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Due formule matematiche

Oggi mi limito a mostrarvi due formule matematiche, la prima con una dimostrazione grafica e la seconda che dovete accettare in maniera fideistica (non ho mica voglia di fare i conti!)

il grafico di log x/x

Senza calcolatrice, sapreste dire se è più grande e^π oppure π^e? Il trucco, come mostrato da The Math Flow, consiste nel considerare la funzione $\frac{\ln(x)}{x}$. La sua derivata è $\frac{1-\ln(x)}{x^2}$, che si annulla solo per $x = e$. Prendendo i punti di ascissa $e$ e $\pi$ sul grafico della funzione, abbiamo pertanto che $\frac{1}{e} > \frac{\ln(\pi)}{\pi}$; moltiplicando per $\pi$, abbiamo $\frac{\pi}{e} > \ln(\pi)$; prendendo l’antilogaritmo otteniamo $e^{\pi/e} > \pi$; elevando infine alla potenza $e$ ricaviamo $e^pi > \pi^e$.

il lato di un ettadecagono regolare

Passiamo ora al primo grande risultato trovato da Gauss: la costruzione di un nuovo poligono regolare di riga e compasso, oltre a quelli già noti ai greci. Per la precisione Gauss ha trovato tutti i possibili poligoni costruibili, che hanno un numero di lati che una volta fattorizzato risulta essere una potenza di due per un prodotto di primi di Fermat. I primi di Fermat che conosciamo sono solo 3, 5, 17, 257 e 65537; triangolo e pentagono li conoscevamo, il 257-gono e il 65537-gono non sono disegnabili in pratica, e quindi resta l’eptadecagono. La formula presentata da Fermat’s Library è quella che dà il lato di un eptadecagono inscritto in un cerchio di raggio unitario:

$$\begin{align}
&\cos \left( \frac{2\pi}{17} \right) = \frac{-1+\sqrt{17}+\sqrt{34-2\sqrt{17}}}{16} + \\& + \frac{2\sqrt{17+3\sqrt{17}-\sqrt{34-2\sqrt{17}}-2\sqrt{34+2\sqrt{17}}}}{16}
\end{align}$$

Questo numero è chiaramente (…) costruibile con riga e compasso, perché si ottiene usando solo addizioni, moltiplicazioni ed estrazione di radice quadrata: ma vi voglio vedere ad ottenere una costruzione geometrica esplicita. Non ho idea di come Gauss sia arrivato a scoprire questa costruzione. Una cosa è però certa: Gauss è riuscito a trasformare un problema apparentemente geometrico in uno algebrico, e ha così mostrato come cambiare punto di vista può portare a risultati entusiasmanti!

Quanto un cavallo è più veloce di un re?

Anche se non sapete giocare a scacchi, sapete sicuramente come è fatta una scacchiera, e sapete con ogni probabilità come si muove il re (una casella per volta, in orizzontale verticale o diagonale). Potreste forse avere qualche problema con la mossa di un cavallo: esso si muove infatti in un modo strano, spostandosi di una casella in una direzione e due in quella perpendicolare, indipendentemente dai pezzi che trova sul suo percorso. (Se non ve lo ricordaste, sappiate che siete in buona compagnia: anche la pratchettiana MORTE fa fatica a tenerlo a mente). Nella figura qui sotto vedete le mosse di un cavallo, e quante mosse occorrono per raggiungere una casella in un sottoinsieme di una scacchiera.

Quante mosse servono a un cavallo per raggiungere una casella?

La stessa cosa per le mosse di un re appare nella figura sottostante.

Quante mosse servono a un re per raggiungere una casella?

Come vedete, nel caso di caselle vicine a quella di partenza può darsi che il cavallo ci metta più tempo di un re per arrivarci. Dovrebbe però essere chiaro che man mano che ci si allontana il cavallo ha un vantaggio competitivo: il re si sposta di 1 o √2 caselle, il cavallo di √5, e il costo per posizionarsi sulla casella giusta è percentualmente risibile se la distanza è molto grande. Ma quanto vale questo vantaggio competitivo? Cose si può leggere in questo annuncio dell’università di Montréal, il rapporto esatto è quasi due, o per la precisione 24/13.

L’articolo di Christian Táfula considera più in generale “ipercavalli” che si muovono di $a$ caselle in una direzione e $b$ in quella perpendicolare: il caso del normale cavallo equivale ad avere $(a,b) = (1,2)$. Come ho detto sopra, l’usuale cavallo ha una velocità di 24/13 rispetto a quella di un re. L’ipercavallo $(2,3)$ ha invece velocità 90/31, quindi quasi tre volte quella del re. Ma la cosa più incredibile, almeno per me, è calcolare il rapporto tra le due velocità, che è poco più di 1,572. Bene: se prendiamo ipercavalli $(a,b)$ e $(b,c)$, dove $a, b, c$ sono numeri di Fibonacci consecutivi, il rapporto tra le due velocità tende al rapporto aureo al crescere della grandezza dei tre numeri. Di per sé non sembrerebbe esserci una relazione di questo tipo, e invece…

Il principio del cammello

Conoscete sicuramente il principio dei cassetti: se avete $n$ cassetti e volete metterci dentro $n+1$ magliette, ci sarà almeno un cassetto che conterrà due magliette (più o meno stropicciate). Immagino però che non abbiate mai sentito parlare del principio del cammello: almeno io.non lo conoscevo, anche perché probabilmente il nome l’ha inventato Tiwadar Danka, che ne parla in questo suo articolo.

i diciassette cammelli

Il nome del principio deriva dalla vecchia storia del beduino che in punto di morte divide i suoi diciassette cammello tra i tre figli: al maggiore ne tocca la metà, al secondogenito un terzo e al minore un nono. Quando dopo il funerale i fratelli si accingono a spartirsi i cammelli, scoprono che bisogna fare spezzatini di cammello per la suddivisione, come mostrato in figura qui sopra: e notoriamente la carne di cammello è molto stopposa e non è buona nemmeno come spezzatino. Mentre stanno litigando, passa un vecchio saggio in sella al suo cammello. Fattosi spiegare il motivo della diatriba, ci pensa su un attimo e poi dice “Nema problema! Tenetemi un attimo il cammello, e rifacciamo i conti.” I cammelli sono ora 18, e i conti tornano perfettamente: nove cammelli vanno al figlio maggiore, sei al secondo e due al terzo. Facendo la somma abbiamo 17 cammelli suddivisi tra i fratelli; il saggio saluta, si riprende il suo cammello e se ne va.

col diciottesimo cammello

Cosa ha fatto il saggio? Ha aggiunto e poi tolto un cammello. Il principio del cammello è proprio questo: se noi sommiamo e sottraiamo la stessa quantità non modifichiamo il risultato, ma magari possiamo riarrangiare i termini per trovare una soluzione. Nel caso del racconto qui sopra in realtà c’è un trucco: il beduino aveva fatto male la suddivisione, oltre a fare parti estremamente disuguali. Infatti 1/2 + 1/3 + 1/9 = 17/18. Ecco perché i conti non tornavano! Ma ci sono altri esempi pratici. Per esempio, come si arriva alla soluzione di un’equazione di secondo grado? Noi a scuola impariamo la formula a memoria, e poi ce la dimentichiamo subito dopo. Nel mondo anglosassone la formula viene ricavata “completando il quadrato” e questa è un’applicazione del principio del cammello. Vediamo come.

Partendo dall’equazione $ax^2 + bx + c = 0$, il primo passaggio consiste nel fattorizzare $a$:

$$a \left[ x^2 + \frac{b}{a}x + \frac{c}{a} \right] = 0$$

Da qui ci piacerebbe avere un qualcosa della forma $(ax+r)^2$: per farlo possiamo sommare e sottrarre un cammell… ehm, il termine $b^2/4a^2$. Otteniamo dunque

$$a \left[ x^2 + \frac{b}{a}x + \frac{b^2}{4a^2} – \frac{b^2}{4a^2} + \frac{c}{a} \right] = 0 \quad → \quad \\ a \left[ \left(x + \frac{b}{2a}\right)^2 – \frac{b^2}{4a^2} + \frac{c}{a} \right] = 0$$

Perché il prodotto di due termini sia nullo, almeno uno deve esserlo: ma $a \ne 0$ perché sennò l’equazione non sarebbe di secondo grado, quindi a essere nulle è il secondo,da cui abbiamo

$$\left(x + \frac{b}{2a}\right)^2 = \frac{b^2 – 4ac}{(2a)^2}$$

che ci porta rapidamente alla formula cercata.

Il secondo esempio di Danka sfrutta una variante del principio del cammello: anziché sommare e sottrarre la stessa quantità, si moltiplica e divide per la stessa quantità (non nulla, ovvio). Questa variante viene usata per ricavare la formula della derivata di una funzione composta. Sappiamo che la definizione della derivata di una funzione $f()$ nel punto $a$ è data da

$$f'(a) = \lim_{x \to a} \frac{f(x)-f(a)}{x-a} $$

E se noi volessimo trovare la derivata in $a$ di $(f \circ g)()$? Riscriviamo la formula sopra:

$$ (f \circ g)'(a) = \lim_{x \to a} \frac{(f \circ g)(x)-(f \circ g)(a)}{x-a} $$

A questo punto prendiamo il nostro cammello e moltiplichiamo e dividiamo per $g(x) – g(a)$. Otteniamo

$$ (f \circ g)'(a) = \lim_{x \to a} \frac{(f \circ g)(x)-(f \circ g)(a)}{g(x) – g(a)} \frac{g(x) – g(a)}{x-a} $$

Abbiamo ora il limite di un prodotto che (sempre alle solite condizioni di esistenza) è uguale al prodotto dei limiti:

$$ (f \circ g)'(a) = \lim_{x \to a} \frac{(f \circ g)(x)-(f \circ g)(a)} {g(x) – g(a)}\lim_{x \to a} \frac{g(x) – g(a)}{x-a} $$

Ma il primo limite è $f'(g(a))$ e il secondo è $g'(a)$, da cui il risultato cercato $(f \circ g)'(a) = f'(g(a))\cdot g'(a)$.

L’unico vero problema del principio del cammello è che bisogna avere un’idea di cosa ci può servire per facilitarci la vita: ma se ricontrollate gli esempi vedete che non è poi così difficile. Anche nel secondo caso tutto quello che avevamo a disposizione era la definizione di derivata, e quindi ce la siamo cercata (senza doppi sensi). Vi vengono in mente altri casi in cui si può usare il principio del cammello?

La silhouette del cammello è presa da SVGrepo.

Il teorema di Schinzel

un cerchio che passa per quattro punti a coordinate intere
Prendiamo un foglio a quadretti, e consideriamo i vertici dei quadretti (i punti di un lattice a coordinate intere, per dirlo in maniera più seria: nel seguito parlerò di punti a coordinate intere o punti del lattice.) Disegniamo ora sul foglio un cerchio. Secondo voi, il teorema “dato un numero $n$, è sempre possibile costruire un cerchio che contiene al suo interno esattamente $n$ punti a coordinate intere” è vero o falso? (Possiamo accettare o no i punti a coordinate intere sulla circonferenza, tanto è sempre possibile allargare il raggio di un $\varepsilon$ abbastanza piccolo da non toccare nessun altro punto a coordinate intere). In questo caso la dimostrazione è relativamente semplice: se troviamo un punto del piano che abbia distanza diversa da tutti i punti del lattice, possiamo costruire un cerchio di centro quel punto, e al crescere del raggio il numero di punti ivi contenuti crescerà di una singola unità per volta. Un punto simile è $P = (\sqrt 2, \frac{1}{3})$.

Come dimostrarlo? Supponiamo per assurdo che i punti distinti del lattice di coordinate $(a,b)$ e $(c,d)$ siano alla stessa distanza da $P$. Abbiamo allora per definizione

$(a-\sqrt 2)^2 + (b-\frac{1}{3})^2 = (c-\sqrt 2)^2 + (d-\frac{1}{3})^2$

Separando la parte irrazionale da quella razionale otteniamo

$2(c-a)\sqrt 2 = c^2 + d^2 – a^2 – b^2 + \frac{2}{3}(b-d)$

Poiché il secondo membro è un numero razionale, anche il primo deve esserlo; pertanto devono essere entrambi uguali a zero. Abbiamo così

$c=a; c^2 + d^2 – a^2 – b^2 + \frac{2}{3}(b-d) = 0.$

Sostituendo la prima uguaglianza nella seconda, abbiamo $d^2 – b^2 + \frac{2}{3}(b-d) = 0$, cioè

$(d-b)(d+b-\frac{2}{3}) = 0.$

Ma $b$ e $d$ sono interi, quindi il secondo fattore non può essere nullo; pertanto $d=b$. Ma allora i due punti $(a,b)$ e $(c,d)$ coincidono, il che va contro la nostra ipotesi. Pare che Hugo Steinhaus sia anche riuscito a dimostrare che è possibile trovare un cerchio di area $n$ che contiene esattamente $n$ punti a coordinate intere, ma non sono riuscito a trovare traccia di questa dimostrazione.

Passiamo ora a un problema più complicato, considerando non il cerchio ma solo la circonferenza appena costruita. È possibile che questa circonferenza non passi per nessuno dei vertici dei quadretti (i punti di un lattice a coordinate intere, per dirlo in maniera più seria). Ma a volte capita che alcuni dei punti della circonferenza abbiano coordinate intere. Per esempio, la circonferenza $x^2 + y^2 = 25$, cioè di centro l’origine e raggio 5, passa per i punti $(-5,0), (5,0), (0,-5), (0,5), (-3,-4), (-3,4), (3,-4), (3,4)$. La domanda che ora possiamo farci è “ma dato un numero $n$, riusciamo a costruire una circonferenza che passi per esattamente $n$ punti di coordinate intere?”

Se $n=1$ trovare una circonferenza simile è semplice: si prende una circonferenza di centro $(0,\frac{1}{4})$ e raggio \frac{1}{4}. Se $n=2$ è altrettanto semplice: si prende una circonferenza di centro $(0,\frac{1}{2})$ e raggio \frac{1}{2}. In figura vedete una possibile soluzione per il caso $n=4$. Ma provate a risolvere il caso $n=3$… Una dimostrazione del teorema si è avuta solo nel 1958, a opera del matematico polacco Andrzej Schinzel, e ha il pregio di essere costruttiva: se $n$ è pari e quindi $n = 2k$ allora la circonferenza cercata ha centro $(\frac{1}{2}, 0)$ e raggio $\frac{1}{2} \cdot 5^{(k-1)/2}$, mentre se $n$ è dispari e quindi $n = 2k+1$ la circonferenza ha centro $(\frac{1}{3}, 0)$ e raggio $\frac{1}{2} \cdot 5^k$.

Non scrivo la dimostrazione, che è piuttosto lunga (e la pagina di Wikipedia è troppo stringata per capirci qualcosa, tra l’altro): posso però dire che si basa su un teorema di teoria dei numeri, che non dimostrerò, che afferma che il numero $r(n)$ di soluzioni intere $(x,y)$ dell’equazione $x^2 + y^2 = n$ è quattro volte la differenza tra il numero di divisori di $n$ della forma $4h+1$ e quelli della forma $4h+3$: il numero in realtà è da dividere per due perché si contano sia $(x,y)$ che $(y,x)$.

Il teorema di Tolomeo senza parole

Un quadrilatero ciclico
Sono in molti a pensare che la geometria classica sia terminata con Euclide e i suoi Elementi, che hanno organizzato tutto. Questo non è affatto vero: esistono tanti teoremi, anche su figure apparentemente semplici come i triangoli, che sono stati scoperti in epoca moderna. Ma soprattutto non dobbiamo dimenticarci che in epoca ellenistica lo studio della matematica in generale e della geometria in particolare è proseguito, e si hanno molti teoremi “classici” ma non “euclidei” (anche se parliamo sempre di geometria euclidea, si intende).

Un esempio è il teorema di Tolomeo, il cui enunciato con relativa dimostrazione si trova nell’Almagesto, e che afferma che in un quadrilatero ABCD ciclico (vale a dire inscritto in una circonferenza), vale la seguente relazione:

$\overline{AC}\cdot \overline{BD}=\overline{AB}\cdot \overline{CD}+\overline{BC}\cdot \overline{AD}$

cioè che la somma dei prodotti delle coppie di lati opposti è uguale al prodotto delle sue diagonali. Nella figura qui sopra vedete un quadrilatero ciclico con le sue diagonali, e gli angoli uguali a due a due perché angoli alla circonferenza insistenti sullo stesso raggio; quindi $ \alpha + \beta + \gamma + \delta = 180^{\circ}.$

Nel 2015 William Derrick e James Hirstein, dell’università del Montana, hanno pubblicato una dimostrazione senza parole del teorema, che vedete nella figura qui sotto. In pratica si scalano tre dei triangoli mostrati nella figura originale e li si riassemblano per formare un parallelogramma, sfruttando l’equazione sugli angoli che abbiamo appena visto. Il risultato finale è immediato. Qui trovate un video con questa dimostrazione.

dimostrazione del teorema

Notato nulla di strano? Tolomeo non avrebbe mai usato una dimostrazione del genere, perché abbiamo scritto dei segmenti come fossero delle aree. La forza dell’algebra è anche questa: svincolarci dal significato geometrico degli elementi e considerarli come semplici numeri.

Quasi pi greco

Ali Kaya mostra la quasi-uguaglianza che potete vedere qui sotto:
pi greco è circa il quadrato di 1/10^5 volte la somma per n che va da meno infinito a infinito dell'esponenziale di meno n quadro diviso 10 alla decima
L’approssimazione è corretta a 42 miliardi di cifre decimali. Riuscite a immaginare da dove arrivi questa formula? Se proprio non ci riuscite, posterò un aiutino e poi la risposta: ma sono sicuro che tra i miei ventun lettori saranno in tanti a farcela.

Insiemi di Ulam

La settimana scorsa ho parlato dei numeri di Ulam: una successione che comincia con 1,2 e continua aggiungendo man mano il più piccolo elemento che è esprimibile come somma di due elementi distinti della successione in un solo modo.

Che può fare a questo punto un matematico? Generalizzare, ovvio. Nel 2020 è stato pubblicato un articolo di Tej Bade, Kelly Cui, Antoine Labelle e Deyuan Li (supervisionati da Noah Kravitz) che hanno generalizzato al di là dei numeri naturali i numeri di Ulam. L’esempio più semplice è per l’appunto l’insieme di Ulam sull’insieme delle stringhe binarie generate da {0,1} con una regola simile, sostituendo alla somma la concatenazione. Quindi una stringa fa parte dell’insieme di Ulam se può essere generata in un unico modo come concatenazione di due altre stringhe diverse tra loro. Quindi le stringhe di lunghezza 2 sono 01 e 10 (ma non 00 e 11); quelle di lunghezza 3 sono 0.01, 01.1, 10.0 e 1.10, dove il punto serve semplicemente per distinguere le due stringhe concatenate e non fa parte della stringa in sé. Passando alle stringhe di quattro elementi abbiamo 0.001, 001.0, 0.100, 011.1, 100.0, 1.011, 110.1, 1.110. Non abbiamo 10.10 (concatenazione di due stringhe uguali) né 0011, che è la concatenazione 0.011 ma anche 001.1.
percentuale di stringhe di lunghezza n che sono nell'insieme di Ulam
Perché si chiama insieme e non successione di Ulam generalizzata? Perché non c’è nessuna ragione specifica per dare un ordinamento tra le varie stringhe, a differenza dei numeri, e quindi è più opportuno lasciarle sotto forma di insieme. A oggi si sa ancora meno sugli insiemi di Ulam che sui numeri di Ulam. Per esempio il grafico che vedete, preso dal succitato articolo, mostra la percentuale di stringhe di lunghezza n che sono nell’insieme di Ulam. Gli autori congetturano che, proprio come per la densità dei numeri di Ulam, questa percentuale abbia un limite diverso da zero: ma in quest’altro articolo del 2024 Paul Adutwum, Hopper Clark, Ro Emerson, Alexandra Sheydvasser, Arseniy Sheydvasser, e Axelle Tougouma congetturano che essa tenda a zero proporzionalmente a $n^{-0,\!3}$.

Qualcosa si riesce però a dimostrare: per esempio, Adutwum et al. hanno mostrato che se plottiamo l’insieme dei punti $(x,y)$ per cui la stringa 111…1000…0 con $x$ elementi 1 seguiti da $x-y$ elementi 0 è una stringa di Ulam allora i punti formano un triangolo di Sierpiński discreto con in più il punto (1,1). Non ho idea di quale sia la relazione, ma indubbiamente c’è!

Ultimo aggiornamento: 2025-04-23 10:53

I numeri di Ulam

Stanislaw Ulam è stato un matematico novecentesco noto per aver lavorato al progetto Manhattan e avere ideato insieme a John Von Neumann il metodo Monte Carlo, che possiamo definire come “se non sai come risolvere un’equazione troppo complicata, butta tanti numeri a caso e vedi cosa succede”. Ma Ulam era uno che in genere si divertiva con i numeri, unendoli in modi diversi per vedere se capitava qualcosa di interessante. Per esempio chi come me si è bevuto tutti i libri di Martin Gardner conosce sicuramente la spirale di Ulam, che esibisce alcune particolarità dei numeri primi che paiono disporsi secondo alcune linee specifiche.

Quello che non conoscevo erano invece i numeri di Ulam, una successione di numeri che ha delle proprietà davvero strane (non diciamo interessanti per non dover sentire gli alti lai di chi afferma che di interessante non c’è nulla). I numeri di Ulam $U_n$ si definiscono ricorsivamente in questo modo: $U_1 = 1$, $U_2 = 2$, e per $k \gt 2$ abbiamo che $U_k$ è il più piccolo numero naturale che può essere espresso in un solo modo come somma di due numeri (precedenti) di Ulam distinti.

Quali sono i primi numeri di Ulam? $U_3 = 3$, perché l’unico modo di ottenerlo è scrivere 1+2. $U_4 = 4$; infatti è vero che abbiamo 4 = 1+3 = 2+2, ma gli addendi devono essere distinti e quindi la seconda somma non vale. Però $U_5 = 6$: infatti 5 = 1+4 = 2+3. Ecco l’inizio della successione, che è la A002858 in OEIS:

1, 2, 3, 4, 6, 8, 11, 13, 16, 18, 26, 28, 36, 38, 47, 48, 53, 57, 62, 69, 72, 77, 82, 87, 97, 99, 102, 106, 114, 126, 131, 138, 145, 148, 155, 175, 177, 180, 182, 189, 197, 206, 209, 219, 221, 236, 238, 241, 243, 253, 258, 260, 273, 282, ...

I numeri di Ulam sono infiniti, anche se al momento in cui scrivo Wikipedia in inglese ha una dimostrazione errata (poi l’aggiusterò… l’errore risale al 2010, tra l’altro), mentre quella in italiano è corretta ma convoluta. Supponiamo infatti per assurdo che essi siano un numero finito $n$, e consideriamo $U := U_{n-1} + U_n$. Poiché non può essere un numero di Ulam, deve essere esprimibile come somma di due numeri di Ulam in almeno un altro modo: ma poiché tutte le altre somme sono minori di $U$, avendo preso i due numeri più grandi possibili ci deve essere un altro numero di Ulam tra $U_n$ e $U$ che permette di arrivare a $U$ sommando un altro numero.

grafici dei primi numeri di Ulam, da https://oeis.org/A002858/graph

grafici dei primi numeri di Ulam, da https://oeis.org/A002858/graph

I numeri di Ulam hanno una distribuzione apparentemente casuale, con buchi come quello tra 155 e 175 e cluster come 238, 241, 243. Ulam congetturò che ci fossero sempre meno elementi della successione al crescere dei valori, cioè $lim_{n \to \infty} \frac{n}{U_n} = 0$, ma sperimentalmente si direbbe che la crescita di $U_n$ è lineare, con una densità di circa 0,074; o se preferite dirlo in un altro modo che $U_n \approx 13,\!51 n$. Ci sono due numeri di Ulam consecutivi, a parte gli iniziali 1, 2, 3? Sì, c’è la coppia 47-48, ma nei primi 28 miliardi di numeri non ce ne sono altri. I gap possono essere grandi a piacere? Presumibilmente sì: Donald Knuth ha notato che $U_4952 = 64420$ e $U_4953 = 64682$. In compenso, riprendendo la dimostrazione dell’infinità dei numeri di Ulam, gli unici casi sempre tra i primi 28 miliardi di numeri in cui la somma di due numeri consecutivi di Ulam è anch’essa un numero di Ulam sono 1+2 = 3 e 62+69 = 131.

distribuzione dei numeri di Ulam modulo 2,5714475 circa

i numeri di Ulam non sembrano poi così casuali (immagine di Richard Green)

Insomma, i numeri di Ulam non sembrano essere periodici. Però Richard Green racconta come nel 2015 Stefan Steinerberger ha mostrato come esista una costante $\alpha \approx 2,\!5714475$ per cui tra i primi dieci milioni di numeri di Ulam il valore di $\alpha U_n \mod 2\pi$ è quasi sempre compreso tra $\frac{\pi}{2} e \frac{3\pi}{2}$; le uniche eccezioni sono 2, 3, 47 e 69 (vi ricordano qualcosa?). Detto in altri termini, $\cos(\alpha U_n)$ è sempre negativo, tranne che nei quattro casi sopraddetti. Un comportamento simile è in genere sintomo di una periodicità che in questo caso non pare esistere, mentre per esempio c’è nella successione Ulam-like che comincia con 2 e 5 e continua con 7, 9, 11, 12, 13, 15, 19, 23, 27, 29,… Si può infatti dimostrare che se chiamiamo $U(a,b)$ una successione di Ulam generalizzata che comincia con $a$ e $b$ allora tale successione contiene solo due numeri pari, e si può dimostrare che le successioni di Ulam generalizzate con un numero finito di numeri pari sono prima o poi periodiche. In definitiva la successione dei numeri di Ulam sembra essere un mistero!

PS: un letterato che per caso sia riuscito ad arrivare fino a qua potrà deliziarsi nel sapere che Raymond Queneau scrisse il paper Sur les suites s-additives che parla proprio di successioni di questo tipo!