Un paio di dimostrazioni non standard

Quella delle dimostrazioni matematiche è spesso un’arte: non tanto nel senso usuale del termine, quanto perché ci possono essere metodi completamente diversi per arrivare a una dimostrazione, e spesso quello che si sceglie dipende dalle inclinazioni della persona più che da un oggettivo vantaggio. Anzi, a volte il vantaggio non c’è proprio: la dimostrazione fornita è un semplice esercizio di stile. Vediamo due di queste dimostrazioni.

La prima è di un teorema del tutto banale:

Se $n$ è un numero intero e $n^2$ è pari, allora $n$ è pari.

Come la dimostriamo, normalmente? Per assurdo. Supponiamo che $n$ non sia pari, e quindi sia dispari: allora $n^2$ è anch’esso dispari, il che è contro l’ipotesi iniziale. Dunque deve essere pari. Ma immaginiamo che la nostra religione ci vieti di fare dimostrazioni per assurdo, perché rovinano l’equilibrio dell’universo. Come possiamo fare? Come spiegato da Ali Kaya, prendiamo un $n$ per cui sappiamo che $n^2$ è pari, e quindi può essere scritto come $2k$ con $k$ anch’esso intero. Pertanto $n^2 – 2k = 0$, e quindi $n = n + (n^2 – 2k) = n(n+1) – 2nk$. Ma dati due numeri consecutivi ($n$ e $n+1$) uno di essi è pari, e quindi $n(n+1)$ è pari, così come è pari $2nk$. Pertanto, la somma dei due addendi, che ricordo essere $n$, è pari. QED.
Devo aggiungere che i commenti a quel tweet sono generalmente negativi, e dicono che la dimostrazione è solo un modo complicato per dire la stessa cosa che si farebbe con la dimostrazione per assurdo: ma io preferisco vederla come l’applicazione di un vincolo che costringe a fare deviazioni di ogni tipo, un po’ come capita quando si riscrive un testo come lipogramma eliminando per esempio tutte le occorrenze della lettera e.

La seconda dimostrazione è più complicata, sicuramente inutile, ma ha un suo certo fascino.

I numeri primi sono infiniti.

La dimostrazione era già nota ad Euclide, e tra l’altro non è per assurdo, anche se in genere la vediamo esposta in quel modo: Euclide in effetti afferma solo che data una qualunque moltitudine di numeri primi se ne può sempre costruire un altro. La dimostrazione di Sam Northshield, pubblicata sull’ American Mathematical Monthly [Vol. 122, (May 2015), p. 466] è invece per assurdo, e sta su una riga.

$$0 < \prod_p \sin\frac{\pi}{p} = \prod_p \sin\left(\frac{\pi(1+2\prod_{p'}p')}{p}\right) = 0$$ Vediamo pezzo per pezzo il significato di questa formula. La prima disuguaglianza è semplice: abbiamo un prodotto finito (perché supponiamo che i numeri primi siano finiti) di termini tutti diversi da zero (perché sono il seno di valori strettamente maggiori di 0 e minori o uguali a 90 gradi). Sia ora $N$ il prodotto di tutti i (finiti per ipotesi d'assurdo) numeri primi, cioè $\prod_{p'}p'$ nella prima uguaglianza. Riscriviamo dunque quel pezzo della catena di uguaglianze come $\prod_p \sin\left(\frac{\pi(1+2N)}{p}\right)$ che è un po' più leggibile. Perché è uguale a quello precedente? Semplice: per ogni $p$ si ha che $\frac{1+2N}{p} = \frac{1}{p} + 2\frac{N}{p}$, e il secondo addendo è un numero pari perché $N$ è per definizione multiplo di $p$; pertanto quando moltiplichiamo per $\pi$ questo fattore vale 0. Riprendiamo ora $\prod_p \sin\left(\frac{\pi(1+2N)}{p}\right)$. Abbiamo che $1+2N$ è un numero dispari, quindi deve avere un fattore primo $q$. Tra tutti i primi $p$ di cui facciamo il prodotto c'è anche $q$; quel fattore vale pertanto $\sin\pi$ = 0 e rende nullo tutto il prodotto. QED. A nessuno chiaramente verrebbe in mente di usare una dimostrazione del genere per far vedere che i numeri primi sono infiniti. Però credo che essa abbia una sua bellezza: usare una parte della matematica (apparentemente) del tutto scorrelata come la trigonometria fa capire come la matematica sia fondamentalmente un qualcosa di unitario. Qui insomma, più di un vincolo, c'è proprio l'idea di scegliere strade diverse per scoprire cose nuove. Voi che ne pensate?

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