(attenzione, post ad alto contenuto di melassa)
Che la festa del papà sia il 19 marzo è un’usanza solo italiana, causa san Giuseppe: almeno quando ero piccolo si stava a casa e quindi aveva anche un senso maggiore di quello attuale, ma vabbè. Mio padre è morto nel 1981, quindi su quel lato non ho molto da fare, e oggettivamente non mi ricordo nemmeno di miei festeggiamenti a lui quando io ero piccolo e lui vivo. Coi gemelli purtroppo l’asilo ha sempre deciso che i padri quel giorno devono prendersi mezza mattinata e “stare coi loro bambini a fare un lavoro insieme”, il che è sempre una mezza tragedia perché Jacopo e Cecilia sono in due classi diverse e io non ho studiato bilocazione. Oggi poi c’erano anche le pizzate padri-figli: avendo scelto di fare quella con Cecilia (lasciandola da sola nella mattinata per equità, perché il lavoretto l’ho fatto con Jacopo) mi sono visto Jacopo con uno sguardo d’odio mentre uscivamo e lui rimaneva in classe con i suoi compagni. Sempre meglio di Stella, una bimbetta di neanche quattro anni di un’altra classe, che avevo appena visto piangente perché suo papà non c’era, e che mi sono preso un attimo in braccio per consolarla. (A quell’età si consolano abbastanza in fretta, anche perché Stella mi conosce in qualità di papà del suo ammmore Jacopo).
Però devo dire che saranno dieci giorni che i due la sera mi chiedono quanto manca alla festa del papà, Jacopo mi aveva già spiattellato domenica la poesia che mi avrebbe dovuto ufficialmente recitare oggi, e Cecilia era tutta stretta vicina al suo papà. È andata a finire che mi sono un po’ sciolto anch’io.
Ultimo aggiornamento: 2015-03-19 17:16