Taglio IRPEF: chi ci guadagna?

Il Post, parlando della legge di bilancio per il 2026 e del taglio dal 35% al 33% dell’aliquota Irpef per chi ha un reddito tra i 28 e i 50mila euro lordi, scrive che “L’ISTAT, l’ufficio nazionale di statistica, ha calcolato che l’85 per cento dei 2,9 miliardi andrà a beneficio dei due quinti delle famiglie con i redditi più alti.” È proprio così? Mah. Proviamo a vedere cosa dice davvero l’Istat (a pagina 11 del documento presentato in audizione).

Innanzitutto una spiegazione di base: le aliquote IRPEF crescono (poco, rispetto a cinquant’anni fa) al crescere del reddito; ma la parte che cresce è sulla quota ulteriore di reddito, non su tutto il reddito. Quindi nel 2025 l’imposta di base era del 23% sui primi 28000 euro, del 35% sulla parte di reddito da 28000 a 50000 euro e del 43% per la parte di reddito sopra i 50000 euro. Il taglio significa che si toglie man mano qualche imposta (venti euro ogni mille di reddito) per chi guadagna da 28000 a 50000, e quei 440 euro rimangono acquisiti per chi guadagna più di 50000 euro. In figura avete un’idea di quale sia in pratica il taglio: in ascissa ci sono i redditi e in ordinata le imposte.
IRPEF nel 2025 e 2026

Cosa dice l’Istat? Cito:

Nel complesso, si stima che l’intervento coinvolgerebbe poco più di 14 milioni di contribuenti, con un beneficio annuo pari in media a circa 230 euro. Le famiglie beneficiarie sarebbero circa 11 milioni (44% delle famiglie residenti) e il beneficio medio di circa 276 euro (in ogni famiglia ci può essere più di un contribuente).

Bene. I contribuenti italiani nel 2024 (ma i dati non dovrebbero essere cambiati molto) sono stati 42,6 milioni, secondo Pagella Politica. I 14 milioni sono quindi un terzo dei contribuenti, meno dei due quinti; e per definizione questi complessivamente si prendono tutto il taglio Irpef. Come mai questa discrepanza? Semplice. L’Istat ha preso le famiglie che avranno un beneficio (controprova: c’è scritto che “Il guadagno medio va dai 102 euro per le famiglie del primo quinto ai 411 delle famiglie dell’ultimo”, e se si facesse i conti su tutti i contribuenti il primo quinto delle famiglie guadagnerebbe zero, visto che 26 milioni di contribuenti dichiarano meno di 26000 euro). Per come sono sbilanciati i redditi – e questo lo si vede nella tabella pubblicata nell’articolo di Pagella Politica – parecchi di coloro che guadagnano più di 28000 euro in realtà non superano di molto i 30-32000 euro, e quindi il loro guadagno è appunto più basso. Inoltre l’85% è calcolato sul reddito disponibile equivalente, che cambia ancora le carte in tavola: non si parla per l’appunto di “redditi più alti” ma di una quantità pesata rispetto a numero ed età dei membri della famiglia (altra controprova: se il 90% dell’ultimo quintile e i due terzi del quarto quintile hanno benefici dal taglio, non possiamo avere ordinato per redditi crescenti, perché altrimenti avremmo dovuto avere il 100% dell’ultimo quintile oppure zero nel quarto quintile. Il quintile è uno dei cinque gruppi della stessa dimensione, ovviamente).

Che si ricava da tutto questo? Innanzitutto che questa misura serve a pochi, come scrivevo sopra un terzo dei contribuenti buona parte dei quali prenderà comuqnue ben poco. Ma soprattutto si vede che il ragionamento dell’Istat è tecnicamente corretto, ma personalmente dubito che la maggior parte dei parlamentari, per non dire dei giornalisti, abbia capito cosa c’era scritto nel loro testo; e ho dei dubbi anche sul governo, a parte Giorgetti che sicuramente le competenze le ha. Mi sa che abbiamo un problema, se non riusciamo a spiegare cosa succede in pratica. (Se vogliamo andare sul merito, io avrei abbassato ancora qualcosa anche sui redditi più bassi e avrei creato di nuovo uno scaglione al 45% oltre i 100000 euro di reddito, ma è chiaro che una misura come quella non è politicamente possibile nemmeno con un governo di centrosinistra, figuriamoci con questo)

PS: io trovo metodologicamente scorretto parlare di reddito familiare per una manovra che tocca i redditi personali. Sarebbe stato più comprensibile dire che meno del 10% dei contribuenti ne avrà pieno beneficio, ricordando magari che più del doppio di loro paga in media 26 euro di Irpef l’anno e quindi non avrebbe avuto un grande guadagno.

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