Archivi categoria: informatica e AI

Il sistema informatico Auchan

Ieri Anna e io siamo andati all’Auchan di Cinisello Balsamo per fare la spesa. Per amor di precisione c’erano anche i bimbi e le casse Auchan sono strette, quindi io sono uscito e passato dall’altro lato mentre lei metteva la roba sul nastro. Alla fine porgo bancomat e carta fedeltà (la Nectar) e mi sento dire “mi spiace, ma doveva darla prima che io battessi il totale, adesso il conto è bloccato”. Al punto assistenza hanno confermato che non è possibile fare nulla, perché “i punti vengono caricati man mano che si passano i prodotti”; cosa che immagino sia totalmente falsa, a meno che il sistema informatico sia ancora più stupido di quanto uno possa immaginare.
Già non ha un gran senso che il sistema si blocchi nel momento in cui il cassiere pigi il tasto “totale”; nelle casse Esselunga, tanto per fare un esempio, la chiusura della transazione si ha solo dopo che l’utente ha pagato. Fateci caso: voi consegnate contanti e/o plastica, digitate eventualmente il pin, e solo allora lo scontrino appare. Nemmeno ha senso che il cassiere, che si immagina sappia di questa cosa, non chieda fin dall’inizio se uno ha la carta fedeltà; ma su questo sorvolo. Quello che però per me è proprio incredibile è che nessuno abbia pensato a un sistema di backup: lo scontrino ha un numero identificativo, basterebbe inserirlo e caricare i punti sulla carta. Il fatto che nessuno abbia pensato a una cosa simile la dice lunga su come si studino le interfacce oggidì.

Ultimo aggiornamento: 2010-08-30 10:56

Google-Verizon

Non ho commentato né penso di commentare il documento congiunto di Google e Verizon sulla “neutralita” della rete che non ci sarebbe più per un’ottima ragione. Sono in vacanza, per dieci giorni l’unica connessione che avevo era un telefonino che usavo solo per leggere la posta e anche adesso che sono a casa in ferie ci sono due bambini quasi unenni che giustamente reclamano la mia attenzione. Questo significa che non ho accesso ai documenti originali, e non mi fido certo dei resoconti di terza mano dei quotidiani.
Ciò detto, ricordo a tutti un paio di cose. La “net neutrality” è morta quindici anni fa, quando all’IETF hanno iniziato a studiare i sistemi QoS, che permettono di prioritizzare i pacchetti dati; insomma il principio “tutti i bit sono uguali” è già falso. In secondo luogo, anche se uno formatosi su Unix come me è abituato a pensare a tutto a un livello astratto, la dura realtà è che la banda wireless è molto più limitata di quella wireline. Quindi i casi sono due: o si accetta che con le reti dati wireless non si può fare quello che si può fare con l’ADSL di casa, oppure arriverà una rete wireless divisa tra poveretti e ricconi. Magari non sarà come proposto da Google e Verizon, e verranno liberate frequenze radio specializzate per coloro che vogliono pagare; ma comunque capiterà. (Io sarei per limitare per tutti l’accesso wireless, ma non faccio testo)

Ultimo aggiornamento: 2010-08-17 07:00

Addio Google Wave

Così Google ha deciso di chiudere definitivamente Google Wave. Ne leggete ad esempio o qui, ma tanto per dire ne parla anche la BBC.
Il guaio di Wave, secondo me, è che è stato buttato in pasto al grande pubblico sotto il nome di Google. L’idea dietro il prodotto non era (e non sarebbe) per nulla malvagia, anzi: non so da voi, ma quando penso alle decine e decine di mail con venti persone in copia che continuano a lasciare tutto il testo della conversazione “perché non si sa mai” (nella migliore delle ipotesi; la peggiore è “{ perché non me ne può fregare di meno”, e in mezzo “perché non sappiamo toglierla”) e allegare versioni su versioni di slide powerpoint da qualche mega cadauna non posso che apprezzare l’idea di una conversazione in forma di Wave. Purtroppo però il prodotto era troppo avanzato; da un lato era pertanto di una lentezza da far cadere le braccia, dall’altro chi lo vedeva come una “email con gli ormoni” non ne capiva l’utilità. Secondo me, se Google avesse fatto una piccola società di nome wavr.com e lanciato lo stesso prodotto in sordina tra gli early adopter che avrebbero potuto dare degli utili suggerimenti, e soprattutto non avrebbe intasato i server.
Chissà se qualche idea di Wave rientrerà dalla finestra di qualche prodotto: mi sa però che almeno per i prossimi anni ce lo scordiamo.

Ultimo aggiornamento: 2010-08-05 14:20

traduzione “intelligente”

Ho dato in pasto a Google Translate un brano da rendere in inglese (sono pigro, e ci metto meno tempo a correggere tutti gli errori della traduzione automatica rispetto a scrivere da zero). Nel brano c’erano dei link, che di solito elimino e ricopio a mano dall’originale, ma stavolta – sempre per pigrizia – erano rimasti nel testo. Bene, un sito “unimi.it” è diventato “unimi . com”.

Ultimo aggiornamento: 2010-07-08 15:55

addavenì l’e-book!

Sto cercando di scrivere un ebook. Ci sarà dentro roba già postata in giro, nulla di particolare insomma; però mi piaceva l’idea di capire come funziona questa bellissima rivoluzione digitale. Però mi sto già arenando di brutto, e per fortuna che la data di “pubblicazione” dovrebbe essere fine anno.
Ci sono ovviamente problemi di formattazione varia: pur partendo da xhtml 1.1 (che so trattare) e da CSS (che non è che conosca così bene, soprattutto per quanto riguarda le versioni condizionali) ho scoperto che cose normali da vedere a video non funzionano affatto su un e-reader, e bisogna ripensarle da capo. Ma fin lì ci arrivo. Ma poi succede che la divisione in capitoli non funziona per nulla, perché si perdono tutti i link interni: e allora giù di modifiche. E poi succede che .epub, che sarebbe un sistema nato per la riformattazione libera, non ha un modo per inserire nel file le regole di sillabazione, il che è male (sono trent’anni che esistono file molto compatti per sillabare, come sa chiunque abbia usato TeX). Ma non è tutto: chi ha il Kindle non può leggere .epub, e deve avere il file in formato .mobi; non so nemmeno se sia possibile avere un CSS separato per epub e mobi, visto che mi sa che anche il rendering sia diverso. Sì, potrei offrire la versione PDF o anche direttamente l’xhtml; ma questo significa che se non sei uno smanettone il tutto non lo leggi bene. Non parliamo poi di chi dice “massì, CSS3 farà tutto perfettamente!”. Certo, magari sarà così. Ma quanti anni ci vorranno prima di avere la specifica definita e i lettori che la implementino?
La mia sensazione è che in questo momento (momento che sta durando da qualche anno) l’unica cosa che sta interessando i produttori di hardware e software è mettere un DRM in modo che nessuno possa piratare i libri, e quindi gli unici ebook che si riescono a leggere bene sono le ultime novità librarie che si pagano quanto se non più la versione cartacea. Ma un povero untorello come me, che non ha nessun motivo di lucchettare il proprio testo e vorrebbe semplicemente che fosse facilmente fruibile, si trova immediatamente fregato. Altro che condivisione della cultura!

Ultimo aggiornamento: 2010-07-08 07:00

Posta Elettronica Certificata

Come forse avrete letto, qualche settimana fa il miniministro Brunetta ha lanciato in pompa magna il progetto di posta elettronica certificata nei confronti della Pubblica Amministrazione. Non sono totalmente sicuro che la cosa sia un gran vantaggio, visto che c’è la presunzione di ricezione anche se non si apre il messaggio e non si può fare in modo che noi scriviamo per PEC e l’amministrazione statale ci risponda per mezzo di una sana vecchia raccomandata; e inoltre, come forse non sapete, non è nemmeno garantita l’interoperabilità tra la PEC di diversi enti. Ma su queste cose io ci vado comunque a nozze, e così mi sono armato di santa pazienza e sono andato sul sito postacertificata.gov.it.
La procedura è abbastanza bizantina: si fa una preattivazione online, poi dopo almeno 24 ore e non più di un mese si deve andare in un ufficio postale abilitato con fotocopia e originale di un documento d’identità e del codice fiscale. Peccato che al mio primo tentativo il sistema si sia piantato per il troppo traffico, al secondo non mi era apparsa la schermata di ok e al terzo mi diceva che avevo già fatto la domanda. Passo comunque in posta (sportelli dei conti correnti, non delle operazioni con le lettere) e l’impiegato mi fa “guardi, abbiamo la procedura bloccata a terminale”. Insomma, non solo erano state sottostimate le risorse lato utente, ma nemmeno quelle di backoffice erano sufficienti!
Dopo qualche giorno riprovo la preiscrizione: sembra andato tutto a buon fine, ma non c’è traccia della mail di conferma che dovrei ricevere. In effetti avevo usato un indirizzo un po’ strano, tipo pippo+PEC@gmail.com; è perfettamente lecito secondo gli RFC 821 e 2821 e coincide con pippo@gmail.com, ma molti programmi non lo sanno e si lamentano per l’indirizzo “inesistente”. Quando finalmente la stagione delle piogge è terminata, e passato ancora un paio di giorni per sicurezza, ripasso comunque dall’ufficio postale; consegno, firmo, torno a casa e mi trovo sull’email di casa la notifica che è tutto a posto.
Adesso resta solo da scoprire come usarla, come scrivevo sopra :-)

Ultimo aggiornamento: 2010-05-26 14:18

dominii, siti, indirizzi IP: la solita confusione.

Per l’ennesima volta un articolo su uno dei maggiori quotidiani italiani, questa volta il Corsera, mostra come i nostri giornalisti non siano ancora riusciti a capire l’abc di come funzionino nomi e indirizzi in Internet.
Eva Perasso parte da una notizia direi corretta, che tra pochi mesi non ci saranno più indirizzi IPv4 a disposizione, e riesce a tirare fuori come conseguenza che “per trovare un dominio libero tra quelli di vecchia generazione si spenderà sempre di più”, seguendo un percorso tutto nella sua testa.
Provo a spiegare per l’ennesima volta la differenza tra nomi e indirizzi. Queste notiziole sono ospitate all’indirizzo 80.94.113.103, e al nome xmau.com, il che significa che a xmau.com è associato l’indirizzo 80.94.113.103. Ma non è scritto da nessuna parte che l’associazione sia biunivoca, cioè che a un nome corrisponda uno e un solo indirizzo e viceversa! Un sito molto grande potrebbe avere più indirizzi, un po’ come il palazzo sede di una banca potrebbe avere più numeri civici, e soprattutto a un indirizzo IP possono corrispondere molti dominii, proprio come molte famiglie di un condominio abitano allo stesso numero civico della stessa via della stessa città. Il concetto non mi sembra così complicato, ma a quanto pare non entra proprio in testa al giornalista tipo. Certo, la mancanza di indirizzi IPv4 si farà sentire, ma non certo per quelle ragioni, o per “i pacchetti di siti acquistati per compiere frodi”…
Aggiornamento: (5 maggio, 11:30) Dopo tutto lo sputtanamento ricevuto, ma soprattutto dopo che Mantellini ha raccontato che non era nemmeno stato rettificato, quelli del Corsera hanno cancellato la pagina :-)
Aggiornamento: (5 maggio, 13:30) L’articolo è tornato in linea, con l’occhiello «Il seguente articolo era stato pubblicato in una prima versione contenente alcune gravi imprecisioni. Pubblichiamo a seguire una revisione del testo e chiediamo scusa ai lettori. La redazione.» e le frasi incriminate cancellate. Resta comunque poco chiaro chi si accaparri gli indirizzi IPv4, e insomma non segnalerei certo l’articolo per chi volesse sapere cosa sta succedendo: però è giusto apprezzare la redazione del Corriere che ha scritto nero su bianco “ci siamo sbagliati”.

Ultimo aggiornamento: 2010-05-04 15:06

io l’avevo detto

Il mese scorso avevo ipotizzato che Google si fosse recuperato i dati della mia ADSL, visto che quando sono nella casa nuova e mi connetto via wifi il suo Google Maps mi dice che sono nella casa vecchia.
Ora leggo dal Register che in Germania si stanno parecchio arrabbiando perché le automobili di Street View hanno scansionato le reti WLAN private registrando i MAC address dei PC.
Va a finire che ci avevo azzeccato davvero!

Ultimo aggiornamento: 2010-04-26 07:00