A quanto sembra, il nuovo protocollo permetterebbe alle aziende di vaccinare in proprio i loro dipendenti, dopo che la Lombardia ha fatto da apripista. Premesso che nel documento nazionale c’è scritto “Sarà inoltre possibile, qualora le dosi di vaccino disponibili lo permettano, vaccinare all’interno dei posti di lavoro, a prescindere dall’età, fatto salvo che la vaccinazione venga realizzata in sede, da parte di sanitari ivi disponibili, al fine di realizzare un notevole guadagno in termini di tempestività, efficacia e livello di adesione” (grassetto mio), c’è un punto che non capisco per nulla.
Dal mio punto di vista, non c’è nulla di strano a voler vaccinare prima le persone che devono stare a contatto col pubblico per tutta la loro giornata lavorativa, tipo gli addetti dei supermercati. Già avrei più dubbi sui cinque operai di una boita (una fabbrichètta, se preferite), che in un certo senso formano una piccola bolla. Ma in queste linee guida non c’è scritto nulla di tutto questo. Paradossalmente, se la mia grande azienda decidesse di fare un accordo con la regione, farsi dare un po’ di dosi di vaccino, prendere qualche medico e infermiere e vaccinare me – come ha fatto a dicembre per l’influenza – sarebbe tutto a posto, nonostante io stia lavorando da casa da un anno e non abbia nessuna ragione pratica per avere il vaccino prima di altri.
La mia domanda non è “chi ha suggerito di scrivere una cosa del genere?”, perché la risposta è chiara. Ma è “perché hanno accettato di scrivere una cosa del genere?”
Ultimo aggiornamento: 2021-03-11 13:32