In questi giorni, se usate Gmail, vi è sicuramente arrivato il popup mostrato qui, che vi chiede se volete usare le “smart feature”. Se gentilmente declinate l’invito, vi arriva una seconda pagina in cui Page&Brin vi chiedono se siete proprio certi di non volere le imperdibili migliorie; confermando il “no grazie”, su Gmail vi appare ancora un invito ad accettarle. (Chiudendo quella finestra per ora sembra terminare lo spam).
La mia più che trentennale esperienza mi permette di dire che quando ci viene chiesto con tanta insistenza qualcosa ci sono due forze in gioco: chi lo fa è obbligato a chiedercelo, e gradirebbe che non lo facessimo. Il blog di Google ha un post dove dice fondamentalmente che tutte queste cose le si poteva già fare (vero: io per esempio avevo tolto le etichette personalizzate). Ma quando io leggo una frase come «That’s why our engineers at the Google Safety Engineering Center in Europe developed Privacy Checkup» so che c’è stato un obbligo dell’Unione Europea: in questo caso direi la direttiva ePrivacy, secondo quello che afferma in una notizia correlata la BBC.
Qualcuno ha mica un bignami di quello che fa? E come mai non ho letto nulla sull’italica stampa?
Adesso che è uscito il documento del 2017 con cui una nota società di ecommerce USA spiegava come “buttarla in caciara” per ritardare il più possibile l’ePrivacy e dopo che i MEPs si sono stracciate le vesti perché i pedofili si coprono le vergogne proprio con la privacy senza che i poveri operatori possano identificarli perché non possono più analizzare i dati di TUTTI i potenziali pedofili (= di tutti i loro utenti)… trovare un bignami è difficile. Ma se c’è lo leggo anche io volentieri.