Come sapete, i numeri complessi possono essere visti in vari modi: coppie ordinate di numeri reali a cui viene applicata una struttura specifica, oppure punti di un piano cartesiano sempre con una struttura specifica. D’accordo, probabilmente potremmo dire che questi due modi sono la stessa cosa. Ma facciamo un passo indietro e torniamo a quella che è stata storicamente la definizione iniziale di un numero immaginario (poi per arrivare ai complessi basterà sommargli un numero reale). Cosa ha fatto Tartaglia? Ha immaginato :-) di aggiungere ai numeri reali un elemento speciale i con la proprietà che i² = −1. Ovviamente Tartaglia non pensava in questo modo: per lui i numeri erano numeri, e l’elemento speciale era un semplice trucco usato perché alla fine spariva e lasciava il risultato corretto. Ma noi abbiamo mezzo millennio di matematica in più e possiamo permetterci questa visione astratta.
Cosa succede se proviamo ad aggiungere un elemento che ha una proprietà diversa da quella di i? Per prima cosa non avremo più un campo, visto che l’unica estensione dei numeri reali che resta un campo sono i numeri complessi. Ma questo in fin dei conti è solo un piccolo fastidio: tanto per dire, i quaternioni (dove aggiungiamo ai reali tre elementi che al quadrato danno −1) non sono un campo, ma non per questo non vengono usati. Più o meno nello stesso periodo in cui Hamilton formalizzò i quaternioni, furono proposte altre due estensioni dei numeri reali: i numeri duali e i numeri complessi iperbolici.
I numeri duali si ottengono aggiungendo ai reali un numero ε ≠ 0 tale che ε² = 0 (e immagino che avrete capito perché l'”unità duale” aggiunta si chiama epsilon…) Come per i numeri complessi, possiamo scrivere un numero duale come $z = a + bε$. Somma e prodotto di due numeri duali $z_1 = a_1 + b_1 \varepsilon$ e $z_2 = a_2 + b_2 \varepsilon$ sono rispettivamente
$ z_1 + z_2 = \left( a_1 + a_2 \right) + \left( b_1 + b_2 \right) \varepsilon $
$z_1 z_2 = \left( a_1 a_2 \right) + \left( a_1 b_2 + a_2 b_1 \right) \varepsilon$
(ovviamente ci siamo persi il quarto prodotto dei coefficienti, svanito insieme a ε²…) Per la divisione le cose sono un po’ più complicate. Tralasciando i passaggi formali, abbiamo infatti che
$\displaystyle\frac{a + b \varepsilon} {c + d \varepsilon} = \frac{a} {c} + \frac{cb – ad}{c^2} \varepsilon$
Notate che la divisione è definita per $c \neq 0$, quindi i numeri duali “puri” (privi cioè di parte reale) non sono invertibili. La cosa dovrebbe tornarvi, se pensate a ε come un infinitesimo e quindi a 1/ε come un numero infinito; e in effetti l’unità duale ha proprietà analoghe agli infinitesimi dell’analisi non standard. Per esempio, se abbiamo un polinomio $P(z)$ sui numeri duali, possiamo calcolare il suo sviluppo di Taylor in un punto $a + bε$: otteniamo
$\displaystyle P(a + b \varepsilon) = \sum_{k=0}^{\infty} P^{(k)}(a) \frac{(b \varepsilon)^k}{k!} = P(a) + P\prime(a) b \varepsilon$
Il bello è che lo sviluppo di Taylor non è infinito ma finito, perché tutte le potenze di ε dal quadrato in su si annullano! Come corollario, se conosciamo il valore del polinomio in un determinato numero duale, possiamo calcolare direttamente la derivata del polinomio nella sua parte reale.
I numeri complessi iperbolici aggiungono invece un elemento h (Wikipedia usa ancora ε, mentre John Cook preferisce j immagino per fare arrabbiare gli ingegneri… però a me piace più h), con $h \neq ±1$ ma $h^2 = 1$. Non venitemi a dire che l’equazione $x^2 = 1$ non può avere più di due soluzioni: ho già detto che non abbiamo più un campo. In questo caso, a parte i segni, le formule di addizione, sottrazione e dell’inverso sono simili a quelle per i numeri complessi:
$z_1 + z_2 = (a_1 + a_2) + (b_1 + b_2) h $
$z_1 z_2 = (a_1 a_2 + b_1 b_2) + (a_1 b_2 + a_2 b_1) h$
$\displaystyle \left( a + b h \right)^{-1} = \frac{a – b h}{a^2- b^2}$
Avere però nell’inverso un segno meno anziché più a denominatore significa che non solo non è possibile la divisione per zero, ma anche per tutti i numeri iperbolici dove $a = ±b$. Anche in questo caso non abbiamo dunque un campo.
Termino con gli equivalenti della formula di Eulero $\exp(i\theta) = \cos \theta + i \sin \theta$, mostrati da John Cook nel suo succitato post. Per i numeri duali abbiamo
$ \exp(\varepsilon x) = 1 + \varepsilon x $
che è la stessa cosa che dire che per x numero reale molto piccolo abbiamo $\exp{x} \approx 1 + x $. Per i numeri iperbolici abbiamo invece
$\exp(hx) = \cosh x + h \sinh x$
e quindi spuntano seno e coseno iperbolico! Capite perché ho usato h per indicare l’unità iperbolica? Numeri duali e iperbolici possono insomma essere usati per formalizzare ragionamenti intuitivi matematici. Diciamo che quando un matematico si impegna può formalizzare la qualunque…
Cosa intendi *precisamente* con “l’unica estensione dei numeri reali che resta un campo sono i numeri complessi”? Perché i numeri surreali sono un’altra estensione dei numeri reali che resta un campo…