Il paradosso di Banach-Tarski è ben noto a chi ha studiato matematica. Quallo che succede è che è possibile tagliare una sfera in cinque parti secondo una certa regola, traslare questi “pezzi” che sono stati ottenuti, e ricavare due sfere identiche a quella di partenza. Dov’è il trucco? Beh, ce ne sono almeno due. Il primo è che i pezzi ottenuti sono una specie di polvere diffusa: tecnicamente si dice che non sono insiemi misurabili, e quindi non è in realtà fisicamente possibile crearli. Il secondo trucco è che è necessario usare l’assioma della scelta per poter creare questi pezzi; l’assioma della scelta è una di quelle proprietà che sembrano intuitive, ma che sfuggono a ogni tentativo di dimostrazione – non per nulla è un assioma… – e soprattutto possono portare a paradossi, come si vede. Però esistono risultati simili che non richiedono l’assioma della scelta, come vedremo.
Consideriamo il numero complesso x = ei. Sì, è possibile elevare un numero a una potenza immaginaria, e il risultato è ancora un numero complesso, nel nostro caso almeno secondo Wolfram Alpha all’incirca 0,54030 + 0,84147 i. Quello che conta è che però quel numero è trascendente e quindi non è la radice di nessun polinomio a coefficienti interi. (Ok, io non saprei dimostrarlo, ma mi fido che sia così). Bene, prendiamo l’insieme S dei valori dei polinomi a coefficienti interi non negativi (per esempio, 5x³ + 2x + 42) calcolati nel punto x. Ciascuno di questi valori corrisponde a un punto del piano complesso; tutti questi punti devono essere distinti, perché se due di questi polinomi avessero lo stesso valore allora la loro differenza varrebbe zero, il che è assurdo per definizione perché x è trascendente. Dividiamo ora S in due sottoinsiemi A e B, in questo modo: A contiene tutti e soli i polinomi di S che non hanno un termine costante, mentre B contiene tutti gli altri polinomi di S, vale a dire quelli che hanno un termine costante. È chiaro che per costruzione A ∪ b = S. Cosa succede ora se ruotiamo di un radiante (cioè di 1/2π di circonferenza) in senso orario l’insieme A? Eulero ci ha insegnato che questa rotazione è la stessa cosa che moltiplicare per e−i, e l’algebra di scuola ci dice che questo è la stessa cosa che dividere per ei. Quindi otteniamo tutti i polinomi in x a coefficienti positivi, cioè il nostro insieme S. E se invece spostiamo a sinistra di un’unità l’insieme B? Beh, otteniamo di nuovo tutti gli elementi di S, perché i termini costanti in B partono da 1 in su e se togliamo 1 otteniamo tutti i termini costanti da 0 in su. Dunque abbiamo costruito esplicitamente un insieme che può essere diviso in due parti che traslate e ruotate formano due copie dello stesso insieme. Carino, no? Come dice il titolo, questo paradosso è stato trovato da Sierpinski e Mazurkiewicz, due matematici polacchi. Non che S sia un insieme disegnabile: essendo costituito da un’infinità numerabile di punti discreti, la sua misura (generalizzazione del concetto di area che si usa in analisi) è nulla.
Se la cosa vi pare troppo complicata, eccovi un esempio più semplice e galileiano. Prendiamo come insieme N i numeri naturali e dividiamoli in quelli pari P e quelli dispari D. Ora, se dividiamo per 2 gli elementi di P otteniamo N, e se togliamo 1 dagli elementi di D e poi li dividiamo per 2 otteniamo di nuovo N. Tutto questo funziona perché i numeri sono infiniti, naturalmente; ma mentre in questo secondo caso dobbiamo comunque fare un’operazione (quella di divisione) che pare sparigliare nel caso precedente abbiamo solo trasformazioni rigide. Carino, no?
(immagine di xkcd: la vignetta completa è qui.)