La tesi che espone in The “Climate Crisis” In Math Education: There Is No Mathematics è fondamentalmente “Stiamo insegnando sempre meglio ma con sempre meno contenuto”. In pratica i programmi cercano di introdurre i concetti di base (e non solo) della matematica secondo tutti i crismi e seguendo le nuove scoperte pedagogiche per semplificare l’assorbimento della conoscenza, dimenticandosi però la parte fondamentale della matematica: la curiosità. È inutile avere una modalità perfetta di insegnamento, se poi la materia viene vista come qualcosa di noioso. A.I. Is Helping Accelerate Math Education Towards Its Final Resting Place: Dehumanization spiega qual è il vero pericolo dell’intelligenza artificiale, almeno per quanto riguarda la matematica: che l’accesso rapido e illimitato a infiniti contenitori di conoscenza sarà il canto di morte per la curiosità, il fascino e l’umanità che si aveva nell’imparare.
Vero o falso? Come sapete, io non sono per nulla bravo a insegnare, nel senso che parlo di matematica ai convertiti. Me ne accorgo quando (sin troppo spesso) sono costretto a spiegare matematica ai miei figli. Io vedo le cose in un certo modo, di solito diverso da quello riportato nei testi, ma non riesco comunque a passare loro questa mia visione. Ma sono anche convinto che sia una questione ben più ampia che la sola matematica! Io mi perdo a saltare tra le voci di Wikipedia proprio come da ragazzo mi perdevo – con maggior lentezza, ovvio – tra le voci di un’enciclopedia. La curiosità insomma non è tanto legata alla matematica ma è un approccio generale alla conoscenza; i contenitori sono solo un punto di partenza, non di arrivo come paventa Singh. Per quanto riguarda la pedagogia, i libri attuali mi sembrano semplicemente malfatti in modo diverso rispetto a quelli che usavo quasi cinquant’anni fa. Quelli avevano una serie infinita di dati, questi vorrebbero avere un approccio più interattivo ma non ci riescono. Non che io abbia idea di come fare a migliorarli, come scrivevo sopra; però ho il forte sospetto che il problema non sia solo dell’insegnamento della matematica ma sia su tutte le materie. Dovremo forse ripensare tutto l’insegnamento, e non limitarci al nostro orticello. Ma come?
Lo dico da tempo: mi sembra che i ragazzi di oggi siano molto meno curiosi di quelli di un tempo. Per la matematica, il problema è più grande perché è spesso astratta e presenta aspetti logici non semplici. Ma la mancanza di curiosità la vedo anche in altri campi.
D’altro canto, ogni anno oggi si “provano” 150.000 teoremi, lemmi, corollari ed altro. Se un tempo esisteva il geometrista/algebrista, ormai settori come la topologia sono considerati altro, e se si parla di topologi, alcuni sono specializzati in nodi, altri in altri problemi specifici. La teoria dei numeri oggi deve vedersela con gli specialisti e i subspecialisti, e adesso arrivano anche quelli della teoria delle categorie.
Diciamo la verita’: “la matematica” oggi e’ difficilmente “imparabile” da un solo essere umano. Non sarebbe cosi’ strano vedere che ad un certo punto occorra una memoria sovrumana per dire “io conosco la matematica”. Quella che si insegna a scuola, suppongo che tu intenda le superiori, e’ un sottoinsieme ristrettissimo, che dovremmo smettere di identificare con “la matematica”.
Singh parla anche degli studenti dell’equivalente delle nostre elementari e medie. Non è tanto la matematica intesa come insieme più o meno coerente di contenuti – lì è già un secolo che ci siamo persi, forse von Neumann ce la faceva ancora ad avere un’idea di tutto altrimenti dobbiamo tornare indietro a Poincaré se non Gauss – quanto alla matematica intesa come modo per vedere le cose. Un altro dei punti di cui Singh si lamenta è che la didattica di per sé è molto migliorata, ma è diventata del tutto astratta. Insomma il problema non sarebbe tanto imparare la matematica quanto farla, anche e forse soprattutto riproducendo cose già note.
Temo che il punto sia proprio quello di “matematica come modo per vedere le cose”. Se assumi una forma mentis del genere, rifiuti (almeno io lo faccio) una proposizione logica su qualcosa che non e’ meglio definito, o conosciuto.
Che cos’e’ “fare matematica” se consentiamo al simbolo “matematica” di sfuggire alla comprensione? Se diciamo “fare matematica” a cosa stiamo pensando, dato che nessuna persona umana sa davvero “la matematica”?
Se mi dici “quella che si insegna alle elementari o fino alle superiori”, parliamo di un pochino di aritmetica, qualche leggero accenno all’algebra, ma sconnesso con la geometria, un po’ di calcolo differenziale (ma solo nei licei), cenni di trigonometria.
Ma se chiamiamo questo “matematica” , cosa stiamo dicendo?
Lo scopo della scuola primaria e secondaria non e’ dare nozioni, e’ formare. A questo punto, se fatta in maniera logica, persino la grammatica ti dara’ la stessa forma mentis. O la filosofia.
Il problema secondo e’ che la AI ha varcato una soglia, quello del lavoro intellettuale, che prima era considerato il fosso di Elm di accademici , artisti e intellettuali. Pensavano che le macchine non sarebbero mai arrivate oltre quel muro, che non avrebbero mai *osato*.
E di fronte allo stupore , si comportano come quelli che commentavano l’arrivo di Alarico a Roma: il mondo finisce oggi.
Ma forse dovrebbero scrivere: il “MIO” mondo finisce oggi.
Non sono abbastanza quotato per giudicare l’ambito matematico stretto, però condivido la frase “il problema non sia solo dell’insegnamento della matematica ma sia su tutte le materie”.
Uno dei problemi (in Italia quanto meno, vedi sotto) è un accademismo nell’insegnamento: non conta tantissimo il risultato finale, ma la correttezza formale di quanto venga insegnato. Delle volte questo orientamento rende più complesso l’insegnamento stesso, e quindi meno efficace, in una spirale perversa che ne aumenta ancora l’accademismo.
In italiano mi viene in mente l’analisi morfosintattica vs la versione dei miei tempi “analisi logica”. La prima è stata introdotta negli studi di linguistica comparata per far rientrare nel “Grande Schema” lingue come il cinese, ma se non lo studi il valore aggiunto di questa impostanzione è pari allo zero assoluto.
In altri stati con una impostazione drasticamente differente come la Finlandia si ha un orientamento opposto: attenzione massima al risultato concreto (ed ai metodi di come ottenerlo) anche rinunciando a tecniche pedagogiche “classiche” tipo lo scrivere in corsivo.
Esiste un “giusto mezzo”? Non lo so, penso ne esistano diversi.
Mah, mi pare che nell’articolo ci siano più punti di confusione. 1) A partire dagli USA e quindi in tutte le nazioni sottostanti, l’insegnamento obbligatorio ha principalmente il ruolo di permettere ai responsabili legali dei pargoli di lavorare con un livello minimo di produttività. Quindi il riconoscimento sociale degli insegnanti è nullo e il turnover è altissimo. Credo che se negli USA fosse impedito agli insegnati di far vedere film e video su YT… in poche settimane il quantitativo di morti per noia nelle scuole supererebbe quello di morti per il secondo emendamento. 2) “You can lead a horse to water…” resta vero. Si può estendere l’obbligo scolastico fino alla tomba e oltre, ma non si può riprogrammare a piacere una qualsiasi testa come se fosse un cervello elettronico. Ogni tanto mi pare che si confondano caratteristiche dell’AI… con l’eventuale intelligenza non artificiale, ma in tutti i casi sarebbe meglio aspettare la regolamentazione UE prima di pensare di agire sulle eventuali intelligenze non-artificiali perché potrebbe anche essere che non sia consentito. 3) Dai tempi del noto motore di ricerca *tutti* sanno che le conoscenze sono sempre accessibili ma possono solo essere artificialmente e temporaneamente nascoste. Ovvio “informazioni” e “cultura” sono cose diverse, ma questa falsa convizione è più che suff. per rendere inutile molte cose antiche, dallo studio delle lingue a tenere un tuttocittà in auto. L’AI rafforza leggermente la convinzione che lo studio sia inutile (al di fuori del suo scopo principale di permette ad altri di produrre), ma è la società che dimostra l’inutilità di studiare/pensare come gli antichi.
“canta, canta intrepido” (Poesia gaussiana) Benvenuti all’edizione numero 172 del Carnevale della matematica, dal tema libero! Il 172 si fattorizza 2×2×43: la cellula melodica ha…