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Le curiosità del 2025

I laghi Aral

i laghi Aral da Google Maps satellite Quando andavo a scuola, il lago Aral era il più grande lago interno asiatico, ma già i libri di geografia dicevano che era a rischio evaporazione perché non aveva immissari. Ieri ho scoperto che non si parla più di lago Aral ma di laghi al plurale, perché è rimasta davvero poca roba come si può vedere in figura. Pare però che il Kazakistan, dove è rimasto il lago Aral del nord, abbia un ambizioso piano per salvare il salvabile: qui si può leggere cosa è stato fatto fino ad adesso, con canali artificiali per creare un immissario.
Non so se sia solo la prosa ex=sovietica, ma a me queste operazioni sanno tanto di marketing politico, anche se non ho idea verso chi: la notizia è di un mese fa e non mi pare di averla vista prima in giro. Devo anche dire che non so come sia cambiata la situazione politica negli ultimi vent’anni, dopo che il padre-padrone Nazarbaev (che ho scoperto essere ancora vivo…) ha formalmente lasciato il potere. Tra l’altro ero anche convinto che fossero passati dall’alfabeto cirillico a quello latino, ma vedo che non è così…

(per i curiosi, John Baez ha postato una serie di foto che mostrano come il lago si è prosciugato negli anni)

Sulla liquidità dei gatti

Se avete dei gatti, saprete perfettamente che riescono a passare attraverso pertugi davvero minuscoli, e infilarsi in scatole di dimensione minima. Scherzando, si dice spesso che i gatti sono liquidi. Beh, come si può leggere su Scientific American c’è stato un fisico che ha preso sul serio la battuta, forse per avere una scusa di non fare lavoro serio. Nel 2014 Marc-Antoine Fardin scrisse un articolo per il Journal of Rheology dal titolo “On the Rheology of Cats”.

Ma cosa vuol dire calcolare la liquidezza di un gatto? Ovviamente non lo versi da nessuna parte. Fardin ha così pensato di usare il numero di Debora, che definisce quanto un materiale ci mette a rilassarsi in una posizione stabile. Per definizione il vetro (che come sapete non è un vero solido…) ha numero di Debora 1; un solido ideale perfettamente elastico avrebbe numero di Debora infinito, e un liquido viscoso ideale lo avrebbe uguale a zero. Bene: secondo le sue misurazioni il valore dipende dall’età del gatto (quando mai un cucciolo sta fermo?) e dal luogo (avete mai messo un gatto su un trasportino?), ma con esemplari standard se per esempio un gatto si infila in una piccola scatola in cinque secondi e viene osservato in quella posizione per un minuto – esempio del tutto plausibile – il numero di Debora è De = 1/12 = 0,0833… il che mostra un indubbio comportamento da fluido.

Un’ultima curiosità: perché il numero di Debora si chiama così? Dalla Bibbia, Giudici 5,5: La sacerdotessa Deborah profetizzò “Si stemperarono i monti davanti al Signore, Signore del Sinai, davanti al Signore, Dio d’Israele.” E se i monti si sciolgono, nemmeno loro sono davvero solidi!

Un gioco di prestigio (quasi) scespiriano

Philip Henslowe era il fondatore e impresario del Rose Theater a Londra, negli anni in cui Shakespeare rappresentava le sue opere. Ci è pervenuto un suo diario manoscritto, dove in genere parla degli affari del teatro, ma ogni tanto ci sono delle chicche, come la spiegazione di un gioco di prestigio con le carte. Qui sotto potete vedere la trascrizione fatta nell’800 da un certo W.W. Greg.

Il testo di Henslowe, trascritto da W. W. Greg nell'800

Il testo è stato scoperto da Rob Eastaway mentre stava cercando materiale per il suo libro Much Ado About Numbers, che parla di Shakespeare e matematica. Peccato che il gioco di prestigio non funzionasse… probabilmente perché c’è stato qualche errore di trascrizione o di comprensione dell’inglese dopo tre secoli. Il gioco, secondo la trascrizione, funziona così:

Disponete 12 carte a faccia in giù in cerchio (ordinate dall’asso alla donna in senso orario), e in basso aggiungete il fante di picche, con la faccia in alto. [Nella figura è un K perché è un knave, un fante] Prendete un volontario, chiedetegli di considerare – senza dirlo – l’ora alla quale si è svegliato (tra 1 e 12: ma si può dire al volontario di scegliere un numero qualunque), scegliere una carta qualunque tra le 12 coperte sempre senza far vedere qual è, e contare dalla successiva in senso orario fino a 15, il tutto senza che noi guardiamo. A questo punto il volontario deve ricordarsi su quale carta è finito: noi ora partiamo dal fante di picche e contiamo in senso orario da 15 fino a 26. Il volontario deve notare qual è il numero che abbiamo detto mentre indicavamo la carta dove era finito, e contare questa volta in senso antiorario dal numero segreto fino a questo numero. Voltando la carta dove è arrivato con questo secondo conteggio, dovrebbe esserci proprio la carta corrispondente al numero pensato.

Colin Beveridge ha provato a eseguire il gioco, ha visto che non funzionava, e l’ha studiato per capire dov’era l’errore, riuscendoci e postando su Aperiodical i conti che ha fatto. La cosa non è stata molto complicata, perché si sbagliava sempre di un’unità (se uno partiva dal 7 finiva al 6); basta insomma che noi contiamo (e poi partiamo) da 14 e non da 15 e il gioco funziona. Ma come mai funziona? Semplice: stiamo lavorando con l’aritmetica modulare. Se il volontario ha scelto il numero n e parte dalla carta #c, contando fino a 14 dalla carta successiva arriva a #(c + 14 − n), naturalmente modulo 13. Partendo dal 14, noi in realtà stiamo dicendo il numero della carta coperta, sempre modulo 13, e quindi quando arriviamo sulla carta dove si era fermato il volontario siamo arrivati al numero (c + 27 − n). Quando conta all’indietro dalla carta #(i>c + 14 − n), partendo da n e arrivando a c + 27 − n, quello che succede in pratica è che si arriva alla carta in posizione (i>c + 14 − n) − (c + 27 − 2n) che è la carta #(n − 13), che modulo 13 è proprio la carta #n.

Come ha astutamente notato il figlio decenne di Beveridge, il 15 originale per il conteggio del volontario può essere un qualunque numero, perché tanto viene eliminato nel conteggio all’indietro; per quello che a differenza sua io ho preferito contare solo fino a 14 per mantenere la simmetria tra i due numeri. Il trucco è molto semplice se uno conosce un po’ di aritmetica modulare, ma ho il sospetto che nel ‘600 la cosa non fosse così comune… e anche adesso lo si può sfruttare, visto che presenta il vantaggio che può essere ripetuto più volte con valori diversi senza che il pubblico si accorga del trucco… a meno ovviamente che non ci sia un matematico!

poveri tassisti

Quando l’altro giorno mi è arrivata la comunicazione che diceva “in ottemperanza a quanto previsto dalla nuova Legge di Bilancio i giustificativi delle trasferte dei dipendenti d’ora in avanti dovranno essere tracciati attraverso pagamenti effettuati mediante bancomat o carte di credito.” non ci ho fatto nemmeno caso. Tanto sono anni che non vado in trasferta :-) Ma Anna mi ha fatto poi notare che c’è una categoria che non sarà molto contenta di ciò: i tassisti, che si vedranno i clienti più importanti richiedere obbligatoriamente una ricevuta. Com’è possibile che ELLA, e la destra in genere, abbiano fatto un errore così marchiano?