Cominciamo con una mia idea: sono ragionevolmente certo che se una coppia omosessuale (ma anche una coppia eterosessuale non sposata in chiesa) fosse interessata ad avere una benedizione da un sacerdote cattolico, ne avrebbe trovato qualcuno. Non il primo che capitava, ma nemmeno qualcuno a mille chilometri di distanza. Questo è abbastanza normale in Santa Romana Chiesa: a volte predica bene e razzola male, ma può anche razzolare bene indipendentemente da ciò che predica.
Cosa c’è di nuovo allora nella dichiarazione Fiducia supplicans, a parte quello tirato fuori dai media che così ad occhio hanno preso un’agenzia che si è fermata al preambolo del testo? Ci sono alcune cose. La prima è che questa è una dichiarazione ufficiale del Dicastero per la Dottrina della Fede, insomma l’ex Sant’Uffizio. Negli ambienti più conservatori della Chiesa sono anni che ci si lamenta perché papa Francesco non risponde mai ufficialmente ai “dubia” dei cardinali; questa è una risposta ufficiale e non messa in una “nota esplicativa” come due anni fa. La seconda cosa è che viene esplicitato il fatto che queste benedizioni non possono essere codificate, perché diventerebbero rapidamente un rito; ma d’altro canto (§12) «vi è il pericolo che un gesto pastorale, così amato e diffuso, sia sottoposto a troppi prerequisiti di carattere morale, i quali, con la pretesa di un controllo, potrebbero porre in ombra la forza incondizionata dell’amore di Dio su cui si fonda il gesto della benedizione.» Tradotto: noi (preti) chiediamo comunque la benedizione di Dio perché Dio ci ama. Sarà poi Lui che farà quanto vorrà, noi non dobbiamo fare una scrematura preventiva. Notate che questo non è in contraddizione con il non voler fare un rito: il rito è della chiesa cattolica, non di Dio. Terza cosa: riprendendo quanto detto nella nota esplicativa del 2021, «quando si chiede una benedizione, si sta esprimendo una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio.» (§21) Qui ritorniamo a quanto ho detto all’inizio. Paradossalmente una coppia (eterosessuale) può volere celebrare il rito del matrimonio “perché si fa così e sennò i nostri genitori ci tolgono il saluto e l’eredità”. Ma se ci troviamo «al di fuori di un quadro liturgico» (§23 e soprattutto §39 che esplicita che tutto questo non deve essere in alcun modo riconducibile a un rito di unione civile) e chiediamo una benedizione lo facciamo perché vogliamo averla; e questa benedizione non deve nemmeno essere fatta di nascosto, come si vede negli esempi del §40. Quarto (e ultimo) punto, la stoccata (§25). Citando l’esortazione apostolica Evangeli gaudium, si ribadisce che «La Chiesa, inoltre, deve rifuggire dall’appoggiare la sua prassi pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari, soprattutto quando danno luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare.» E quindi (§35) «la sensibilità pastorale dei ministri ordinati dovrebbe essere educata anche ad eseguire spontaneamente benedizioni che non si trovano nel Benedizionale.». Tutto questo servirà a far cambiare idea alla gente da una parte e dall’altra? Probabilmente no, però almeno chiarisce qualcosa che dovrebbe essere chiaro sin dall’inizio.
(A proposito di giudicare: devo sempre scrivere qualcosa sulla condanna in primo grado del cardinale Becciu. Ma aspettavo prima di leggere Magister :-) )
(Immagine da pngtree.com/)
Ultimo aggiornamento: 2023-12-19 11:19