Lo sapete, io e il calcio non andiamo precisamente d’accordo. I miei ventun lettori avranno sicuramente notato che non ho speso una parola per la morte di Maradona: uno dei più grandi calciatori mai apparsi su questo pianeta, e mi fermo qui. Però due parole su Paolo Rossi le voglio spendere, soprattutto dopo che ho sentito stamattina a RadioPop che c’è gente che non si ricordava di lui.
Un calciatore fragile, dalle ginocchia martoriate. Un calciatore entrato nella prima grande inchiesta di calcioscommesse piuttosto di sbieco (la sua frase “basta che io segni due gol” raccolta al volo) e poi parzialmente graziato per l’approssimarsi dei Mondiali 1982, in modo da farlo riabituare al campo. Una partita, naturalmente quella con il Brasile, che è stata semplicemente un miracolo: i miracoli non sono però regalati dal cielo, ma sono fortemente voluti dagli uomini. Paolo Rossi lo volle fortissimamente, e mostrò agli stupefatti brasiliani che il calcio non erano solo loro. Da lì tutto andò in discesa, e non sarebbe potuto essere altrimenti.
Ecco. Maradona era l’esempio del calabrone; a vederlo nessuno avrebbe detto che era un campione con la palla. Paolo Rossi è stato l’usignolo; delicato ma impressionante. Un mito che non sapeva di esserlo.
Ultimo aggiornamento: 2020-12-10 09:46
Mi piace tutto quello che hai detto.
Aggiungo che ricordo poco i mondiali 82, avevo sei anni, ma ricordo la finale, gli occhi spiritati di Tardelli e quel signore così normale e bravo a segnare che era Paolo Rossi.