Domani sera (11 aprile 2025, ore 20, chiesa di sant’Antonio Abate a Milano) canterò con il coro degli Amici del Loggione il Magnificat di J.S.Bach e il Te Deum di Anton Bruckner (più un’Ave Maria a cappella, sempre di Bruckner).
Sul Magnificat non è che ci sia molto da dire. È uno di quei brani che non si vorrebbero mai smettere di cantare, e più ti metti a guardare la partitura più capisci le minuzie che Bach aggiungeva a piene mani. Bruckner è tutta un’altra cosa. Dopo Bach, è come se si passasse da Paul McCartney ai Led Zeppelin, se mi passate il paragone abbastanza irriverente. Coro e orchestra fanno di tutto: pezzi cantati all’unisono mentre la tessitura musicale cambia sotto i nostri piedi, modulazioni improvvise su tonalità lontanissime, a un certo punto anche un passaggio enarmonico che è una di quelle cose che mi fanno sempre andare per la tangente e perdere ogni segno di tonalità… Almeno sono però uscito fuori dalla mia comfort zone canora :-)
Per i non addetti ai lavori: che cos’è un passaggio enarmonico? Una variazione di un quarto di tono?
no, quello sarebbe microtonale. Un passaggio enarmonico è quando per esempio dopo un re bemolle canti un do diesis. Di per sé le due note sarebbero diverse, ma con la scala musicale che usiamo noi hanno la stessa frequenza e quindi possiamo dire che sono “la stessa nota”. Chiaramente cantare il do diesis dopo il re bemolle è semplice, ma almeno io poi mi perdo completamente, perché quando canto penso implicitamente alla tonalità in cui canto e vedo in quel modo gli intervalli.
Perdona l’ignoranza, ma non mi è tutto chiaro.
Cosa significa che le due note “sarebbero” diverse?
La scala musicale che usa Bruckner è la stessa nostra?
Se le due note hanno la stessa frequenza, allora “cantare il do diesis dopo il re bemolle” vuol dire cantare la stessa nota due volte?
Dal punto di vista del suono, per Brückner come per noi do diesis e re bemolle sono la stessa nota, quella suonata dal tasto nero tra do e re sul pianoforte.
Da un punto di vista teorico, però, arrivi al do diesis facendo sette salti di quinta crescente (e quattro ottave decrescenti) dal do, e al re bemolle facendo cinque salti di quinta decrescente (e tre ottave crescenti) sempre dal do. Se tu le suonassi al violino ci sarebbe una piccola differenza.
Ma il problema (per me, ripeto) non è questo: se devo cantare un re bemolle seguito da un do diesis mantengo la stessa nota. Però magari dopo il do diesis c’è un sol diesis (intervallo di quinta, molto semplice da prendere) ma la mia mente sta ancora pensando al re bemolle e si chiede come diavolo arrivare al sol diesis: “una quarta molto aumentata?” (no, quel termine non esiste in musica, ma è per darti un’idea).