@matematica
Viviamo in un mondo di fake news. Non vi è mai venuto in mente che anche in matematica possiamo avere qualcosa di fake? (Ho usato farlocco nel titolo per non scriverlo in inglese). James Propp in questo post ha definito “fake number lines” le linee dei numeri che sembrano essere giuste, ma in realtà non funzionano.
Ma facciamo un passo indietro: già il concetto di “linea dei numeri” non è mica così semplice come sembra. È vero che qualcuno potrebbe pensare che i greci ce l’avessero in mente, visto che associavano a ogni numero un segmento proporzionale a uno specifico segmento dato, ma questa è una nostra razionalizzazione a posteriori, ma non è esattamente così. Tutto il loro armamentario serviva semplicemente per confrontare due numeri, ma a nessuno di loro è venuto in mente di prendere “tutti i numeri” e costruire una linea che li contenesse. (Notate le virgolette…) Questo perché la cosa avrebbe cozzato contro il loro mantra per cui non è possibile considerare in un colpo solo tutti i numeri, o anche solo tutte le frazioni tra 0 e 1: esse sono un numero infinito, e l’infinito attuale era verboten. Tutto quello che si poteva fare è dire che si poteva avere una moltitudine maggiore di una qualunque moltitudine data. Ciò dovrebbe farvi intuire che il fatto che noi diamo per scontato il concetto di linea dei numeri è un risultato davvero incredibile, una delle grandi conquiste della matematica.
Ma guardiamo la linea dei numeri in un modo diverso. Cosa succede se cominciamo a tagliarla a pezzetti? Se i suoi punti sono discreti, degli “atomi”, a un certo punto arriviamo ad avere un atomo, che per definizione è indivisibile, e abbiamo un problema. Se i punti sono continui, il problema è cosa succede sul punto esattamente sotto la lama di taglio, che immaginiamo essere puntiforme. Non per nulla Aristotele non voleva l’infinito assoluto: in questo modo poteva dire che tagliava la retta, lasciava il punto di taglio da una parte e non si preoccupava di cosa succedeva dall’altra parte. Peccato però che ci siano tante linee farlocche. La più nota è quella dei razionali, ma potremo per esempio usare i numeri diadici, quelli che si ottengono continuando a dividere a metà l’unità, o più prosaicamente i numeri che in formato decimale hanno un numero finito di cifre. In entrambi questi esempi non riusciamo a trovare il punto corrispondente a 1/3, anche se possiamo avvicinarci a piacere a esso (sempre l’infinito potenziale!)
Nel suo post, Propp spiega che l’assioma di completezza creato da Richard Dedekind, e che sostanzialmente afferma
“Se tutti i punti di una retta si dividono in due classi disgiunte, in modo tale che ogni punto della prima classe è a sinistra di ogni punto della seconda classe, esiste uno e un solo punto che produce questa divisione, tagliando la retta in due porzioni”
(l’unicità non è un problema, se ce ne fossero due potremo trovare un terzo punto in mezzo che non può stare da nessuna delle due parti) è una fregatura che ci costringe a buttare via tutte queste linee farlocche. Guardate il disegno qui sotto:
Dove può stare il punto p? O nella parte sinistra o nella parte destra, non ci sono dubbi. Ma questo significa che dobbiamo averlo anche nel caso in cui nei nostri esempi sopra cerchiamo 1/3, oppure nel caso dei numeri razionali cerchiamo la radice cubica di 2 (per la radice quadrata varrebbe lo stesso, ma quella almeno riusciamo a disegnarla). Nella versione che vediamo solitamente del taglio di Dedekind il punto è al di fuori del taglio: per esempio possiamo avere tutti i numeri che elevati al cubo sono minori di 2 e quelli che elevati al cubo sono maggiori di 2. Ma la cosa non cambia: l’assioma di completezza ci costringe a dire che quel punto esiste. Insomma, se vogliamo una linea dei numeri ben fatta siamo costretti ad avere i numeri reali. Carino, no?