Come contraltare a Caos quotidiano che aveva tessuto le lodi della non-strtutturazione ho preso questo libretto (Stephen Few, Big Data, Big Dupe : A Little Book About a Big Bunch of Nonsense, Analytics Pr 2018, pag. 84, € 13,20, ISBN 9781938377105) che ha una tesi completamente diversa: i Big Data non sono altro che l’abbindolamento che ci fa chi vende hardware e servizi di rete. Per amor di completezza, Few con i dati ci lavora; la sua tesi però – esposta in capitoli dai titoli esplicativi “Big Data, Big Whoop”, “Big Data, Big Confusion”, “Big Data, Big Illusion”, “Big Data, Big Ruse”, “Big Data, Big Distraction”, “Big Data, Big Regression”, è che in realtà non c’è nulla di davvero nuovo, nemmeno la grandezza relativa dei dati in questione; quello di cui abbiamo bisogno è avere persone in grado di comprendere i dati, e non credere che le macchine possano fare tutto da sole. Quello che funziona in realtà non sono i Big Data, ma per esempio il machine learning. Generalmente io sono d’accordo con Fry, anche se non arrivo alle sue posizioni talebane di un movimento Slow Data. D’altra parte, il penultimo capitolo “Big Data, Big Brother” dimostra che questi dati vengono usati eccome…
Ultimo aggiornamento: 2021-09-22 22:14