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sentire i terremoti

Non ho sentito il terremoto di stamattina: stavo pedalando verso l’ufficio e i miei pensieri si concentravano sul non essere investito da nessuno. Non ho nemmeno sentito il terremoto di stanotte, che però aveva epicentro nel veronese… e infatti Anna che è lì per lavoro mi ha detto che lei invece l’aveva sentito bene. Quello che posso dire è che io stanotte mi sono svegliato intorno all’una perché Cecilia si lamentava: mi sono alzato, le ho dato un po’ di camomilla, lei ha continuato a lamentarsi e io ho mentalmente commentato “lamentati pure, che io intanto torno a letto!”.
Mi piacerebbe dire che Cecilia si è svegliata per il terremoto, ma la scossa è stata alle 0:54 e io mi sono alzato all’1:15. Quindi o ci sono voluti venti minuti perché io mi accorgessi di qualcosa – non impossibile, intendiamoci, ma poco probabile – oppure le due cose sono scorrelate.
Ah: gatte non pervenute. Avranno pensato che è comunque meglio un terremoto che i due duenni.

Ultimo aggiornamento: 2012-01-25 13:50

Pedala che ti scaldi

Non so se è la mancanza di abitudine (quindici anni fa pedalavo con -5 gradi) o la vecchiaia che avanza, ma stamattina avevo le guance congelate mentre andavo in ufficio. D’altra parte adesso il termometro fuori dall’ufficio segna -1,3 gradi…)
In compenso stamattina ho visto molti più ciclisti del solito. Siamo abbastanza lontani dall’Area C per immaginare che non l’hanno fatto per evitare di pagare i 5 euro :-)

Ultimo aggiornamento: 2012-01-16 11:15

Non sono nato!

[nati e morti] Come forse sapete, la Stampa ha online tutto il suo archivio storico, molto utile per le curiosità che possono venire in mente. L’altra settimana, mentre ero bloccato a casa malato, mi sono ricordato che quando ero piccolo il quotidiano pubblicava i nomi dei nati e dei morti a Torino, presi dagli archivi dello Stato Civile. Che bello, ho pensato, andiamo a vedere la prima citazione pubblica del mio nome! Sono infatti nato al Sant’Anna, il posto standard per i torinesi, e ivi battezzato il giorno dopo.
Detto fatto, consulto il numero del martedì successivo. Negli “echi di cronaca” scopro come un’azienda che non mi ricordo vuole molto bene ai dipendenti Sip e ha preparato una dimostrazione dei suoi prodotti “espressamente per loro”; nella pagina degli spettacoli leggo con titolo a sei colonne che Rita Pavone (anzi suo padre, lei aveva 17 anni) e Teddy Reno sono andati a sporgere querela contro il settimanale romano che ha scritto che i due avevano una relazione – notevoli le dichiarazioni del trio; Infine trovo la pagina con la lista dei nati il mio stesso giorno. Io non ci sono.
Sono passato a vedere le liste dei due giorni successivi, per vedere se magari c’era qualche ritardo: nulla. Tra l’altro, un mio compagno delle elementari è nato due giorni dopo di me: non c’era neppure lui. Che sarà successo? Qualcuno in seguito ha creato dati falsi per me e l’ha fatto così bene che la mia carta d’identità li riporta senza problemi? Io sono in realtà un ricercatore per la Hitchhiker’s Guide to the Galaxy? L’anonimo redattore che tutti i giorni era costretto a compliare la lista assemblava nomi e cognomi a caso, immaginando che tanto nessuno avrebbe mai verificato i nomi? Questo sì che è un mistero!
(Per chi si preoccupasse: a dire il vero ho anche trovato una copia dell’estratto del mio atto di nascita, insomma chi ha seminato le prove della mia esistenza l’ha fatto bene…)
Aggiornamento: (17 gennaio) Mi han fatto notare che sono presente tra i nati del 13 maggio (come pubblicato il 15). Insomma sono stato ringiovanito di otto giorni…

Ultimo aggiornamento: 2012-01-16 07:00

Alzheimer combinatorio

La scorsa settimana, mentre ero a Chiavari, mi sono fermato a un bancomat per fare un prelievo. Ho digitato il codice, ed è apparsa la scritta “codice errato”. Ho ridigitato, molto più attentamente, il codice: mi è apparsa la scritta “codice errato”. Ho ritirato la tessera prima che mi venisse inghiottita, e ho cercato di capire cosa fosse successo. Io non ho scritto il mio codice bancomat da nessuna parte, sono un pazzo: lo ricordo a memoria, e pensavo di ricordarlo con il movimento delle dita sulla tastiera. Invece no, a quanto pare. Il mio codice è della forma aabcb: io ho digitato per due volte bbaca. Il giorno dopo me ne sono sincerato pagando a un POS (per la serie: un conto è avere la carta bloccata, altra cosa è averla bloccata e tenuta nelle fauci di un bancomat…). Mi devo preoccupare molto oppure moltissimo?

Ultimo aggiornamento: 2012-01-06 07:00

Natale

stamattina sono uscito per andare a lavorare e c’era meno della metà del solito traffico. Sicuramente qualcosa ha fatto la chiusura delle scuole, ma sono uscito alle 9:05 quando immagino che gli studenti siano già in aula… Diciamo che questo è stato il regalo di Natale che ho preferito.
Quest’anno sono davvero alla frutta, e credo che lo si veda anche dal poco che scrivo: a parte il lavoro (mi tocca anche questo…) i duenni mi prosciugano le forze sia quando rientro a casa che la notte non permettendomi di una dormita tirata – e quando non sono loro ci sono le gatte che raspano, o Anna che urla alle gatte che raspano. Spero tanto di recuperare un po’ di forze, ma non ne sono molto convinto :-(
(no, non ho in progetto nuovi libri, non preoccupatevi)

Ultimo aggiornamento: 2011-12-23 10:03

Voices

Oggi è ufficialmente partito Voices, il nuovo corporate blog di Telecom Italia. Come qualcuno di voi avrà magari immaginato, ci scrivo anch’io (senza alcuna autorizzazione formale del mio capo… applico un “don’t ask, don’t tell” personale su queste cose).
Voices nasce con uno scopo strano. La considerazione di base degli amici di Comunicazione Esterna che l’hanno voluto è semplice: tra le 50000 persone che lavorano in Telecom, non foss’altro che per ragioni statistiche, ce ne sono parecchie che eccellono in vari campi, non necessariamente legati al loro lavoro :-), e hanno più o meno notorietà in rete. éerché non farli parlare su temi reali in modo serio, sotto il cappello di Telecom Italia ma senza i vincoli aziendali classici? [*] Se fossimo all’estero credo che questa idea di contaminazione sarebbe molto apprezzata: qui da noi temo che da un lato si rischia di trovarsi solo commenti contro Telecom (ecco, magari metteteli qua, tanto neppure su Voices verrebbero comunque passati a Quelli Che Contano Davvero) e dall’altro nessuno avrà magari voglia di portare seriamente avanti le discussioni con noi – ma questo capita fin troppo spesso in rete. Però è anche vero che se non si prova a fare qualcosa non si può mai sapere cosa potrà succedere: e noi ci vogliamo appunto provare, anche se siamo sotto Natale.
Avete voglia di darci un po’ di fiducia e seguirci?
[*] occhei, come su Eraclito bisogna sempre cliccare sulle caselle di accettazione dei termini di servizio. Io avrei trovato piu semplice fare una registrazione una volta per tutte, ma capisco i maldipancia degli avvocati Telecom.

Ultimo aggiornamento: 2011-12-21 17:18

Come scrivo

Spinto da questo post dello Scorfano (lui parla difficile perché ha studiato letteratura, con me vi dovete accontentare di molto meno) stamattina vi racconto di come scrivo i miei post.
Innanzitutto un tuffo nel passato. Sono una persona molto pigra, e all’inizio del liceo decisi che non aveva un gran senso scrivere un tema in brutta e rifarlo in bella copia. Tanto, pensai, ogni volta che rileggo quello che ho scritto lo modifico; il lavoro sarebbe infinito e allora tanto vale lasciar perdere, scrivere una sola volta in bella calligrafia pensando un attimo prima di scrivere una frase, e non dannarsi l’anima. Il buonanima del mio professore di italiano del biennio per un po’ morse il freno: la mia non era una classe di gran letterati, i miei temi erano sempre nello scarno gruppetto dei migliori, e quindi non poteva dirmi nulla. Un giorno però diede un tema unico sui Promessi Sposi, che come al solito non avevo studiato (me li sono letti poi con calma e gusto in quarta per conto mio): annaspai il giusto, presi un cinque e mezzo, e mi venne intimato di ricominciare a scrivere la brutta. Io per principio continuai a fare i temi in bella per poi ricopiarli in brutta.
Passarono gli anni. Il tema della maturità mi venne una sbrodolata: abituato a scrivere quattro facciate (non protocollo, ma con una scrittura minuta) in un’ora e mezzo, il trovarmi ben sei ore a disposizione unito alla voglia di far vedere come sapevo tutto del 1848 mi fece sbracare. La tesi di matematica l’ho scritta per un terzo l’ultima notte prima della consegna, in sala terminali della Normale: e quando dico “scritta” intendo che non avevo nessun appunto, solo le formule alla base dei programmi che avevo scritto – per soprammercato usai un Mac SE senza hard disk e soprattutto senza tasti cursore, quindi a ogni errore di battitura dovevo spostare la mano dalla tastiera, prendere il mouse, coordinare i miei movimenti e correggere. Poi chiedetevi perché non sopporto più Apple. Quella tesi è una palla unica. La tesi di informatica l’ho scritta per un terzo l’ultima notte prima della consegna, chiuso nell’ufficio: essendo più preparato, ho terminato un’ora prima di quanto avessi previsto. Usai LaTeX su un monitor non grafico: un mezzo delirio e un paio di risme di carta sprecate, ma almeno potevo correggere un refuso usando solo la tastiera. Quella tesi è un po’ più divertente, almeno nell’introduzione e nella conclusione che erano state preparate un paio di settimane prima.
Passarono ancora alcuni anni (gli articoli per i convegni non fanno testo perché erano in inglese). Iniziai a scrivere per qualche rivista scientifica. Di nuovo testi di una palla unica: corretti, utilizzabili, ma in stile maestrino che ficca tutto in un ammasso bello ordinato ma gelido. Poi iniziò la prima incarnazione di questo blog: brevi comunicati stampa o temini per commentare qualche notizia. Solo che a furia di scrivere, e di volere essere seguito almeno dai famosi ventun lettori, il mio stile è cambiato parecchio.
Continuo a scrivere di getto. È possibile che mi rimugini in testa il contenuto di un post – con questo per esempio l’ho fatto – ma è praticamente certo che quello che ne esce non è il testo da me pensato, e spesso il post parte per una qualche tangente man mano che lo scrivo. Le parole si sussegono, e io mi limito ad osservarle. Non rileggo mai quello che ho scritto, a meno che il post non l’abbia scritto sul palmare e mi serva verificare che non sia saltata qualche lettera. Non guardo nemmeno la tastiera: le dita sanno dove andare, a meno che non mi fermi a pensare dove si trovi una certa lettera. Una scrittura lineare, insomma? per nulla. C’è sempre qualche sottoprocesso mentale che guarda quello che viene scritto e avvisa che occorre una correzione: in questo post avevo per esempio scritto «e di volere essere letto almeno dai famosi ventun lettori», alla parola “letto” ho pensato «no, farà ripetizione con “lettori”: vediamo se poi mi viene in mente un sinonimo» e due righe dopo ho trovato il termine e l’ho modificato in “seguito”. Poi l’occhio mi è caduto sulla frase «ma almeno potevo correggere», mi sono accorto che mancava qualcosa e ho aggiunto «usando solo la tastiera»; e mentre scrivevo questa frase ho deciso di aggiungere anche «un refuso». Il tutto dando un’occhiata al Frenfi e scrivendo un paio di risposte a mail che nel frattempo mi arrivavano.
Così non arriverò mai a fare letteratura: però spero mi apprezziate lo stesso :-)

Ultimo aggiornamento: 2011-12-09 07:00

Grandi Stazioni, grandi latrocinii

Stamattina sono andato a Torino con il cappellino wikimediano per il convegno Legambiente (sono già rientrato, queste non sono trasferte ma mazzate). Sono stato sufficientemente addormentato da salire sul posto sbagliato, cioè quello prenotato per il ritorno: di per sé non ho nemmeno una scusa valida, perché mi ero copiato tutto ieri pomeriggio… fortuna che avevo ancora l’SMS di conferma. Ma non è di questo che volevo parlare, tanto lo sapevate già che sono inaffidabile.
Sono arrivato in stazione con una decina di minuti di anticipo e ho pensato male di prendere un cappuccino al Panino Giusto che hanno da poco aperto nell’atrio. Ho scoperto che il cappuccino in questione costa 1,80€, uneuroeottantacentesimi. Cappuccino preso in piedi, senza neanche un cioccolatino – non parliamo di brioche e similari. Questo è approfittarsi del sonno dei viaggiatori.

Ultimo aggiornamento: 2011-11-25 15:01