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Risolto il problema del divano?

un divano che gira intorno a un angolo A chi non è capitato di dover far passare un mobile piuttosto grande attraverso una porta, e chiedersi come diavolo riuscirci? Douglas Adams ci aveva persino fatto una gag, nel suo libro Agenzia Investigativa Olistica Dirk Gently. Ma come sapete i matematici non hanno un grande senso dell’umorismo: quindi qualcuno ha provato a darne una formulazione matematica.

Qual è la più ampia superficie rigida che si può spostare attraverso un corridoio ad angolo retto, ossia a forma di L, con entrambi i lati del corridoio di larghezza 1?

Il problema circolava informalmente da tempo, ma solo nel 1966 Leo Moser ne diede una definizione formale. Nel 1968 John Hammersley, ispirandosi alla forma di una cornetta del telefono, elaborò una superficie di area circa 2,2074. Questo risultato fu migliorato nel 1992 da Joseph L. Gerver, che trovò una forma composta da 18 curve analitiche (mostrato più sotto) la cui area è circa 2,2195: un altro metodo di costruzione diverso aveva trovato una superficie della stessa area, ma non c’era la certezza che quello fosse davvero il massimo.

il divano di Gerver, forse ottimale

L’altra settimana però il mondo matematico è venuto a sapere che Jineon Baek ha postato su ArXiv un preprint dove dimostra che quello di Gerver è effettivamente il divano più grande che può girare intorno all’angolo del corridoio. L’unico problema è che la dimostrazione è lunga più di 100 pagine, e quindi ci vorrà un po’ di tempo prima di capire se non ci sono errorini. Vi farò comunque sapere!

(immagini di Claudio Rocchini (1) e TillmanR (2, da Wikimedia Commons)

Come simulare un dado da 9

un dado da 9?Quando si gioca ad alcuni giochi, spesso è necessario lanciare un dado non standard, per esempio perché deve dare un valore da 1 a 10 con la stessa probabilità. In quel caso si dice “lancia un d10”. Oggi non è molto difficile simulare uno di questi lanci: se su Google fate una ricerca “dice d10” avete immediatamente il risultato, oppure potete andare su un sito come Roll a Die. Una volta però non era così, e ad ogni modo c’è un sottile piacere a lanciare i dadi. Che fare, dunque? Esistono alcuni dadi con un numero non standard di facce, come si può vedere su questa pagina Wikipedia: devo dire che ho apprezzato il d1 :-) mentre ho dei dubbi sul fatto che il d9 funzioni davvero.

Tutto questo nasce da un post vecchio ormai di dieci anni che mi è capitato tra gli occhi e che “spiega” come avere dadi da d2 a d30. Solo che l’amico bara, perché per d9 dice “prendete un d10, e se esce 10 ripetete il lancio”. Così sono capaci tutti, e soprattutto è vero che la probabilità di non terminare l’operazione è zero, ma non è detto che non ci voglia molto tempo per arrivare ad avere un valore diverso da 10. Naturalmente si può fare molto di meglio. Avete qualche soluzione? Se volete fermarvi un attimo prima che io la posti è il momento giusto, mentre scrivo qualche riga per far passare lo spazio.

Se fosse stato un d11, ci sarebbero in effetti stati dei problemi: non ho idea di come riuscire ad avere un dado. Ma nove è un bel numero: è il quadrato di 3, e avere un d3 non è così difficile: basta prendere un dado qualunque e accoppiare i suoi risultati, per esempio rovesciandolo se viene un numero da 4 a 6: come sapete, la somma dei numeri sui due lati opposti di un dado è sempre 7. Lanciando due volte il dado così trattato, il primo valore dice se sommare 0, 3 oppure 6 al risultato del secondo dado. Ma non è questa l’idea che ho avuto.

Il mio primo pensiero è stato infatti che lanciando due dadi abbiamo trentasei possibili risultati, se siamo in grado di distinguere i due dadi (diciamo che sono R e B perché uno è rosso e l’altro blu). Se assegniamo i possibili risultati a gruppi di 4, ne avremo esattamente nove, come richiesto. Questo lo si può fare in modo molto semplice: per esempio potremmo dire che se B ha un risultato da 1 a 4 allora consideriamo il valore di R. Se invece B vale 5 o 6, prendiamo il valore di A, lo dimezziamo, arrotondiamo per eccesso e sommiamo 6. Lascio al lettore il facile esercizio di verificare che in questo modo abbiamo la nostra suddivisione perfetta. Una procedura come questa funziona anche solo con un dado, naturalmente da lanciare due volte, e quindi è relativamente semplice da implementare.

(immagine di Dozenalism, da Wikimedia Commons)

I mattoni di Eulero


Immagino che ai miei ventun lettori non serva spiegare cos’è una terna pitagorica: ma magari qualcuno capita qui per caso e non sa che è una terna di numeri naturali che sono i lati di un triangolo rettangolo. La terna pitagorica più famosa è (3,4,5), perché 3² + 4² = 5²; poi ce ne sono infinite, come per esempio (5,12,13) o (40,42,58). In altre parole, i primi due numeri della terna sono i lati di un rettangolo la cui diagonale è il terzo numero.

Bene. Che succede se vogliamo avere un parallelepipedo di lati interi e che abbia le diagonali sulle facce anch’esse intere? Otteniamo un mattone di Eulero. In formule, dobbiamo cercare tre numeri interi $a, b, c$ tali che

$ \begin{cases} a^2 + b^2 = d^2\\ a^2 + c^2 = e^2\\ b^2 + c^2 = f^2\end{cases} $

con $d, e, f$ anch’essi numeri naturali. Si sa che il più piccolo mattone di Eulero ha lati $(a, b, c) = (44, 117, 240)$ e diagonali delle facce $(d, e, f ) = (125, 244, 267)$.

Eulero trovò due formule parametriche che generano infiniti mattoni di Eulero, ma a differenza di quello che succede per le terne pitagoriche esse non generano tutti i mattoni possibili. Un modo per ottenere un mattone di Eulero a partire da una terna pitagorica $(u, v, w)$, dove $w$ è la diagonale del rettangolo di lati $u$ e $v$, è dovuta a Nicholas Saunderson: la terna $a=u|4v^2-w^2|, b=v|4u^2-w^2|, c=4uvw$ è quella voluta; le facce hanno infatti diagonali $d=w^3, e=u(4v^2+w^2), f=v(4u^2+w^2)$. Esistono però infiniti mattoni che non hanno questa struttura, come per esempio $(a, b, c) = (240, 252, 275)$ che ha come diagonali delle facce $(d, e, f ) = (348, 365, 373)$.

Uno potrebbe chiedersi a questo punto se esistono mattoni di Eulero perfetti, dove anche la diagonale principale del parallelepipedo è un intero: probabilmente no, ma non esiste una dimostrazione al riguardo. Sappiamo però che il lato più corto deve essere almeno lungo 5 × 1011 e la diagonale principale almeno 9 × 1015. Diciamo che se ne esistesse uno sarebbe un bel colpo… In compenso, se accettiamo di non avere angoli retti e quindi ottenere un parallelepipedo non rettangolo, allora sono stati trovati vari “mattoni storti perfetti”. Bisogna sapersi accontentare!

Numeri autobiografici… e oltre

Un numero autobiografico (in inglese “self-descriptive number”) è un numero che scritto in una base b è composto di b cifre, che lette da sinistra a destra indicano quante cifre di quel tipo ci sono nel numero stesso, a partire da 0 fino a b−1. Un esempio potrà chiarire un po’ meglio di che si parla. In base 10 consideriamo il numero 6210001000. La sua prima cifra è un 6, e quindi dice che contiene 6 zeri; la seconda cifra è 2, e quindi contiene due 1; terza e settima cifra sono 1, quindi c’è un 2 e un 6; tutte le altre cifre sono 0, quindi non ci sono quelle cifre nel numero.

Di per sé i numeri autobiografici non sono poi così interessanti. In base 2, 3 e 6 non esistono numeri interessanti. Dalla base 7 in su ce n’è uno solo; in base b la sua prima cifra da sinistra è b−4, la seconda è 2, la terza e quella in posizione b−3 sono 1 e le altre sono 0. Gli altri casi sono 12104, 20204 e 212005. Però Lee Sallows, il massimo esperto mondiale in oggetti autodescritti, ha presentato questo esempio:

A: 6434100200 - B: 7332301100 - C: 7324201100

Prendete una striscia qualunque, per esempio la C, e una posizione qualunque, per esempio quella corrispondente al 3. La striscia contiene in quella posizione un 4; allora nelle altre due strisce (A e B) ci sono in tutto quattro 3.

La soluzione proposta è unica, almeno in base 10 e con tre strisce? Non ne ho idea…

Ultimo aggiornamento: 2024-11-20 19:06

Il 13 è proprio una brutta bestia

Non credo nessuno abbia mai imparato a memoria la tabellina del 13. Non che uno ne veda la necessità, a dire il vero: già quella del 12 secondo me è un’esagerazione. Ad ogni modo, questa tabellina ha una proprietà piuttosto strana. I suoi primi termini sono 13, 26, 39, 52: saltiamo insomma il 4 come cifra iniziale. Certo, prima o poi un multiplo di 13 dovrà ben cominciare con 4: tra 399 e 500 ce ne saranno parecchi. Ma dobbiamo appunto arrivare fino a 400, e quindi arrivare oltre 13×30 = 390. (In effetti 13×31 = 403)

Qualche anno fa Christian Lawson-Perfect provò a generalizzare questo risultato: in fin dei conti il 4 non ha nulla di particolare come numero. Lawson-Perfect si chiese dunque quale fosse, dato un numero n, il più piccolo k per cui l’insieme delle prime cifre dei numeri n×1, n×2, …, n×k comprendesse tutte le cifre da 1 a 9. La tabella risultante è mostrata qui sotto:

n     1  2  3  4  5  6  7  8  9 10 11 12 13
k(n)  9 45 27 23 18 15 13 12  9  9  9 42 62

Evidentemente il valore di k(n) non può mai essere inferiore a 9, sennò non possiamo avere tutte le cifre iniziali: è un po’ meno evidente che k(n) non sia mai superiore a 81. Credo che se avessi un po’ di tempo a disposizione potrei dimostrarlo, anche senza verificare quanto scritto nell’articolo di The Aperiodical da cui ho tratto queste informazioni. Vediamo che anche il 2 è piuttosto sfortunato, ma potevamo aspettarcelo perché arrivare a 90 a due a due è lungo; il 13 comunque lo supera di parecchio, per arrivare a un multiplo che cominci per 8. La figura qui sotto, una gif animata presa dall’articolo citato e che mappa il valore di k(n) per n che va da 1 a una potenza di 10, mostra che la struttura è abbastanza autosimilare.

gif animata che mostra il comportamento di k(n), da https://aperiodical.com/2018/03/exactly-how-bad-is-the-13-times-table/

Per i curiosi, il primo numero per cui occorrono i suoi primi 81 multipli per avere tutte e 9 le possibili cifre iniziali è 112, e in genere ceil(10i/9) richiede 81 multipli per tutti gli i maggiori o uguali a 3. Questo è facile da dimostrare: volete cimentarvi?

più che il doppiar degli scacchi s’inmilla

20 sestilioni

La scorsa settimana un giudice russo ha condannato Google a pagare 20.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000 di dollari. (Il Post scrive che sono 20 decilioni perché sono filoamericani e usano la scala corta, dove 1000 milioni sono un bilione; dal mio punto di vista, che come da legge italiana usa la scala lunga e un bilione sono un milione di milioni, si parla “solo” di 20 sestillioni). Come è possibile? Semplice. Le multe di partenza, dovute secondo la legge russa perché Google aveva eliminato dei canali filorussi da YouTube, erano di 1000 dollari circa; ma il dispositivo della legge implicava un raddoppio per ogni settimana di inottemperanza, e a furia di raddoppiare si è arrivati a quella cifra. Non che cambi molto: il massimo che la Russia può fare, se non l’ha già fatto, è bloccare l’accesso a Google nel suo territorio, ma tanto non è che a Mountain View potevano fare soldi con la pubblicità da quelle parti. Diciamo che è solo una questione di principio per far vedere chi ce l’ha più lungo (il foglio di carta dove scrivere il totale, claro).

La cosa che trovo interessante è che i legislatori russi non paiono conoscere la leggenda dell’inventore degli scacchi, che chiese come premio di partire da un chicco di riso sulla prima casella della scacchiera e man mano raddoppiare il numero nelle caselle successive: e dire che questa leggenda è notissima, tanto che anche Dante la cita nella Divina Commedia. In Europa le multe massime vengono calcolate come percentuale del fatturato, e proprio per questo sono molto più preoccupanti per i colpevoli, visto che si sa che possono effettivamente essere richieste. È triste che in una delle nazioni dove nel XX secolo si è fatta più matematica si siano ridotti così.

Ultimo aggiornamento: 2024-11-06 19:37

Ma a che serve calcolare i primi di Mersenne?

La scorsa settimana vi ho raccontato della scoperta di un nuovo numero primo di Mersenne. Mi è stato chiesto se queste ricerche servano a qualcosa, anche solo a verificare che le CPU (e ora le GPU) funzionino correttamente.

La risposta, mi spiace dirvelo, è no. Certo, è utile far fare dei conti pesanti a un processore, soprattutto se nuovo: ma innanzitutto non si cercano nuovi record, che sarebbero da verificare indipendentemente, e in secondo luogo conviene computare un po’ di cifre di pi greco, che possono essere statisticamente verificate con la formula BBP. La ricerca di nuovi primi di Mersenne può verificare se ci sono strani scostamenti dalla distribuzione prevista (con una quantità di primi inferiori a n che dovrebbe essere proporzionale a log log n), ma chiunque abbia avuto a che fare con i numeri primi sa che gli scostamenti sono sempre all’ordine del giorno.

E allora perché si cercano questi numeri? Perché ci si diverte a farlo: non credo nemmeno sia per poter dire di avere stabilito un record. Non è poi una delle peggiori cose da fare, secondo me, anche rispetto ad altre ricerche come quella sulla congettura di Goldbach o di quella di Collatz. Poi c’è sempre un certo qual fascino, almeno per me, nel pensare che ci sono strutture (molto ben) nascoste tra i numeri: in fin dei conti è la stessa cosa che abbiamo con i teoremi di incompletezza di Gödel, che ci dicono che se appena cominciamo a mettere un po’ di struttura tra i numeri, nemmeno poi troppa visto che chiediamo solo l’aritmetica di base, la complessità scoppia a punto tale che non possiamo più verificare tutto. Non ci sono dubbi che Gödel fosse un platonista: come è possibile che questa complessità sia solo un prodotto della nostra mente? :-)

Trovato un nuovo primo di Mersenne!

Ci sono voluti sei anni e un nuovo algoritmo che sfrutta le GPU, ma lunedì 21 ottobre 2024 il progetto GIMPS ha annunciato che 2136279841−1 è un numero primo, il 52.mo di Mersenne. Ok, potrebbe essercene qualcun altro, perché non tutti gli esponenti inferiori sono stati testati; ma la cosa è abbastanza improbabile.
I numeri primi di Mersenne si chiamano così perché l’abate Marin Mersenne aveva stilato una lista – non molto precisa, a dire il vero – di quali numeri della forma 2p−1 sono primi. Perché tanto interesse da parte di Mersenne? Perché se 2p−1 è primo allora 2p−1(2p−1) è un numero perfetto. (Eulero dimostrò poi che tutti i numeri perfetti pari sono di questa forma; nessuno sa se esista un numero perfetto dispari, ma non credo che siano molti i matematici che scommetterebbero sulla sua esistenza). E perché c’è tanto interesse in questi decenni? Perché esiste un algoritmo “relativamente” rapido (di Lucas-Lehmer, dal nome degli scopritori) per verificare se un numero di questo formato è primo. Relativamente rispetto a un numero generico, ovvio: però resta il fatto che se dobbiamo cercare numeri primi grandi tanto vale provare con questi.
E in effetti il GIMPS (Great Internet Mersenne Prime Search, il sito citato all’inizio del post) fa proprio quello. Come dicevo, il vecchio programma Prime95 che era stato quello usato finora per trovare i primi di Mersenne è stato spodestato da un nuovo programma nato per sfruttare le GPU in modo diverso dal fare una ricerca con ChatGPT. Lo scopritore, Luke Durant, è un trentaseienne che ha lavorato in NVIDIA (ma va?) e ha cominciato la sua ricerca solo da un anno, con un cluster di migliaia di GPU sparse su 17 nazioni. Naturalmente la primalità del numero trovato da Durant è stata verificata in modo indipendente da vari programmi diversi tra loro, fatti girare su architetture hardware e tipi di CPU diversa: in questi casi è sempre meglio essere molto attenti a evitare errori invisibili.
Si troveranno altri primi di Mersenne? Chi lo può sapere. Io tra l’altro faccio parte della minoranza convinta che essi siano finiti, anche se non ho nessuna idea di quanti ce ne possano essere…

Un’ultima curiosità: in esadecimale il numero si scrive con un 1 seguito da 34069960 F. Chiaramente tutti i primi di Mersenne sono della forma xFFF…FFF, dove x può valere 1, 3, 7 oppure F.