Alessandro Longo ci fa sapere su Repubblica (sempre sulla notizia) che Assoprovider ha fatto ricorso al Tar del Lazio contro l’obbligo per i provider di bloccare l’accesso ai siti di scommesse che non hanno pagato il pizzo, pardon l’autorizzazione, all’Azienda Autonoma Monopoli di Stato. Per la cronaca, Assoprovider è l’associazione dei “piccoli” provider, a differenza di AIIP che è quella dei “grandi”. Avevo già parlato del blocco e di quello che penso della cosa. Ciò detto, vorrei però fare notare che parlare di “blocco dell’IP”, come fa Longo, è assolutamente fuorviante. Quello che viene bloccato è il DNS (quindi il nome con cui il sito è noto, non il numero d’indirizzo, che è appunto l’IP). Se proprio vogliamo essere pignoli, il DNS viene modificato in modo che sostituisca all’indirizzo IP corrispondente al sito “cattivo” quello corrispondente all’avviso di blocco; un po’ come se il postino verificasse la città dove è spedita una lettera, e decidesse di cambiare il CAP di quelle dove il sindaco è della Lega mettendo al suo posto quello del Quirinale. E infatti, l'”espediente tecnico” accennato nell’articolo consiste semplicemente nel fare in modo che il nostro PC dica al server “no, non preoccuparti di dirmi qual è l’indirizzo di quel sito: faccio io”.
Il fatto è che invece che scrivere “blocco IP” bastava dire “blocco sui nomi dei siti di scommesse”, quindi il termine usato non è una semplificazione necessaria ma proprio un errore. Sarà stato forse fatto apposta perché l’ignaro lettore non avesse la più pallida idea di cosa è stato davvero fatto, sia mai che riuscisse ad aggirare il blocco?
Ultimo aggiornamento: 2006-04-28 22:13