Gli URL Shortener sono quegli indirizzi web “accorciati”: in pratica, invece che avere un lungo nome come https://xmau.com/wp/notiziole/2024/07/22/addio-agli-url-shortener-goo-gl/ avete https://bit.ly/3xVVSeD. A che ci serve avere un link corto? Beh, dipende. In alcuni libri che ho scritto, ho usato link brevi personalizzati (quindi non con caratteri apparentemente a caso come quello che vedete qui sopra, ma con un testo facile da memorizzare) per tutta la sitografia, in modo che chi aveva una copia cartacea del mio libro potesse digitarlo con facilità. Però ormai l’uso direi essere residuale: molto più semplice mettere un QR-code da fotografare col furbofono, e non so quanti digitino ancora un URL a mano.
Google aveva un suo servizio di creazione di URL shortener, della forma https://goo.gl/; dal 2018 non permetteva più di creare nuovi accorciatori, e ora (meglio, dall’agosto 2025) anche i vecchi collegamenti non funzioneranno più: per un anno se cliccheremo sopra uno di essi ci arriverà una pagina che ci avviserà della cosa, con un link da cliccare per arrivare alla pagina voluta. Con grande senso del ridicolo, poi, gli sviluppatori di Google hanno detto «se non volete far vedere quella pagina aggiungete il parametro “si=1” all’url».
Io penso di capire perché Google avesse creato il servizio: otteneva senza troppa fatica un insieme di URL, e soprattutto aveva un’idea di quanto si accedesse a quelle pagine. Per un’azienda che nasceva come motore di ricerca quei dati erano utili. Penso anche di capire perché avessero smesso di accettare nuovi shortener: Google è sempre meno un motore di ricerca. Ma perché eliminare del tutto un servizio che non mi pareva così costoso rispetto al numero di query che si fa a Google e che non aveva costi di manutenzione (mica doveva controllare se i link funzionavano davvero)?
È vero che Google non si è mai fatta grandi problemi a terminare prodotti e app e che come ben sappiamo un centesimo risparmiato è un centesimo guadagnato (cit.), però la cosa mi stupisce, soprattutto per il lunghissimo periodo di transizione. D’altra parte magari il motivo è sempre lo stesso: le informazioni in rete sono sempre meno persistenti, e quindi il concetto stesso di URL non può essere visto come un’àncora (sapete, vero, perché in HTML i link sono all’interno di un tag <a>?) ma come un qualcosa di usa e getta.
PS: non credo di avere mai creato un link goo.gl, e d’altra parte non potevo neppure raggiungerli mentre ero in ufficio perché il BOFH locale ce li bloccava temendo si arrivasse chissà dove.
La tale società si conferma come totalmente inaffidabile: qualsiasi servizio forniscano, gratuito o a pagamento, può sparire in qualsiasi momento.
Tutto sommato rappresenta bene come il mitico cloud sia semplicemente il computer di qualcun altro che ne fa quello che vuole, però è curioso vedere come tutti i fornitori cloud tentino di far sapere all’utenza che loro sono stabili e solidi per i secoli dei secoli, mente la tale società non perde occasione per dimostrare il contrario.
Strano che essendo tutti leader, top e astuti poi trascurino il rapporto con i clienti in modo così evidente.