argomento matematico (di tutti i tipi, non siamo razzisti) e volesse una segnalazione, mi può mandare privatamente i link agli articoli. Chi non avesse ancora scritto e volesse farlo, ha tempo diciamo fino a giovedì 12, che poi devo assemblare tutto. Chi non avesse un blog ma volesse scrivere qualcosa, può chiedermi l’accesso al blog di appoggio. Direi che è tutto.

Ultimo aggiornamento: 2008-06-04 11:06

È iniziato il Carnevale!

In perfetto orario, Proooof ha postato la prima edizione del Carnevale della Matematica. Per chi non avesse ancora capito di cosa si tratta, è un appuntamento mensile dove un volontario raccoglie i post di argomento matematico del mese che gli sono stati segnalati, presentandoli brevemente. L’idea è che in questo modo si possono conoscere nuovi blog e soprattutto nuova matematica (nel senso di “cose che non si sapevano, oppure modi nuovi di vedere le cose che si sapevano”).
Se andate a vedere i vari contributi, vi accorgerete che c’è proprio di tutto: ma non voglio rovinarvi la sorpresa. Vi annuncio invece che la seconda edizione ci sarà esattamente tra un mese, e sarà ospitata dal sottoscritto: ma ve lo ricorderò ancora in seguito, non preoccupatevi. Si cercano volontari per le prossime edizioni (tranne agosto: noi siamo italiani e il 14 agosto saremo tutti belli tranquilli a fare altro :-P )

Ultimo aggiornamento: 2008-05-14 11:44

Il teorema di Pick

[Figura 1]Quando andavo alle medie, tra le ore di lezione c’erano quelle di “applicazioni tecniche”. Non so se e cosa ci sia ora; alcuni anni dopo la materia era stata rinominata “educazione tecnica” e se non sbaglio maschi e femmine la facevano insieme. Ai miei tempi, invece, c’era ancora una divisione sessista, forse perché si pensava che una donna dovesse fare i “lavori da donna”, ed è già tanto che non fosse ancora chiamata “educazione domestica” come una volta. In queste ore di lezione, tra le varie cose che ci facevano fare mi è rimasto impresso nel mio cervello – anche se fortunatamente non nelle mie dita – il mettersi a piantare chiodi su una tavoletta di compensato in un reticolo rettangolare, tendendo poi opportunamente alcuni elastici intorno ad essi per costruire delle figure. Sono cose forse divertenti: credo però che se il professore mi avesse raccontato del teorema di Pick io sarei stato molto più interessato e mi sarei subito lanciato a cercare di dimostrarlo, perché è davvero qualcosa a prima vista incredibile. Non ci sarei magari riuscito, ma volete mettere la soddisfazione di provarci?
Immaginiamo di avere un piano cartesiano e di evidenziare al suo interno il reticolo di punti a coordinate intere: o più banalmente prendiamo un foglio a quadretti. Il teorema di Pick afferma allora che l’area di un qualunque poligono semplice i cui vertici sono punti del reticolo è data dalla formula
[1]      I + (P/2) – 1
dove I[Figura 2] è il numero di punti del reticolo interni al poligono (quelli indicati in blu nella Figura 1 qui a fianco) e P il numero di punti sul suo perimetro: i vertici, indicati in rosso, ma anche i punti indicati in verde che si trovano all’interno dei lati. In questo caso, abbiamo 32 punti blu e 18 tra rossi e verdi, quindi l’area del poligono è di 40 quadretti. Come si vede, il poligono non deve necessariamente essere convesso perché valga il teorema di Pick; più precisamente, la definizione di “poligono semplice” significa infatti che esso non deve avere buchi al suo interno, lati ripetuti o incrociati come negli esempi della Figura 2 per cui il teorema per l’appunto non vale. Anche con queste restrizioni il teorema ha a prima vista qualcosa di magico, pensando a tutti i possibili lati storti; d’altra parte Georg Alexander Pick, il matematico austriaco che dimostrò il teorema nel 1899, oggi non sarà molto famoso però è stato lui a presentare Gregorio Ricci Curbastro a un certo giovincello (Albert Einstein) che aveva bisogno di un esperto matematico per i conti della teoria della relatività. Insomma, Pick non era proprio l’ultimo arrivato.
Ma bando alle ciance, e vediamo una possibile dimostrazione del teorema: non garantisco sia la più semplice, soprattutto perché me la sono trovata io e le mie contorsioni mentali sono peculiari, ma dovrebbe essere sufficientemente chiara da poterla seguire senza sbattere la testa contro il muro. Iniziamo con una classe di poligoni molto semplice: i rettangoli [Figura 3]i cui lati sono paralleli al reticolo, come quello della Figura 3. In questo caso i conti sono alla portata di tutti: basta stare attenti a non sbagliare a contare i puntini, ricordando che se i punti sono a distanza 1, un segmento di lunghezza 10 ne conterra undici! Se i lati del rettangolo sono a e b, la sua area è ab. Il perimetro conterrà 2(a+b) punti e l’interno ne contiene (a-1)(b-1), vale a dire ab-(a+b)+1; quindi la formula in questo caso è corretta.
Passiamo adesso al punto fondamentale della dimostrazione: mi occorre un teorema ausiliario che afferma che se abbiamo due poligoni per cui vale la formula [1] e che hanno in comune parte di un lato (almeno due punti), allora anche per il poligono risultante vale la [1]. Attenzione: non sto affatto dicendo che la formula sia vera! Per fare un esempio pratico, pensiamo di avere delle confezioni di caramelle con indicato il loro peso, e che ci venga detto che la formula per il costo delle caramelle è data dal prodotto di un euro per il numero di etti del loro peso; è chiaro che prendendo due confezioni [Figura 4]basta sommare il loro peso in etti e moltiplicarlo per un euro. Ma la stessa cosa varrebbe se il costo fosse di due euro l’etto, o cinquanta centesimi: quindi non possiamo sapere il costo. Peggio ancora, magari ci sono caramelle confezionate in una bella scatola di latta, il cui prezzo è un euro l’etto più un euro per la scatola; se prendiamo una confezione normale e una inscatolata, fare la somma non serve a un tubo. Quest’ultimo esempio, riportato ai nostri poligoni, ci ricorda che per il momento sappiamo solo misurare rettangoli, e già un triangolo ci darebbe problemi. Ma facciamo un passo per volta.
Nella Figura 4, siano A e B i due poligoni e C quello ottenuto unendoli; il segmento comune sia s. Per A, abbiamo Ia punti interni e Pa punti sul perimetro; similmente per B ci saranno Ib punti interni e Pb punti sul perimetro. [Figura 5]I punti interni di C saranno quelli interni di A, quelli interni di B e quelli interni di s (nella figura ce n’è uno, indicato con un cerchietto blu); quelli perimetrali saranno la somma dei perimetrali di A e di B, togliendo due volte i punti interni di s (nei poligoni separati contavano doppio, in quello unito non ci sono) e una volta i due punti estremi di s (indicati in figura con un cerchietto verde: nei poligoni separati contavano doppio, in quello unito sono singoli). Ma guardando la formula [1], il peso dei punti interni di s tolti dal perimetro è esattamente uguale al peso dei punti aggiunti all’interno di C. Abbiamo quindi tolto solo i due punti estremi di C, che contano per una unità: proprio quella che dovremmo togliere in più, visto che nella somma di A e B ci sono due addendi che valgono -1 mentre in C ce n’è uno solo.
Prima di continuare, faccio notare che il teorema ausiliario funziona anche alla rovescia, “in sottrazione”. Se noi siamo certi che per il poligono B [Figura 6]valga la nostra formula, allora possiamo affermare con sicurezza che “se la formula vale per A, allora varrà anche per C; viceversa, se vale per C allora varrà anche per A”. Questo sarà il grimaldello per terminare la dimostrazione.
Passiamo ora a dimostrare che il teorema di Pick vale per i triangoli rettangoli con i cateti paralleli al reticolo. Il trucco, come si vede nella Figura 5, è di metterne insieme due per ottenere un rettangolo. I due triangoli sono assolutamente identici, quindi con le notazioni precedenti possiamo dire che Ia=Ib e Pa=Pb; è questo fatto che ci permette di ricavare la formula, suddividendo come nel caso precedente i punti interni al rettangolo ma che stanno sulla diagonale, e quindi devono essere tolti dal totale degli interni e associati ai perimetri dei due triangoli. Fortunatamente i punti perimetrali valgono solo un mezzo, e quindi la suddivisione è perfetta… se non fosse per i due estremi della diagonale del rettangolo, che danno giusto un’unità in più. Nel nostro esempio pratico, abbiamo un triangolo rettangolo di cateti 4 e 12; il rettangolo ha 33 punti interni (di cui 3 sulla diagonale) e 32 punti perimetrali; i due triangoli hanno ciascuno (32/2)+1=17 punti sui cateti, 3 all’interno della diagonale e (33-3)/2=15 punti interni. Come potete vedere, i conti tornano perfettamente.
Siamo ormai verso la fine. Con il nostro teorema ausiliario applicato al più tre volte ai triangoli rettangoli esterni nella Figura 6, possiamo affermare che il teorema di Pick è valido per un qualsiasi triangolo, come quello all’interno della figura stessa. A questo punto possiamo finalmente tornare alla nostra figura iniziale. Potrei tranquillamente dire “visto che ogni poligono semplice è triangolabile, basta suddividerlo in un insieme di triangoli, e siamo a posto”. Peccato che io non sia mica così certo che sia banale dimostrare che ogni poligono semplice è triangolabile: visto che tanto abbiamo già fatto un lavorone, tanto vale andare fino in fondo. Il trucco è rendere convesso il poligono: si cercano due lati consecutivi che formano un angolo più grande che piatto e per cui il segmento che unisce gli altri due vertici è tutto all’esterno del poligono, e si sostituisce il nuovo segmento ai due originali. In pratica si è sommato un triangolo (per cui il teorema vale), e si è ottenuta una figura con un numero di vertici inferiore di uno. Prima o poi continuare sarà impossibile, e si giungerà a un poligono convesso: a questo punto si può fare lo stesso giochetto della Figura 6 e rettangolare il poligono, riuscendo finalmente ad applicare il teorema in un caso noto: a questo punto, basta tornare indietro passo passo e sappiamo che la cosa vale anche per il poligono iniziale.
Il tutto visto scritto così sembra una faticaccia immane, lo ammetto. Ma credo che la cosa più difficile sia mettere in forma scritta i vari passaggi, nessuno dei quali è particolarmente complicato. Inoltre il ragionamento segue esattamente quello che ho fatto io per riuscire a dimostrare il teorema, e quindi può dare un’idea di come ci si possa muovere quando si vuole fare una dimostrazione matematica. Mica come le dimostrazioni dei libri, che sono fatte a posteriori!

Ultimo aggiornamento: 2008-05-08 08:19

Il gotha dei divulgatori di matematica

Ho spesso parlato nelle mie notiziole di Rudi Mathematici, la Prestigiosa Rivista Matematica fondata nello scorso millennio e che ad aprile aveva una distribuzione di 1730 copie: mica albicocche artiche!
Orbene: da questo mese di maggio, la rivista Le Scienze aggiunge una nuova rubrica, “Rudi Matematici” (senza h), curata dal trio Alice Riddle, Rudy d’Alembert e Piotr Rezierovich Silverbrahms. L’unica somiglianza tra il trio e le persone disegnate nello spazio della rubrica sta nei boccali di birra, ma non sottilizziamo.
Il mio primo pensiero quando ho saputo la notizia è riassumibile così: INVIDIA. Grassetto no, ma almeno maiuscolo sì. Il mio secondo pensiero è stato “Che bello!” Perché mettersi a fare il bambino, quando stiamo parlando del ritorno dei giochi matematici, e per di più scritti e pensati in italiano, nella più famosa rivista di divulgazione scientifica che possiamo trovare in edicola? Evvai!!!!

Ultimo aggiornamento: 2008-05-01 15:32