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Genova per noi

Se qualcuno dei miei ventun lettori è dalle parti di Genova, sappia che giovedì primo novembre alle 16 terrò una conferenza su “Wikipedia e la scienza immaginaria” insieme a Frieda Brioschi, Federico Cantoni e Andrea Sales.
Conferenza è un parolone: diciamo che sarà una lunga chiacchierata, e siamo in quattro proprio per evitare che il pubblico si addormenti.

Ultimo aggiornamento: 2012-10-30 07:00

Mi sento vecchio

Oggi sono cinquant’anni che è stato pubblicato il primo 45 giri dei Beatles. L’avete sicuramente sentito dire ovunque: il mio ricordo l’ho scritto su Voices. Ma non è di quello che volevo parlare qui, bensì dell’iniziativa di Repubblica “inviateci il vostro video dove suonate una canzone dei Beatles”. Dilettanti.
Nel 1995, quando la maggior parte di quelli che ora si definiscono “guru di Internet” manco sapeva cosa fosse la rete, alcuni partecipanti del newsgroup rec.music.beatles crearono un’audiocassetta dall’eloquente titolo let it r.m.b.: cover di canzoni dei Beatles cantate “in proprio”. Trovate qui qualche memorabilia. Naturalmente quasi tutti gli interpreti erano statunitensi, ma c’era anche un brano inviato dalla Nuova Zelanda; e ovviamente il Vostro Affezionato non poteva mancare, con una cover “live in living room” di This Boy.
Ho qui con me il CD che venne poi masterizzato; ho anche scaricato il brano cantato da me con mio fratello e un suo amico a fare i coretti. Solo che l’ho ascoltato e ho deciso che c’è un limite al decoro, quindi non lo metto in linea. (peccato, però, perché avevo aggiunto una strofa e un pezzo solista. Già allora contaminavo).
Sappiate però che oggi mi sento davvero vecchio.

Ultimo aggiornamento: 2012-10-05 09:36

com’è difficile scrivere!

La settimana scorsa ho rimesso a posto la mia paginetta sui testi che ho scritto, aggiungendo Contraddizioni: ho scoperto con parecchio stupore che l’ultimo racconto (no, il penultimo a questo punto) l’avevo prodotto ben tre anni fa, nel 2009. È vero che in questi tre anni ho fatto parecchie altre cose, a parte un piccolo contributo nella gestione dei miei gemelli: per esempio ho pubblicato un libro e scritto un paio di ebook. Ma quella è roba di matematica, il che è un po’ diverso: sempre scrittura è, ma con uno scopo diverso.
Però il successo dell’Ennesimo libro della fantascienza mi ha fatto tornare la voglia di buttare giù un altro testo. E qui arrivano i guai. Io non sono bravo a scrivere roba lunga, e questo non è poi così male. Mi piacciono i racconti alla Fredric Brown, e nemmeno questo è un peccato. Però tutto questo dà delle conseguenze non banali. Mi spiego: il racconto che ho in testa è scritto in un certo senso alla rovescia, nel senso che ho ben chiara l’idea di base e la riga finale che è il vero colpo di scena, e quindi devo “solo” trovare un modo per arrivare da A a B, come avrebbe detto Zenone di Elea. Ma c’è un ma: la coerenza interna. Stiamo parlando di fantascienza, è vero, quindi posso permettermi delle ipotesi assurde: se volete un paragone matematico, è come aggiungere un nuovo assioma e vedere cosa succede. Però lo sviluppo della storia deve essere coerente: se per esempio ammetto che si possa attraversare i muri, non posso avere un muro non attraversabile, a meno di trovare e scrivere un’ottima ragione perché quel muro non è come tutti gli altri. Insomma, voglio che una volta che uno abbia letto il mio racconto lo riprenda da capo e si accorga che scorre tutto logicamente. Bene: garantisco che è un casino, e la mia ammirazione per chi riesce a scrivere centinaia e migliaia di pagine senza perdersi più di tanto è sconfinata…
(per la cronaca, questo racconto non sarà di fantascienza matematica: sarò più mainstream e mi dedicherò alla fantascienza fisica, il che è più semplice perché io di fisica non ne so notoriamente nulla…)
[p.s.: due persone mi hanno detto che Contraddizioni ricordava loro I nove miliardi di nomi di Dio, che naturalmente conosco bene ma a me non sembra proprio essere stata una fonte. È vero che Clarke era esperto di fantascienza “scientifica” e il mio racconto è fin troppo tecnico, ma garantisco che ho solo pensato a Brown. Secondo voi, dovrei fare come Philip Roth e scrivere una lettera aperta in modo che quando Wikipedia avrà una voce su di me potrò citarmi?]

Ultimo aggiornamento: 2012-10-04 19:00

Io scrivo gratis. E allora?

La scorsa settimana Carlo Gubitosa ha scritto un post dal titolo wertmülleriano. Appello a chi scrive gratis tanto per farsi leggere: e’ il momento di smetterla La sua tesi, rafforzata dalle pubblicazioni dell’Huffington Post in italiano con Lucia Annunziata che afferma gongolante «Iniziamo con circa 200 blogger, ma finché non arriviamo a 600 non mi sento tranquilla» (blogger non sono pagati), è che avere tutta questa gente che scrive aggratis per testate giornalistiche (online ma anche cartacee) ha completamente rovinato il mercato dei freelance che scrivevano articoli per le suddette testate. Gubitosa ha benignamente affermato che non sta parlando di chi ha il suo blogguccio: ma io sono lo stesso toccato, visto che oltre che queste mie notiziole scrivo (gratuitamente) sul Post… e lasciamo perdere i miei contributi su Voices, che in fin dei conti possono essere visti come straordinario aziendale non pagato. Bene, ecco la mia apologia.
So bene qual era il mercato delle collaborazioni freelance una decina di anni fa, avendone fatte anch’io. C’era però una piccola differenza: l’editore per cui scrivevo ha chiuso per crollo delle vendite, e non credo il crollo sia dovuto a quanto scrivevo. Peggio ancora, ora sul Post scrivo di matematica: e lo faccio non per far leggere me, quanto per far leggere di matematica. Non è che dieci anni fa avrei potuto farmi pagare per farlo, vi assicuro: quel mercato non esiste proprio. Insomma, io perdo tempo a scrivere per una ragione ben precisa, sapendo comunque che il mio è un lavoro di nicchia: anche se i ventun lettori non mi pagano né direttamente né indirettamente, mi va bene così. Tutta pubblicità (per la matematica), insomma. Aggiungiamo poi che non ho nessun obbligo di tempistiche e di argomenti, e nemmeno nessun controllo, a meno che non succeda chissà che cosa. Sono insomma l’equivalente di uno di quelli che andavano a parlare allo Speakers’ Corner in Hyde Park. A me sembrano molto più preoccupanti per il futuro del giornalismo quelli che accettano di scrivere un pezzo per due euro o meno ancora: lì sì che si svilisce la professione giornalistica.
Infine, la qualità si è abbassata? Secondo me sì, ma credo che questa sia solo la conseguenza del fatto che la gente non è più interessata a quello che viene scritto, e quindi si accontenta di molto di meno. Le cose che si vogliono sono altre, i soldi vengono messi in quelle altre cose, e il testo scritto ha perso importanza. Ci possiamo fare qualcosa? Probabilmente no, ma è come dire che i guidatori di carri non volevano le automobili per perdere il loro monopolio degli spostamenti…

Ultimo aggiornamento: 2012-10-01 07:00

grandi opere

Ieri sera mi sono finalmente deciso a smontare il tubo del lavandino del bagno, dove era caduto un coprisetole dello spazzolino dei bimbi che in pratica aveva intasato tutto (ma che plastica usano, che l’idraulico liquido non l’ha per nulla sciolto?) Smontare il tubo non è stato troppo difficile, trovare il pezzo che otturava – già dentro il muro… – nemmeno; poi per rimontare il tutto ho smadonnato come non mai.
Oggi mi sono deciso a cambiare il fermo che blocca una delle sbarre della scala, che era stato spaccato non so come da un bimbo, immagino Jacopo. Non so chi li avesse avvitati e come ci fosse riuscito: l’unico cacciavite che mi ha permesso di togliere la vite più malefica è stato quello del mio coltellino svizzero. Fatto tutto il lavoro, ho visto che comunque non servirà a molto perché anche la sbarra è rotta: diciamo che spero in bene.
Quello che non capisco è perché io mi ritrovi a fare queste cose che evidentemente non so fare…

Ultimo aggiornamento: 2012-09-28 18:07

La mia tesi ormai mutilata

Come probabilmente vi ho scritto non so quante volte, io ho due lauree: una in matematica e una in scienze dell’informazione. La prima è la laurea vera: la seconda l’ho fatta perché mi bastavano sei esami e una tesi, il tutto prendendomela molto con calma mentre lavoravo. Due esami il prim’anno, uno il secondo, tre il terzo, il quarto non ho fatto nulla e poi mi sono deciso a presentare una tesi nella sessione di febbraio per evitare di pagare altre tasse universitarie.
Avrete capito che non l’ho assolutamente presa sul serio. Ho scritto una tesi su un algoritmo che avevo ideato e testato per lavoro e che non funzionava per nulla; beh, migliorava dello 0,1% il riconoscimento triplicando il tempo impiegato, mettiamola così. Ho chiesto a un professore che conoscevo via Fidonet se mi faceva da relatore, salvo poi scoprire all’ultimo momento che non poteva farlo perché era diventato ordinario a Torino dall’anno accademico 1990-91 e la sessione di febbraio era quella dell’anno 1989-90; sulla tesi c’è così la firma ufficiale di un’altra professoressa che non ho mai visto né sentito (nemmeno durante la discussione :-) ); e via discorrendo.
La settimana scorsa una mia amica, con cui ai tempi avevamo lavorato insieme, mi ha chiesto se avevo una copia della tesi da mandarle. Io le ho risposto “guarda, purtroppo in uno dei miei mille traslochi di PC e di casa ho perso la versione elettronica; se vuoi ti mando quella cartacea”. Ho controllato a casa, e scoperto che mentre ho svariate copie, anche una sfascicolata, della tesi di matematica, di quella di informatica ne avevo solo due. Vabbè, mi metto a scansionarla e via. Finita la faticaccia, mi sono accorto che nella fretta avevo tagliato alcune pagine, e le ho riscansionate… accorgendomi che non esisteva pagina 66. Quando portai le copie a rilegare, probabilmente persi quella pagina: e visto che sono state rilegate tutte insieme sono ragionevolmente certo che neppure all’università (se non l’hanno già mandata al macero, e se l’alluvione del 2000 non l’ha irrimediabilmente bagnata) la mia tesi ha pagina 66.
Tanto chi volete che l’abbia mai aperta?

Ultimo aggiornamento: 2012-09-27 07:00

pessimi scherzi

Ieri mattina, dopo il primo giorno dei treenni alla scuola dell’infanzia (con presenza del papà nella classe di Jacopo, visto che la mamma era in quella di Cecilia) siamo tornati a casa in maniera più o meno rocambolesca e mi sono fiondato a prendere la bicicletta per arrivare in ufficio senza dover prendere mezza giornata di permesso. Mentre la sposto, sento un rumore che non mi piace: guardo meglio e la ruota posteriore è completamente a terra. Elenco mentalmente una serie di maledizioni, immagino che venerdì sera devo aver bucato mentre tornavo a casa, e mi decido a prendere ferie per la giornata.
Nel pomeriggio, telefono al ciclista per verificare che fosse aperto, e mi faccio il mio chilometro con bici a mano. Arrivo, il ciclista tocca la ruota, e mi fa “mah, a me non sembra mica bucata… Proviamo a gonfiarla, e vediamo che succede”. Aspettiamo qualche minuto e la gomma tiene, al che restiamo d’accordo che se l’indomani mattina è di nuovo a terra la riporto e si cambia il tutto. Inutile dire che stamattina la gomma era gonfia proprio come ieri.
Evidentemente qualche buontempone aveva deciso di sgonfiarmi la gomma (sì, la bicicletta continua a stare nell’apposita rastrelliera sotto casa, nello stesso posto in cui lascio la mia bici dal dicembre 2009 e che avevo scelto perché era l’unico libero. Adesso è stata anche presa un’altra rastrelliera che però è vuota: tutto questo per spiegare che non può essere una lite-da-parcheggio). Ma la cosa più strana è che io ci avevo anche pensato, a uno scherzo, e avevo controllato la valvola: valvola che aveva regolarmente il tappino. In pratica, non solo devo avere un vicino di casa che ce l’ha con me: ma è uno che come me è un rompipalle tale da essere attento a un minimo particolare come quello del tappino della valvola. Inizio a preoccuparmi.

Ultimo aggiornamento: 2012-09-11 11:42

Sono ricercato

Stamattina, primo giorno dell’anno, ho dimenticato il telefonino a casa. Me ne sono accorto arrivato in ufficio, ho pensato qualche nanosecondo se valeva la pena di tornare indietro a prenderlo (ero arrivato così presto che avrei anche potuto farlo), poi mi sono detto che il mondo andava avanti lo stesso.
Stasera sono tornato a casa, ho preso in mano il furbofono, e ho visto una chiamata senza risposta, dal numero +390165306511. Adesso per pura curiosità ho fatto una ricerca: il risultato è “La Stampa – Aosta”.
Non è impossibile che io sia contattato dai media, dato il mio cappellino di portavoce ad interim di Wikimedia Italia: però il mio numero di cellulare non è indicato nelle varie pagine, e mi pare strano che gli amichetti WM-IT non mi abbiano avvisato. Inoltre è buffo che fosse un’edizione regionale, anche se con la partenza di Wiki Loves Monuments tutto è possibile.
Vabbè, diciamo che avevano sbagliato numero…

Ultimo aggiornamento: 2012-09-03 22:03